Disteso supino, su un letto d’ospedale, Piero fissava il soffitto e col pensiero vagava nelle ultime ore. Cos’era accaduto? Cercò di alzarsi, ma per la prima volta il corpo non gli ubbidì, come se non gli appartenesse più. Terrorizzato chiamò l’infermiera, ma dalla bocca uscirono solo suoni indecifrabili, farfugliati tra le labbra socchiuse. Lui era un uomo attivo, pieno d’interessi e di passioni, nella vita non si era risparmiato nulla e ora si sentiva amputato nell’anima. La flebo alla sua destra doveva contenere un sedativo, Piero lo intuì perché si sentiva trascinare lontano da un torpore che gli confondeva le immagini della sua vita, nella memoria. Per un tempo indefinito credette di trovarsi nel suo studio, sul pavimento erano sparsi i fogli con gli appunti del suo ultimo progetto. Cercò di protendersi per raccoglierli, ma, a ogni tentativo, le braccia gli ricadevano inerti lungo i fianchi. Trascorsero tra sogno e veglia interminabili minuti. Nei momenti di lucidità era sopraffatto dallo sconforto e da un dolore mai provato… non pensava più a nulla, voleva solo morire. Sapeva che non avrebbe mai accettato quella ferita insanabile e con quel pensiero lentamente tutto scomparve e un sonno senza sogni lo strappò alla coscienza.

Marisa Amadio
Marisa Amadio
"...siamo tutti contenitori attraverso cui passano le identità: siamo lineamenti, gesti, abitudini in prestito che poi trasmettiamo non c'è niente che sia nostro. Esordiamo nel mondo come anagrammi di chi ci ha preceduto..." Maggie O'Farrell

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