Al cinema, sala semideserta, danno quel vecchio film che abbiamo visto tante volte, io amo le rassegne. Tu sei seduta accanto a me, assorta. Non pensi a niente, guardi soltanto.
Ti sento piangere mentre tutta la sala è avvolta in una risata.
Quel tipo là davanti sputa sul cappello di una vecchia che gli copre la visuale.
Il rosso delle poltrone mi fa pensare a quei film anni settanta, quando fumare sembrava la norma e guardare dalla serratura i seni dell'infermiera proibito.
Bang bang, qualcuno spara, io sparo cazzate, tu ridi finalmente.
Usciamo e ci andiamo a prendere un gelato. Mi chiedi a che pensavo durante il film.
Mi stupisce che ti sia accorta che ero distratto. Nego, chiaramente. Mi diverte notare che ero io che credevo di osservarti, mentre tu facevi lo stesso. In pratica il film non lo ha seguito nessuno.
Il gelataio fa una smorfia quando chiedo se hanno il gusto liquirizia, che cazzo. Lo guardo male e allora dice no, “e nemmeno chinotto o tamarindo” aggiunge.
Mi fa ridere la sua faccia, e allora rido e anche tu ridi, ed è la prima volta stasera che non eviti i miei occhi.
Ci sediamo su uno scalino di fronte alla chiesa, mi dici che i tuoi si sono sposati lì. Cerco di immaginare dove sarei se non fossi qui. Non mi viene in mente nessun altro posto. E quel silenzio è il mio commento alle tue parole.
Come in un rimbalzo strano di pensiero, parli.
C'è un posto dove mi piacerebbe andare, dici. Ma non con te.
Ti guardo spingendo leggermente il collo in avanti, nella tua direzione, come quando non si è certi di aver sentito bene, o quando si teme di averlo fatto.
Tu ripeti la stessa frase, senza espressioni particolari.
Ho le spalle al muro, posso solo chiederti che posto sia.
E prima che tu risponda, non so com'è, so già che non sarà la paura a trattenermi qui, sarà il rancore generato dall'abbandono, saranno quelle tue lacrime mentre la pellicola scorreva, adesso le posso vestire con una luce fioca, sarà che non so trattenermi dal saperti persa, sarà che non so perderti senza trattenerti in qualche angolo di una mensola così alta che non si spolvera mai, sarà che anche questo è un vecchio film che non mi stanco mai di tornare a vedere, anche se ogni volta che le immagini colorano lo schermo, rumorosamente, scopro di essere distratto.

matteo
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La speranza è nell'opera. Io sono un cinico a cui rimane per la sua fede questo al di là. Io sono un cinico che ha fede in quel che fa. (Vincenzo Cardarelli)----- //badradio.splinder.com/

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10 Commenti

  1. hai anche tu quella mensola? c'è un acchiappapolvere infallibile, si chiama birra 🙂

    • e oltretutto birra e liquirizia insieme sono da paura :)) provali
      ...bello scritto!!

  2. ecco, Matteo. uno che ha da dire e sa pure come farlo.

  3. (e il coraggio per, soprattutto)

  4. cspita di non lasciar andar via, di non riuscirci. Ma poi col tempo si guarda sempre meno sulla mensola e la polvere ricopre quel che c'è e si fatica pure a distinguere quel che c'è.

    • ragazzi, ma i calzettoni di lana no?

  5. Molto bello e malinconico... Ps. anch'io gusto liquirizia...for ever! 🙂

  6. anche io nel liquiriza team 😉 (anche cambio gusti ogni volta)
    ...bello!

  7. 🙂 si Matteo... i tuoi racconti sono cinematografici ... ne abbiamo anche parlato un giorno sullo space, ricordi ? E questo è il tuo lavoro che mi piace di più in assoluto!!!! il dialogo sui gusti di gelato mi ha fatto pensare alla predilezione per la torta sacher di Nanni Moretti...gusti particolari, un po' retrò....nel cinema come nella vita.... un abbraccio!!! continua a farci sognare ..............

    p.s. è il mio primo commento su wordshelter dopo mesi di assenza.... abbraccio forte tutti!!!!


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