REPLAY


Ti sei addormentata.

Ma il sorriso è lo stesso di prima che ti assopissi.
Abbiamo fatto l’amore, e poi abbiamo litigato. Non è la prima volta da quando ci conosciamo.
Da quando ci conosciamo?
Sei mesi? Sette?
E se ti dicessi che non mi ricordo più quando ci siamo conosciuti?
Ti arrabbieresti, lo so, e non mi parleresti almeno per un minuto; ma non ci riusciresti. Perché tu parli, e io ti ascolto, a bocca aperta e occhi chiusi; da quando ti conosco.

Era il 21 maggio. Le due e trentadue di notte. C'era la luna piena, faceva uno strano caldo e alla radio, suonavano una canzone di Fossati. E sai cosa ti dissi?
Non mi ricordo. Anzi sì… “Ti posso corteggiare?” ti dissi.
E tu, invece di scappare, invece di darmi del matto, sai cosa rispondesti?
Non mi ricordo. Anzi si! “Ti posso corteggiare prima io?” scrivesti. E io restai a fissare il monitor senza trovare le parole, e tu disegnasti una faccina buffa. Ricordi? Quella che manda un bacio con le labbra rosse rosse, e buffe buffe. La mia preferita, ma tu non lo potevi sapere. Non quella volta almeno…
“ Che faccia è mai questa” ti scrissi sotto la faccina con le labbra rosse rosse, buffe buffe fingendo di non averla mai vista prima. E tu, senza esitare, scrivesti: “Non fare il furbo, sai?”.
E fu quella la seconda volta che restai con un puntino blu che lampeggiava sul monitor senza parole almeno per un paio di secondi. Ma mi ripresi…

Buongiorno amore, che fai?”

Ti sei svegliata. O forse stai sognando. O soffri di sonnambulismo, o leggi nei miei pensieri anche quando dormi; ma questo lo devo ancora scoprire di te.


“Stavi pensando a me, vero? Ti leggo nei pensieri lo sai vero?” insisti.

Ecco.
Dovessi descriverti potrei farlo così: una parola che ruzzola, una frase intonata come il ritmo di un tango, un punto interrogativo che non serve mettere tanto sai che sarà una domanda, un paio di punti esclamativi dritti che sorridono, come le tue gambe dritte, lisce, lisce, lunghe, affusolate, emozionati…
Sei bella?
Non direi.
Sei bellissima!
Ed io sono uno stupido.

Allora amore mi dici a cosa pensi? O vuoi fare la battaglia con i cuscini, prima che ti leghi al letto e ti faccia parlare sotto tortura?”

Giocherellona.
Pudica.
Timida.
Un maschio in gonnella.
Senza palle. Anzi sì. Quelle le hai.

“Ti dico a cosa pensavo, però tu mi racconti cosa sognavi; sai che ridevi mentre dormivi?”
Lo so!”
“Lo sai?”
, lo so!”

Erano le quattro del mattino quella volta, e le dita cominciavano a farmi male; tenevo gli occhi aperti per miracolo quando scrivesti un numero di cellulare che lampeggiò sul monitor.

“Mi spieghi come cavolo fai a sapere sempre tutto, tu?”

Ti chiamai; la tua voce corse lungo il filo in equilibrio precario come un giocoliere che lotta con la gravità, e arrivò fino a me, leggera e volteggiante come una farfalla.
Poche parole, molti silenzi; per lo più ascoltasti. E fu l’unica volta quella, forse perché eri mezza addormentata, forse perché stanca, o forse perché volevi capire, studiarmi, farmi parlare, visto che ora, a trovare uno spiraglio nei tuoi discorsi è diventata un’impresa.

“So sempre tutto perché sono innamorata, e quando una donna è innamorata le cose le sente, le vede, anche di spalle, le annusa, le stringe al petto anche quando dorme per non farle fuggire, e nemmeno tu, amore mio, mezzo addormentato, bello e impossibile che cambi discorso come al solito per non dirmi in che faccende sei affaccendato. Confessa dai! a che pensavi? A me, a noi, a io e te, a noi tre?”
“Noi tre?”

Il primo incontro fu in una città bellissima della quale non ricordo neanche il nome, non la vedemmo mai, restammo in albergo per due giorni interi a parlare.
Sì, a parlare.
Perché non si può?
Parlammo di filosofia, di politica, di letteratura, di scrittura, di donne, di uomini, di amori vecchi che restano giovani, e di amori giovani che non invecchiano mai…
E poi?

“Hai detto noi tre?”
“Ho detto noi tre?”
“Sì, hai detto noi tre!”

Il primo bacio mi fece ricordare una panchina mano nella mano con un'idea, il secondo un’enigmistica, il terzo il sette verticale di un incastro perfetto, il quarto sapeva di dolce come la parola amore. E poi quel brivido lungo il collo, non era passione, almeno non quello solo.

“Ho detto tre!”

La stanza era la duecentoventidue la prima volta e tutte quelle dopo; la trasformammo in una casa, in un'alcova, in un rifugio, in un ristorante cinese, in una piscina, in una sauna finlandese, in un parco giochi, in un bar laggiù ai Caraibi lontano dai casini e dalle strade troppo consuete. La tua fantasia faceva impallidire la mia, ridevo quando mi dicevano che ne avevo da vendere. Si vede che l’hai comprata tutta tu. E poi dicesti, “mi farai innamorare…” restai zitto. Lo sai? Ora te lo posso dire… lo avevo pensato anch'io, e quella volta lì, non fu che una delle tante: tu pensavi allo stesso che pensavo io, e io dicevo lo stesso che dicevi tu, in una babele continua tra noi, dove nessuno finiva mai un discorso perché l’altro cominciava con la solita tiritera, “l’ho detto prima io, e tu sei un copione. No! Io, l'ho detto prima io, non tu…io, tu.”
E poi dicesti che ti sarebbe piaciuto con me. E fu così che mi venne fretta. Fretta di ritrovarti, di rivederti, di rincontrati, di ricongiungerti con quella parte di me che a un certo punto si perdeva e si ritrovava ogni volta quando c’eri, ma quando c’eri, accidenti a me, m’incazzavo perché non ti potevo pensare. Solo tu mi distraevi da te, tu con la tua bellezza di dentro e fuori, in un equilibrio perfetto sempre mutevole…
Ebbene hai detto tre!
E ora so che volevi dire tre! E sono felice che lo hai detto, e mai ti confesserò quante volte l’ho pensato, mai quante volte ho sperato che accadesse, senza mai chiedere per timore di troppo amore, perché il troppo amore a me mi fa paura, perché a me mi ha sempre fatto paura, perché a me mi ha sempre fatto scappare. E invece questa volta a me mi fa restare. E a me mi fa vivere con te. Io e te, con me. E poi così, ora noi tre…
Noi tre.
Io tu e… quel che vuoi anche tu.
E al solo al pensiero che avrà i tuoi occhi, i tuoi lineamenti, la tua fossetta buffa, la faccetta buffa e rosa, rossa e buffa, buffa da pizzicottare, come la tua…

“A che pensi amore?”
“A te. Anzi, a me, anzi no a noi tre!”


Penna Libera
Penna Libera
Il marinaio spiegò le vele al vento... ma il vento non capì.

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5 Commenti

  1. Penna Libera mi sono commossa... forse perché in qualche modo ho ripensato a quando pensavo con il mio amore di divenire da due Tre... e poi quattro...
    Benvenuto di tutto cuore...

  2. Di una tenerezza infinita. Splendido.

  3. Una pagina bellissima che diffonde la dolcezza
    dell'Amore con la A maiuscola.
    E poi le parole, che sono melodia:

    "Dovessi descri­verti potrei farlo così: una parola che ruz­zola, una frase into­nata come il ritmo di un tango, un punto inter­ro­ga­tivo che non serve met­tere tanto sai che sarà una domanda"

  4. bellissimo :))


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