E mi racconti, da Amsterdam, una storia strana che finisce con te che giochi da solo con un gatto in una casa sconosciuta. E mi confidi che lì stai bene, tra coffe shop e tutto, ma qualcosa dentro di te spinge per farti tornare in Italia e non capisci se è autolesionismo o solidarietà. Ci raccontiamo delle reciproche denunce e mi fa sorridere che parliamo meglio adesso di quando, invece, giravamo assieme da ragazzini. Che, tra una cazzata e l'altra, son diciotto anni che non ci vediamo io e te.
Adesso porti i capelli corti perché, mi dici, concedono più agilità all'occorrenza. lo stesso motivo per cui io non porto mai i tacchi; non puoi sapere quando sarà necessario mettersi a correre.
E sono queste le cose che mi fanno male, questa nostra mente programmata per la sopravvivenza. che prima sopravvivi e tutto il resto viene dopo. E mi dà sicurezza ma mi lacera l'anima, perché abbiamo avuto davvero un'adolescenza di merda per diventare così.
Prima a poi riuscirò anche a scendere a patti col mio passato.
E tu, a chilometri, mi dici che il passato non si può cancellare ma si può fare in modo che conti sempre meno e che, finalmente, arrivi a contare un po' di più il presente.
E mi piacerebbe davvero tanto poterti credere.
E mi piacerebbe davvero che questa frase non avesse la forma di una promessa.
E le cose vanno sempre peggio. Questo paese è uno stillicidio mentale.
Essere italiano, oggi, è come avere una malattia autoimmune.
E dici che ci hanno dato tutti i mezzi una volta che non c'erano più scopi. Io credo che gli scopi ce li abbiano estirpati con violenza nel 2001 e che stiamo ancora tentando di riprenderci dalla botta.
E forse ho capito che voglio fare, ma costa troppo, e poi chissà che binario strano sta imboccando questa volta la mia vita.
stupendo anche questo...cavolo oggi ti stai superando...e ho detto tutto...mi piace davvero molto
grazie! 🙂 secondo me sei troppo buona, continuo a ripeterlo...
è vero...è stupendo....come tutto quello che scrivi...Vera!