Il silenzio del cuore

Racconti Ksenja Laginja

Scivolare sulla strada, incastrarsi con violenza nella vita, sentirla scorrere nelle vene e affondare le mani con forza nei vicoli stretti fino al mare. Gli occhi rivolti in alto, a seguire i gabbiani scendere in picchiata sulle onde increspate del mare, e poi risalire, e di nuovo affondare nella profondità del cielo. L'aveva sempre desiderato. Sì. Aveva sempre voluto possedere quell'amore, quell'emozione pura che scalda il cuore, sentire soffici desideri accendersi sulle dita, assaporare il dolce profumo - inebriante - dei giorni di festa. Quel profumo desiderato che scende rapido sul viso fino all'essenza delle cose - nella semplicità di un abbraccio - pungente come una boccata d'aria fredda sulle guance. Le piccole luci bagnate sulla strada scivolano senza compromessi, da un angolo all'altro, rincorrendosi velocemente, schizzando nel buio della sera. Capriole di luce, attimi colorati, che brillano nel cielo bagnato di una sera d'inverno, spenta sulla strada senza ritorno.

 

[Sì, lo sapeva]

 

Camminava nel mondo fra le bancarelle della stazione, quelle inzuppate di incenso, legno e dolci fragranti. Colori accesi, speziati, brucianti, vite spezzate, illuse, confuse. Una storia dopo l'altra, mille storie ingarbugliate, amori appena nati, conclusi o solamente confusi.

Pensava a questo, seduto sulla panchina di fronte alla stazione, affrontando il mondo con il cuore in mano, sospeso in bilico sul cielo grigio della città. Pensava che - in fondo - era così facile perdersi, anche solo per un attimo; un brivido nell'istante o una vita intera. Pensava a questo, mentre osservava raccogliersi lungo i viali alberati le solitudini mescolate nel mondo. Le vedeva unirsi sotto lo stesso cielo, una solitudine dopo l'altra, una luce dopo l'altra.

Il rumore silenzioso delle strade, il vortice di passi, la voce soffocata delle persone; piccoli e grandi pesci boccheggianti nelle strade illuminate a festa. Luci intermittenti, zucchero filato nei giardini, caldarroste brucianti fra le mani, passi confusi.

 

Lui, la panchina ghiacciata, il desiderio di mollare tutto, cambiare percorso, di rincorrere un altro treno e mancare il bersaglio. Percepire il tempo, scivolare su di esso,  un autobus dopo l'altro, un alito ghiacciato sull’altro, vederlo scivolare via – inevitabilmente – fra le dita. Ritornare indietro nel tempo su quella panchina ghiacciata e riscoprire se stessi, con gli occhi di un bambino; ricordi di giochi, di gare a trattenere il respiro, quasi a voler sentire questa vita in profondità,  affondare così tanto da sentirla bruciare in gola e ricominciare a respirare.

Rincorrere un desiderio in equilibrio sul cuore. Lassù, oltre le nuvole morbide affogate nel petto. Guardare le storie degli uomini attraversare tempi, luoghi, vederle nascere, vivere e morire da un'altra prospettiva, semplicemente con occhi diversi.

 

Sedersi su quella panchina, sentire il freddo penetrare nelle ossa, ghiacciare le dita e scivolare ancora nel ricordo di natali incompresi, non vissuti, mai esistiti, di alberi non fatti, regali non scartati, desideri inesauditi. Nuovi mondi e destini in attesa per il cuore di un uomo perso nel tempo. E ancora, altra solitudine, altro freddo nelle ossa, altra confusione.

 

I rumori della stazione brulicante di vita, di piedi che si intrecciano, di confezioni e sacchetti profumati. Eccolo lì. Un uomo su di una panchina, le mani ghiacciate, un cappotto sdrucito e uno strano cappello in testa. Gli occhi puntati al cielo con un desiderio, quello di attraversarlo, di sprofondare anche solo per un istante in quella bellezza solitaria.

Ecco come il mondo vede quest’uomo. Ecco, come una solitudine può sparire in silenzio sulla strada, fra gli alberi spogli della stazione, lungo le bancarelle e le scie di incenso che si diffondono di bocca in bocca. Sprofondare nella bellezza: è questo il segreto.

 

Bruciare la vita, semplicemente vivendola senza compromessi.

 

Una panchina desolata, un uomo aggrappato ad essa, nessuno sguardo su di lui.

 

E ancora quel profumo dolce che si schianta sul cuore, e ancora quella panchina ghiacciata, i guanti strappati sulla punta delle dita infreddolite. Una casa in cui non poter ritornare, un salto nel vuoto. Nuove partenze. Nuovi arrivi. Una solitudine - accesa nel cuore - germoglia nell’aria, nel sapore di tasche vuote, dove il vento tagliente scende sul viso ripiegando su se stesso, avvolgendo gli ultimi aliti caldi del giorno. I capelli scomposti sul viso, le labbra screpolate, gli occhi inumiditi sotto l’aria pungente - stelle nel buio - come tizzoni ardenti dispersi nel mondo.

 

I desideri scorrono sulle vite appese dalle finestre, sospinte dal vento, vite incastrate a fondo negli occhi che gridano nella notte calda della bocca, nella soffice morsa di un bacio in punta di labbra. Guardare il mondo scorrere senza paura fuori di casa, seduti su di una panchina ghiacciata, aspettando un autobus, la linea giusta, un modo di esistere e sopravvivere ai cambiamenti inevitabili della vita. L'unico modo per ritrovare la strada verso casa è custodito nel cuore, è la dolce sofferenza di un’anima pura che rinasce nel mondo.

 

Piccoli fiocchi di neve scendono lentamente dal cielo, posandosi delicatamente sulla vita che scorre frenetica, inondando le strade di piccoli puntini colorati affamati, di mani strette le une sulle altre. Piccoli fiocchi sul viso, un bacio gelido sugli occhi, un sorriso di speranza sulle labbra, un sogno nel cuore.

 

È ancora lì, seduto su quella panchina, un’anima perduta e ritrovata nelle pieghe del tempo, sotto questo cielo invernale.

Sei tu, sono io, siamo noi, anime confuse trasportate nel vento, desideri di vita sospesi nel mondo.

 

Ksenja Laginja
Ksenja Laginja
Ksenja Laginja (Genova, 1981), giovane artista impegnata nella ricerca poetica e delle sue contaminazioni in campo musicale e visivo. La sua ricerca artistica attraversa il disegno, la scrittura e la performance. Co-fondatrice del progetto “Cani dall’inferno”, dal 2004 organizza a Genova e dintorni Reading di poesia. Da anni si muove nel mondo dell’autoproduzione, seguendo la filosofia del D.I.Y., sfociata nella creazione della fanzine “Neoprene” [Testi autonomi per organi autonomi] e nella pubblicazione di raccolte di poesie e racconti. Alcuni dei suoi testi sono presenti su Antologie poetiche e riviste cartacee e online. Con le sue opere ha partecipato a esposizioni personali e collettive. [Continua la sua ricerca]

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9 Commenti

  1. Passaggi poetici completati da squarci di scrittura di ottima qualità. A leggerlo con lentezza, somiglia a un incipit di un racconto lungo; una storia con un seguito; qualcosa che si è scavato una tana dentro di te e che vorrebbe uscire...
    C'è un prima, un dopo, un durante.
    Certi passaggi sembrano appesantiti dalle descrizioni (mio parere, ma io non sono nessuno) nell'insieme una cura attenta nell'uso delle parole che compone nell'insieme una scrittura non comune.
    Leggerò di più di te.
    (Brava!)

    • Grazie Pierluigi, per esserti fermato qui.

      Grazie di cuore.

  2. 'Siamo noi, anime confuse'...
    Hai fatto affiorare quella parte che tutti noi condividiamo, magari senza saperlo, ma che è pronta a manifestarsi non appena abbassiamo la guardia.
    E' un silenzio indisciplinato, quello del cuore. Prima o poi parla.
    Evviva 🙂

    • Sì, il cuore prima o poi lo fa.
      Grazie Mari

  3. Un abbraccio dal cuore.

  4. Descrivere per immagini una sensazione, un'emozione o un sentimento; è come scorrere le diapositive di un viaggio nell'anima. Nessun dialogo ma tanti sguardi.

  5. anche per me è stato ripercorrere tanti fermi immagini del cuore di quello che in qualche modo fa parte di ognuno di noi, anche se poi su quella panchina mi ci sono seduta, ma poi ho proseguito, nonostante i mille compromessi a cui in alcuni momenti (i più veri di me?) avrei voluto non scendere. Grazie...

  6. Racconto scorrevole con decrizioni dettagliate da ottima osservatrice .... grazie per avermelo fatto leggere .... eh si ! anche io mi appoggio ogni tanto alla panchina ....... ma cerco di non appoggiarmici troppo .... 🙂

    • e mi chiedo chi viva meglio se lui con nulla tranne la sua panchina o noi con tutto ma lontani dalla panchina!


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