La luce bianca e feroce del sole
tagliava di traverso quell’angolo di pensiero in viaggio…
E vedeva oltre quell’angolo vuoto,
tutto l’amore, a ritroso,
che aveva perduto.
Mentre i bimbi si rotolavano nel prato,
sporcandosi del verde del prato,
e gli amanti trascorrevano i viali a braccetto e per mano,
e tutto era un frastuono di sole, verde, e urla.
Il biasimo non aveva voce,
era acquattato sulle sue ginocchia,
e gli uccelli cantavano,
e tutto filava liscio anche senza quella piccola storia
che aveva nello sguardo assente.
C’era passato attraverso un fiume sacro,
ed entrambi vi erano stati a battesimo
sotto auspici che dire era troppa cosa,
e pensare, adesso,
era pensarli con braccia troppo corte,
per un solo abbraccio.
Ma come scaglie d’oro, in scaglie di dolore
al sublime mischiato,
fioccavano istanti di quel che si era perso per strada,
e di che adesso si torturava.
Dobbiamo tutti sopravvivere a qualcosa,
ma avrebbe preferito non dover sopravvivere a te.
Dobbiamo tutti lasciar morire qualcosa,
per donargli qualcosa,
dobbiamo sopravvivere al meglio che abbiamo potuto,
e dobbiamo sopravvivere al peggio che abbiamo potuto.
Sembra tutto colmo di qualcosa e vuoto di tutto,
in questo giorno di stracci di cielo,
in questa piccola cosa che si custodisce soli al mondo
e tra fiumi di sguardi ignari di ciò che c’è stato vita.
L’aveva amata con le sue piccole risorse di piccolo uomo,
lei le aveva raccolte con mani grate,
ed alzate al cielo come glorie quali furono davvero,
e sempre saranno fuori da quell’angolo di sguardo che non vede,
e viaggia a ritroso, e non sa arrendersi all’amore,
quando un amore muore…
Un giorno, forse, sarà ogni più semplice cosa,
ogni più piccolo respiro,
quell’amore da titani,
toccato a piccoli uomini…
che debbono sempre sopravvivere a qualcosa,
debbono sempre custodire un segreto grande come tutta la verità,
e devono sopravvivere al loro meglio,
debbono sopravvivere al loro peggio.
Lascia una manciata del tuo tabacco ai piedi di quell’albero,
piccolo uomo, quando ti accendi la prossima sigaretta,
perché c’è sempre un pegno da pagare,
più grande della tuo desiderio animale,
più grande del tuo desiderio che ha perso la vista.
Si alzò dalla panchina e tutto era fatto di sorrisi, là attorno,
ma i sorrisi erano ferite aperte da lato a lato,
sul volto di ogni cosa,
e il biasimo ansimava ai suoi piedi per una carezza,
la sua giacca gli sembrava troppo larga e goffa,
e le scarpe strette,
e le cose future non erano per niente futuribili,
non erano altrettanti possibili pegni di gratitudine,
ma un unico pegno di corteccia di cuore,
da pagare in eterno a un passato amore.
Ma lascia che ti dica una cosa, piccolo uomo grandemente ferito:
tu ancora non hai capito,
che capita che tu debba lasciar andare qualcosa o qualcuno
per essergli grato,
e c’è sempre un po’di morte nell’amore,
e c’è sempre un po’ di quell’amore in ciò che grato lasci morire.

Massimo Triolo

Massimo Triolo
"Meglio regnare all'Inferno,che servire in Paradiso"

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5 Commenti

  1. è bellissima, con una chiusa da portare sempre nel cuore...

  2. In pratica non c'è amore senza morte...potrebbe essere un idea...

  3. Complimenti... non riesco a trovare le parole giuste, ma hai centrato il mio cuore.
    Commovente e vera, parte della mia filosofia di vita.

  4. davvero bello questo tuo post... hai toccato la mia anima.

  5. molto psicologico e profondo
    🙂


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