Le arance dell'A 19

Poesie Giuseppe Sanalitro

Pazienti, se ne stanno mute a maturare ancora
le ultime arance della procace piana catanese.
Comprese tra abusati azzurri e l’essenza
deliziosa della zagara nuova, tra la terra umida
e la sorpresa informe di nuvole eccentriche,
sotto foglie verdissime si muovono ferme
dai finestrini già interamente calati dei camion.

Su gironi asfaltati operai stagionali s’avviano;
i loro mezzi carichi zeppi di sudore straniero
seguiranno per poco la scia leggera del fumo
del dio imponente, a lato, a forma di cono.
Tutt’intorno è una distesa piatta, verde e gialla
di ondate di fiori di trifoglio, di bucce luminose;
indossa seduzione l’isola sporca di meraviglie!

I limiti consentiti superano i grossi autocarri,
ammaccati come gli agrumi ammassati in groppa.
Confidenze africane nascondono tra gli spicchi
le arance e non possono nemmeno rivelare delle
nere puttane il dolore che hanno sentito cantare
a margine di strade, al di là dei loro campi sfruttati;
vulnerabili ombre ambrate sedute sotto a ombrelloni,

come miserabili veneri tra bancarelle al mercato,
aspettano di scontare le pene dei drammi altrui.
– Sulle statali si lasciano in mano al loro destino
uguali ai frutti rimasti a marcire sul loro terreno.
Sono sorrisi bianchi di larghe bocche carnose,
maledizioni di gesti eloquenti appresso a clienti,
mani volgari in croce, inchiodate a bestemmiare

la vita impietosa che non sanno scrollarsi di dosso;
i loro seni, i culi di bronzo, sono di Beatrici scolpite
e le vesti, striminzite lo sono poco meno della libertà.
Nemmeno sanno piangere gli agrumi e se ne vanno
coi nerissimi occhi addosso, incontro alle sinfonie
di accordi vitaminici nelle spremute di questi nudi,
irresistibili paesaggi a cosce aperte. In nessun caso

parleranno mai del lungo viavai sud-nord e ritorno
alla grazia di questi spazi mai rivelati davvero,
delle ali sparute nelle vie selvagge dai cristi spariti,
del loro fiume mezzo saraceno che non è d’acqua mai
come a fine marzo, quando chiede strada, pure lui
voglioso di mare quanto delle nere la canzone,
alle canne e ai sassi sotto ai viadotti dell’A 19.

Le arance dell'A19

Giuseppe Sanalitro
Giuseppe Sanalitro
Giuseppe Sanalitro è nato nel 1974 a Piazza Armerina (En). Diplomato in pianoforte (sotto la guida di MariaFranca Turchio Roccella, scuola Ziffer Conservatorio di Palermo), è impegnato nell’attività musicale in veste di pianista, docente di strumento e storia della musica, di esperto per enti ed associazioni, premi e festivals. D'ispirazione minimal-impressionista è la sua composizione. Nel campo letterario ha esordito con la silloge “L’equilibrista” (Il Filo). Vincitore e finalista in più premi letterari (tra gli altri: Racconti Nella Rete, Genti, Terra Dei Ciclopi, Franco Rosa, Verba Agrestia, Tindari-Patti), è presente in diverse antologie, riviste di settore, quotidiani on-line e siti web con liriche e racconti. Di un suo soggetto, vincitore unico del Premio Racconti per Corti 2010, dalla Scuola di Cinema Immagina (Fi) è stato realizzato un cortometraggio del quale ha curato anche le musiche oltre alla sceneggiatura. Essenziali Essenze è il suo ultimo lavoro poetico (Centro Studi Tindari patti Editore, 2010).

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