Hai le dita corrose dai nervi
svilite, spellate, oscene,
come oscena so essere io
che macero istanti
di cattivi voleri
e ti abbandono
sopra rocce e croci.
Le tue dita ubbidienti
benevole, docili, ovvie,
come è ovvio rincasare
dopo indocili fughe,
sbronzàti, bestiali,
appena salvi
tra picche e spade.
Hai le dita piegate a lavoro
incallite, tremanti, orrende,
come orrendo è il mio male,
mascherato da spettro,
che a te si lega puro
e ti s’inchioda
a steli e pali.
Le mie dita appese alla bocca
impulsive, sgomente, ingorde,
come ingordo è il desiderio
del morso vorace al seno,
tradita da un filo ribelle
che strappo dall’orlo,
tra diniego e voglie.
Devo stare immobile
monca, ligia, silente,
come silente è il destino
dello spirito indomito,
represso causa gola,
che vuol darsi alla fuga
tra melma e orchidee.
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