Marsiglia è bellissima in estate

Racconti Nicola Eboli

Sarà questa penombra sudata. Sudore che evapora dalle irregolarità del legno fradicio dei tavolacci.

Un ultimo sorso potrebbe anche esser necessario.

Ma come faccio. Staccare il dito dal foro sarebbe letale.

Di che parlo. Mio … no. Non … Dio. Qualcun altro della schiatta forse. Mi stavo per imbarcare. Marsiglia ha un gran porto non c’è che dire. E dalla finestrella della taverna gia s’intravede il primo gabbiano. Sudato anche lui. Per Giove!

È consuetudine  dei fuggitivi radunarsi in posti come questo. Locanda “ Au passage de l’autre monde” in attesa. Come lo ero io mille anni fà. Vaghi ricordi del deserto africano si accavallano a detonazioni mortifere. La légione etrangérè ti assolve. Il fonte battesimale da cui attinge è la carcassa inerme e sanguinolenta del primo che ti capita. Uccidere è un po’ come infilarsi l’ago in vena. Eccitante nella preparazione. Alienante nell’effetto immediato. Invadente nel ricordo.

Meglio così. Tanto “la mia prima volta” da ragazzino ero pure ubriaco e quella che non scorderò mai è l’ultima. È ieri sera.

Donné moi une autre bouteille e poi allontanati che qui sta per esplodere tutto. Anche la mia pazienza. Colpa tua! Oste scellerato. Tua e del nome che hai scelto per il tugurio di cui ti ritrovi schiavo.

Mille anni son tanti lo sai… caprone. Non è una boutade improvvisata la mia. Quindi adesso smetti di parlarmi dei tuoi figli e rassegnati. Ti intratterrò piacevolmente. Ti parlerò di Micaela… la spogliarellista che amai in Algeri. Ma per pietà smetti le tue lagne. Se solo tu provassi a scappar fuori sarebbe peggio. Sparerebbero non appena la porta si aprisse. Non è facile la vita là fuori o faresti il marinaio.

Dunque… a proposito di Micaela. Aveva l’accortezza di lavarsi prima e dopo. Poche ch’io mi ricordi ebbero simili attenzioni. M’accarezzava dolcemente e non si rammaricava delle mie mani sporche di sangue.

In mille anni se ne vedono di cose. Mille o novecentonovantanove… non ricordo bene ora. Ma mi ricordo dei poveracci che ho visto morire. Mi ricordo dei loro volti. Uno per uno. Della maggior parte non mi preoccupai di sapere il nome e così me ne inventai sempre di nuovi. Nomi mitologici come minimo. Il mio modo di mostrare alle carcasse il mio rispetto. Ogni vittima è un punto fermo nel ricordo. Puoi dimenticare com’eri vestito il primo giorno di scuola… non puoi dimenticare la maniera in cui cade un corpo senza vita. Ognuno ha il suo tempo di caduta. La bizzarria grottesca della postura che assume all’impatto con il suo destino. Alcuni assumono pose plastiche quando cadono. Come statue greche. Per questo gli dò dei nomi mitologici. Se lo meritano. L’unico momento in cui un uomo assume in pieno la sua dignità… l’unico momento in cui nel suo sguardo puoi leggere… - Io sono un uomo…- … è quel momento. Se non fosse per quel momento… molti di loro non varrebbero neppure il prezzo del proiettile. Parlo di esseri umani. Guarda quel cane. Se ne sta lì accucciato nell’angolo. È sereno lui… non come te. Non piagnucola non si piscia sotto. Non si preoccupa se morirà fra dieci minuti… fra un giorno o fra mille anni. Non è un problema suo. Si preoccupa finché è vivo… si preoccupa adesso. Fra dieci… anzi cinque minuti e trenta secondi… e ventinove… ventotto. Che poi che cazzo avrai da fare di così importante. Questo posto è un vero cesso… manco lo lavi. I tuoi figli potranno vivere anche senza di te. Il mondo è pieno di orfani che vivono bene. Anch io sono orfano di padre. Guardami non ho niente che non và. Voglio soltanto dare un senso alla mia dipartita. Questo è l’ultimo posto al mondo rimasto in piedi. Sei sopravvissuto a centinaia di posti… supermercati… chiese… palazzi… . Negli ultimi duecento anni ho fatto saltare in aria quasi l’intero mondo. Dico quasi. Per la mia dipartita… l’esplosione finale ho scelto la tua locanda. L’avevo scelta quando ho iniziato. M’ispirava il nome. Speravo che fosse ancora qui alla fine. Quindi è anche colpa tua… oltre che per il nome che le hai dato. Tu non lo sai ma se l’hai mantenuta per tutto questo tempo è perché mi aspettavi. E poi dovrei essere io ad essere infastidito dalla tua presenza. Avevo deciso che l’ultima esplosione sarebbe stata solo per me. Senza senso. Senza grandi clamori. Mi dico… - lo faccio all’alba che la locanda è vuota…-. Ma tu sei rimasto a dormire qui.. per iniziare presto a pulire… ancora una volta come vedi… te la sei cercata. Un minuto e venti secondi… 19…18…17… . In realtà per dare un senso avrei dovuto far saltare in aria una centrale nucleare come minimo. Troppa fatica. Non valgo tanto. Quanti anni hai detto che hanno i tuoi figli? Sono abbastanza grandi. Non sentiranno troppo la tua mancanza. Anch'io penso di avere qualche figlio in giro per il mondo. Loro non sentiranno la mia mancanza. Nessuno la sentirà. Comunque s’è fatta l’ora. Mancano venti… 19…18…17… . facciamoci trovare pronti. Tu devi pregare qualcuno? Io si… se non ti dispiace. Mi concedi qualche secondo? Grazie… … … … . cinque… 4 … 3…3…1…zer…. …. …. .

Nicola Eboli
Nicola Eboli
teatrante

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6 Commenti

  1. come è nel tuo stile... grande Nicola

  2. questo tuo "senza stile" è uno stile che mi piace assai.

  3. Qualcosa di interessante....


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