Primo studio per un monologo sull'odio

 

Potrei restare in silenzio per ore. Ah se potrei farlo!

 

… per giorni … anzi. Si si … mi piace così. Ma forse non piacerà a … agli altri. Gia. Ci sono gli altri. Anzi … gli Altri. Con la A maiuscola che sennò magari si offendono.

 

E no. Potrebbe non piacere affatto. Anzi ho il sospetto che  gli Altri potrebbero sentirsi addirittura presi in giro. Del resto sono qui con delle aspettative … gli Altri.

 

L’aspettativa della menzogna ben farcita … ipocritamente e delinquentemente spacciata per arte.

 

Ma sempre e solo di menzogna si tratta. Copiata da qualcuno che a sua volta l’ha copiata nel migliore dei casi. Pensata per essere buttata via. Regalata al prezzo del biglietto e rinnegata al termine della serata. E tutti felici e contenti. Chi a lodare… chi a biasimare. Ma comunque tutti. Tutti con qualcosa da dire.

 

E non è da poco il regalo che vi faccio … perché di regalo si tratta. Che con il prezzo del biglietto non ci compro neanche una faccia nuova per uscire da qui senza destare sospetti.

 

Se solo ve ne accorgeste. Se solo foste qui con me a guardare le vostre facce  ve ne accorgereste.

 

Come dire : siete lì che nel bene o nel male v’aspettate qualcosa. Ma l’unica vera menzogna di stasera è che nessuno si alzerà e andrà via ma resterete tutti qui a crocifiggermi. Così in una maniera o nell’altra saremo tutti appagati. Voi nel sentirvi giustificati ad inchiodarmi visto il prezzo del biglietto. Io davanti ad una bottiglia. Meritato premio per la fatica di avervi immancabilmente imbrogliato.

 

L’unico inconveniente del piano è che ci dobbiamo “odiare” per almeno cinquanta minuti. Sennò non se ne accorge nessuno.                                                                                                                                                                                                                                                           Chiariamoci. Nessuno odia nessuno. Fa parte della messinscena.

 

Potrei parlare del mio cane. Non sono tanti cinquanta minuti per parlare del mio cane. Potrei parlarne molto di più. Ma io no ho un cane.

 

Potrei parlare della vita partendo da una delle perle di saggezza che mi snocciolava mia nonna. Ma mia nonna era troppo saggia per snocciolare perle di saggezza.

 

O potrei fare come tutti gli altri e non parlare di niente. Ma sarebbe troppo facile. E soprattutto giustificherebbe il prezzo del biglietto. E non intendo essere così “onesto”.

 

Mi ci sento stretto io qui. Mi sento soffocare. Non è certo per piacere se sono qui adesso. Anzi se potessi farne a meno sarei da un'altra parte. Un’altra qualsiasi.

 

non dovrei far finta di condividere qualcosa con qualcuno che non ha niente da condividere . Qualcuno della cui presenza potrei farne benissimo a meno e sopravviveremmo lo stesso tutti quanti.  Sarebbe bello vedere ogni giorno una faccia nuova. Quando quelle conosciute diventano fastidiose. Insopportabilmente quotidiane. Come se la normalità fosse dover necessariamente aver a che fare con loro per sentirsi vivo. Per sentirsi vero. Ma io me ne fotto. Chi cazzo sono questi che mi si spacciano come veri con le loro violenze. Ma se morissero oggi fra un mese non ne sentirei neanche più la mancanza.

 

È questa la verità. Ed ora con questa verità mi ci pago un ingresso al Golgota. E guai all’ipocrita che mi viene sotto e mi dice … “ hai bisogno di una mano?” così da potermelo rinfacciare un giorno. Si portasse la sua di croce che è bella grossa.

 

Nicola Eboli
Nicola Eboli
teatrante

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