Apocalissi 2012: ipotesi sulla fine del mondo

Recensioni Vito Tripi

di Vito Tripi


Eccoci era inevitabile ormai… il tanto strombazzato, decantato e famigerato 2012 è giunto. A nulla sono valsi gli appelli di sedicenti studiosi e grandi presentatori televisivi questo benedetto anno non voleva saperne di saltare il giro e farci trovare subito al 2013! Battute a parte, il 21 dicembre si avvicina e sinceramente passerà come quelli precedenti! Nel 2000 doveva esserci il millenium bug, l’avete visto? Il 6 giugno 2006 non si è manifestato l’Anticristo (ma forse dobbiamo attendere ancora qualche annetto per avere la certezza…). Nel 2010 a maggio l’Urbe doveva venir distrutta da un terremoto, il Colosseo è ancora lì! E l’11 – 11- 11 è trascorso senza danni! Ergo, come cita l’Arcano Maggiore numero XX Il Giudizio, dei Tarocchi di Dylan Dog, “Furbi e cretini, buoni e cattivi, non verrà quel giorno, rimarrete vivi!”

Quindi considerando che chi mi legge non sia uno di quei gonzi, poco colti o new age, che tremano nello sfogliare il calendario, vi presento una simpatica antologia edita dalla Bietti dal titolo Apocalissi 2012. Un’idea così originale non poteva che nascere da un’anima grande quale Gianfranco de Turris che recluta ventiquattro scrittori per narrarci tante ipotesi di fine del mondo. In questo aureo libello troverete novelle a sfondo horror con rimandi a Cthulhu e che puzzano di zolfo, guerre di alieni, ma anche semplici racconti bizzarri e sarcastici. Per saperne qualcosina in più sentiamo il suo curatore e alcuni autori, Paolo Di Orazio, Mario Farneti, Francesco Grasso, Giulio Leoni, Errico Passaro, Pierfrancesco Prosperi, Alessandra Selmi e Nicola Verde.

 

De Turris - Questa vostra antologia vuol essere scaramantica, dissacrante o semplicemente marketing cavalcando l'onda del 2012?


Un amico, che ha anche partecipato all’antologia e che ne ha organizzato una presentazione a Napoli, Maurizio Ponticello, mi ha chiesto in quella occasione di indicargli qualcosa di apotropaico per scongiurare la fine del mondo. Gli ho risposto che questa antologia potrebbe essere adatta: un oggetto, meglio un libro apotropaico, da avvicinare al gesto delle corna, al terque quaterque eccetera.

Quando mi è venuta in mente l'idea della antologia un anno fa, ero abbastanza stufo delle fesserie che si andavano dicendo e dalla banalizzazione ad uso dei tempi di una cosa serissima come il calendario ciclico maya (di questo di tratta e non di una “profezia”). Inoltre, mi dava un sommo fastidio il fatto che si prendessero (quasi) per buone tutte le idiozie che circolavano nella Rete, quasi che Internet fosse l'Oracolo dei Tempi Moderni.

Quindi questo libro non vuole affatto sfruttare la “moda” e anzi la critica, anche se spero per l'editore che la acquistino tutti coloro che sono coinvolti psicologicamente in questa faccenda,  ma vuole offrire ai lettori molti diversi approcci alla questione: da parte di specialisti e outsider (Giorello, Cardini, Bizzarri, Longo, Formenti), in primo luogo; poi approcci seri o viceversa dissacranti, tragici o satirici, catastrofici o non catastrofici; e se catastrofici con catastrofi le più diverse e meno scontate possibili (mediche, religiose, economiche, sociali, elettroniche, politiche, psicologiche, morali ecc.) sia collettive che personali; se non catastrofici, meditativi o ironici. Inoltre, vengono coinvolti trasversalmente tutti i “generi”: fantastico, fantascienza, orrore, surreale, splatter e così via, ma anche il realismo. Ce n'è per tutti i gusti, direi, e ognuno può trarne le conclusioni che crede, anche se nella mia introduzione ho dato una mia personale interpretazione del fenomeno.

 

Di Orazio - La tua storia potremmo definirla è un omaggio sia ad HPL quanto ad Omen- Il Presagio?

Hai centrato in pieno il mio gioco. HPL e Omen il Presagio sono solo due tra i miei suggeritori costanti, quando traccio e sviluppo una trama del terrore sovrannaturale a sfondo infernale. La magnificenza, la maestosità dei prodigi ultraterreni, prima e dopo Cthulu, ma anche
sotterranea con I Topi Nel Muro, e quel senso di predestinazione solforosa tanto cara agli anni Settanta (Rosemary's Baby, L'Esorcista, L'Anticristo, Amityville Horror), entrano giocoforza nella mia penna quando devo scrivere qualcosa che abbia un tema ampio come l'Apocalissi. Che poi il racconto sia potente quanto il tema non posso dirlo io, sta di fatto che ho puntato principalmente sull'ambigua specularità santa e demoniaca dell'evento, con un inevitabile finale nella migliore tradizione dei miniracconti fumettati di Creepy. Personalmente non credo ai diavoli e agli inferi ma solo “alle menti spezzate” (tanto per fare una citazione a me cara) che rappresentano un autoinferno (che può rendere infelici anche seconde e terze presone), contro-energia limbica nella quale alcuni spiriti possono peregrinare, con la loro presenza tra di noi, pur senza infastidirci.

 

Farneti - Il tuo racconto vuol essere un richiamo alla fantascienza classica e, in particolar modo, alla Guerra dei Mondi?

E' un richiamo alla fantascienza classica e più esattamente al film 2001 Odissea nello spazio rispetto al quale propone una tesi inversa: l'essere umano che, invece di evolversi, regredisce allo stato animale a contatto con una forma aliena sconosciuta dotata d'intelligenza. Vuole anche essere una critica alle teorie animaliste tanto in voga oggi, secondo le quali i moderni seguaci di Darwin negano all'uomo la dimensione spirituale considerandolo in maniera riduttiva un primate progredito.

 

Grasso - Il tuo racconto può definirsi un elogio al “non è mai troppo tardi” o “alla ricerca del tempo perduto”?

In realtà non intendevo elogiare proprio nessuno. E meno che mai parlare dei Maya e delle profezie alla Roberto Giacobbo. Al limite, il racconto “prima della fine” è un invito, neanche troppo sottinteso, al “carpe diem”. Anche senza giungere alle gesta paradossali del protagonista, secondo me occorre essere sempre consapevoli che il nostro tempo in questa valle di lacrime è limitato, e non auto-censurarci nelle nostre azioni quotidiane e nella ricerca del nostro minuscolo briciolo di felicità. Che magari ci siamo meritati e qualcuno ci ha sempre negato. Aspettare il mitico "momento giusto" è una strategia perdente, questo è l'unico messaggio del racconto. Il momento giusto è adesso o mai più. Anche e soprattutto nella sfera affettiva. L'aveva già detto Proust? Be', buon per lui, non credo che se la prenderà col sottoscritto per questo..

 

Leoni - Potremmo dire che la tua storia è una stoccatina sia al mondo dei procacciatori finanziari, in certi casi veri sciacalli, sia ai creduloni finemondisti?

Sì, il mio racconto affronta in termini ironici e leggeri due problemi fondamentali del nostro tempo: le varie fedi millenaristiche e apocalittiche che si ripresentano con regolarità e la pervasività della finanza che si è trasformata negli ultimi decenni in un sostituto popolare dei vecchi buoni casinò. Con la differenza che per accedere a Montecarlo o a Biarritz bisognava almeno prendere il treno e indossare l’abito buono, mentre adesso per perdere soldi basta rispondere a una telefonata o cliccare sulla tastiera di un computer. Questo meccanismo infernale che si è messo in moto è secondo me la vera apocalisse che porterà alla fine del mondo che conosciamo: un cataclisma alla fine del quale i superstiti si ritroveranno a vagare come dopo ogni catastrofe, impauriti e impoveriti ma anche un po’ più saggi. Non se i Maya avessero immaginato questo quando hanno predetto la fine del grande ciclo, ma certo che se hanno fatto va reso loro l’onore delle armi. Comunque niente paura: se hanno ragione, dopo il 21 dicembre avremo altri 1 872 000 giorni per recuperare le perdite.

 

Passaro - Il tuo racconto è quello forse più umano e intimista, con poche digressioni nel fantastico, ma c'è anche qualche traccia autobiografica?

In un certo senso sì: non ho mai avuto il blocco dello scrittore, ma lo temo. La mia è un’apocalisse personale, una “rivelazione privata”. Il racconto rivela la paura della fine del mondo, che non è necessariamente un fattore negativo: la paura, come il dolore, è un meccanismo di sopravvivenza. nella mia visione, la paura della fine spinge a vivere meglio il tempo che ci è assegnato, invece di pretendere di prolungarlo oltre i limiti consentiti

 

Prosperi - Il tuo racconto mi suscita dei rimandi a Il vecchio e il mare con un pizzico di Diluvio Universale tu che dici?

Il riferimento al Diluvio Universale è fuori discussione, ma nello scrivere non ho avuto presente il libro di Hemingway né il film che ne è stato tratto. Mi sono ispirato, invece, a storie del grande Robert Sheckley del tipo Ma che pianeta mi hai fatto?, ovvero a esseri superiori (anche se magari simili a noi) che fanno e disfanno pianeti, li ristrutturano e li riciclano, del tutto indifferenti alla sorte dei miliardi di esseri umani che ci vivono sopra. Pertanto, al di là del tono svagato e del surreale umorismo del racconto, quello che volevo mettere in rilievo è che, se un giorno, nel 2012 o chissà quando, spariremo tutti, al resto dell’Universo non importerà un bel nulla, non se ne accorgerà nessuno. Con buona pace di quelli – e sono tanti – che invece dell’Universo si sentono il centro...

 

Selmi - Col tuo racconto torniamo indietro nel tempo alla nascita della profezia Maya, il tuo vuol essere, oltre che una critica ai conquistadores, forse un tentativo di razionalizzare la febbre da fine del mondo?

Va dapprima precisato che non esiste nessuna profezia maya, ma semmai un’errata interpretazione (a cura dei contemporanei) del calendario maya, che tutto è tranne che apocalittico. Il significato profondo del mio racconto è che l'umanità non ha bisogno di inventarsi nessuna antica maledizione per distruggersi, dal momento che siamo in grado di farlo benissimo da soli: con l'avidità, l'ignoranza, l'invidia, la prepotenza e tanti altri mali tipici del nostro tempo. Tutti segni di una più concreta “fine del mondo” che è già pericolosamente in atto.

 

Verde - La tua novella chiude l'antologia e a mio avviso è forse quella più Ai Confini della Realtà...

Ti ringrazio per l'accostamento. Ai confini della realtà è una serie televisiva ormai mitica (io, anche per questioni anagrafiche, ricordo quella dei primi anni '60) e se il mio racconto suscitasse quelle stesse emozioni, quello stesso senso di “estraneità”, beh, non potrei che esserne felice. Gianfranco De Turris ha definito il mio racconto intimista e buzzatiano, anche questa definizione, non lo nascondo, mi piace e mi lusinga. In verità il racconto è così com'è in forza e in virtù dei paletti messi dallo stesso De Turris, il quale ha voluto fossero possibilmente esclusi tutti quei temi classici e banali che stanno imperversando sull'argomento. Niente di più facile... Quanto all'antologia, credo sia venuta fuori un'ottima cosa, per intelligenza e qualità e il mio racconto spero non sfiguri. Il tema è quello del... “ricambio2 di un'umanità che ha fallito e chissà che non sia davvero già accaduto e non accadrà di nuovo, magari proprio a vantaggio di quella “perfezione dell'indifferenza”, che è la compiutezza per eccellenza! Intanto sento il peso del posto occupato nell'antologia, anche se dovuto al caso, visto che l'ordine è strettamente alfabetico per autore: infatti, come si sa, il racconto di apertura e quello di chiusura sono quelli che hanno il compito più pericoloso, il primo perché può incoraggiare o scoraggiare il lettore a proseguire nella lettura, il secondo perché è quello che può esaltare o guastare il lavoro complessivo. Ma tant'è!

 

TITOLO: Apocalissi 2012

CURATORE: G. de Turris

AUTORI: AA.VV.

EDITORE: Bietti

PAG: 444

PREZZO: € 21,00

ANNO: 2012

Vito Tripi
Vito Tripi
Vito Tripi collabora con l’Agenzia Stampa Deigma Comunicazioni specializzata in uffici stampa culturali, religiosi, sociali e tecnico-scentifici, con le Riviste “Charta Minuta” e “Storia del ‘900” “L’idea il giornale di pensiero” Dal settembre 2007 è opinionista cinematografico per l’emittente TeleVita nel programma “Lungometraggio” Ha curato la Rubrica Cinema e Libri per il periodico on-line www.nannimagazine.it Cura la Rubrica d’arte “Gallerie Romane” per la radio Vaticana nel programma “Attualità della Chiesa di Roma” Cura la Rubrica Arte&Libri per il mensile “Il Giornale del Lazio” Curatore della manifestazione letteraria “Genius Loci” presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Verga

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2 Commenti

  1. crederci non crederci.... il problema è che l'essere umano spera di essere distrutto da una apocalisse qualsiasi, non importa quale, perché non è in grado di ritronare sui suoi passi. Libro interessante.


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