Aveva bisogno di tornare lì. Come un’esigenza improvvisa, la necessità era di sentirsi tenuta, trattenuta. Era cambiato perfino il suo concetto di casa. Non era più amore, era pelle. Quell’uomo non sapeva parlare alla sua anima, ma le sue mani conoscevano una strada che era diventata familiare, che le dava un senso di sicurezza e appartenenza. Ma non si sentiva appartenere a lui. L’amore… non sapeva più se sarebbe mai stata capace di amare davvero qualcuno, come una volta.
L’amore era diventato qualcosa di lontano e quasi dimenticato. Il suo cuore lo aveva lasciato da qualche parte, una volta credeva di ricordare bene dove, ma adesso, adesso non avrebbe saputo dire nemmeno il punto preciso o il momento in cui lo aveva perso di vista. I pensieri anche li aveva persi per la strada camminando e ne aveva raccolti altri, nuovi, che non erano mai stati suoi, proprio come si fa con le monetine sul marciapiede. Quasi le sembrasse un peccato lasciarli a terra.
Lei e lui non avevano nulla in comune, probabilmente lui non avrebbe mai capito niente di tutto quello che le passava per la testa, di tutto quello che le aveva attraversato la mente prima di lui e perfino durante, infatti la guardava stupito, come se fosse una specie di alieno precipitato nella sua vita.
Lei non cercava un posto nel suo cuore, le bastava quel posto nel suo letto, sempre pronto, l’aria fresca che entrava dalla finestra mentre sentiva i suoi morsi sulla schiena e finalmente riusciva a smettere di pensare.
Lui le aveva fatto capire che non le serviva sempre pensare, domandare, rispondere. Che certe cose non hanno motivo, né spiegazioni, né un fine.
Sono e basta.
E così loro parlavano poco, c’era solo pelle e caldo, poi l’acqua della doccia, l’asciugamano pulito ad aspettarla. Un bicchiere d’acqua fresca e un laccetto per i capelli.
“Hai ancora sete?”
“No, sto bene adesso grazie…”
“Sei sicura?”
“Mai stata meglio…” Viola sorrise e si voltò verso la finestra, i pini erano talmente alti che sembravano entrare dentro quella stanza bianca. le lenzuola erano ancora umide e lui girava nudo intorno al letto alla ricerca dei suoi vestiti. Raccolse da terra quelli di lei e li piegò delicatamente poggiandoglieli accanto. La guardava e forse si chiedeva perché adesso le sembrava così sicura e serena come non l’aveva mai vista prima.
Viola pensava che aveva sempre aspettato qualcosa e ora finalmente si sentiva libera di camminare senza meta e le sembrava una sensazione meravigliosa, non si domandava affatto cosa sarebbe successo o cosa voleva davvero lui.
“Torni la prossima settimana?” Gli chiese lui sedendosi sul letto.
“Forse, se vengo da queste parti te lo faccio sapere.” Viola sorrise ancora e gli accarezzò una spalla.
“Vuoi che ti asciugo i capelli?” Domandò ancora lui.
“Fa caldo, si asciugheranno… non preoccuparti.”
Lei si alzò e iniziò a rivestirsi.
“Si è fatto tardi, mi riaccompagni?”
“Certo. Mi vesto… potresti venire in vacanza con me questa estate…”
“Potrei… vedremo… comunque torno presto.”
Si voltò verso il muro e sorrise ancora di nascosto, che strana la vita, ora che non si aspettava più nulla le persone sembravano cambiarle intorno.
Viola si avvicinò alla finestra aperta e si affacciò con aria rilassata, un cartellone pubblicitario raffigurava una ragazza con le ali e sotto c’era scritto:
“ADESSO PROVA A PRENDERMI”.
Karen Lojelo
httpv://www.youtube.com/watch?v=Q6fT-v4fhfg
Zaz - Je veux
Vioka dovrebbe stare piu' attenta. la cervicale e' in agguato... 🙂
Ma lei è una cicala non si preoccupa del futuro 😉
ce l'ha nel sanguelacicala. per lei il" tempo" non e' un problema"... 🙂
anche perchè il tempo non esiste...;)
lo dico sempre quando mi battono un ritardo... 😀
😉
è proprio vero, il tempo non esiste "quando" si smette di aspettare e/o di aspettarsi 🙂
Già... 🙂
... sono (siamo) forse menestrelli impegnati in una pantomima, in una scintillante recita volta ad erigere ponti tra isole (noi) nell'estremo tentativo di trovare un'appartenenza, un senso a ciò che senso non ha.
In questa danza -che non si ripete mai abbastanza, perchè mai esaustiva- la natura biologica rivendica titoli e necessità;
noi al più la carichiamo di sovrasignificati, di tempi e modi che, per quanto astratti, restano àncore che ci legano alla terra e alla carne.
Qualunque cosa si dica in tali circostanze, spesso è fuorviante.
“Potrei… vedremo… comunque torno presto.” : sfogati gli istinti, la realtà appare diversa... pur non essendo cambiata di un millimetro.
Il mondo torna ad essere ordinario. Terribilmente ordinario.
Forse, come nella Grande Abbuffata, il modo migliore di andarsene (senz'altro il più solenne) è quello di Tognazzi: morire godendo.
Alla facciazza del Demiurgo.
Saluti (^!^)
fab_
🙂
Lei non cercava un posto nel suo cuore.. ma Lui nel suo cuore aveva fatto le pulizie di primavera per far posto a Lei...
😉
Viola ha smesso di aspettare, mi chiedo se anche Penelope quando tornò Ulisse ad Itaca avesse dimenticato cosa volesse dire l'attesa... e io che mi sento ancora una Penelope, ammiro Viola per la quale il tempo non esiste!
Bella e ben scritta.
"Quell’uomo non sapeva parlare alla sua anima, ma le sue mani conoscevano una strada che era diventata familiare, che le dava un senso di sicurezza e appartenenza."
Per me hai saputo descrivere perfettamente l'assenza, la mancanza di ... "Lei non cercava un posto nel suo cuore, le bastava quel posto nel suo letto, sempre pronto"