Ritornano le tigri della Malesia: Sandokan vs Moriarty

Recensioni Vito Tripi

di Vito Tripi


Ci sono figure che rimangono impresse nel nostro immaginario collettivo. Eroi che ci accompagnano nella nostra crescita. Uno di essi è l’avventuriero salgariano Sandokan soprannominato la Tigre della Malesia o la Tigre di Mompracen. Personaggio immortalato dagli occhi magnetici di un giovanissimo Kabir Bedi, supportato da un altrettanto giovane e atletico Philippe Leroy nei panni di Yanez de Gomera, e assieme lottavano contro le mire espansionistiche di James Brooks – Adolfo Celi. La Tigre di Mompracen rappresenta lo spirito nazionalistico-patriottico, da noi irredentismo, in chiave anti-inglese (oggi sarebbe anti-americana), intriso di avventura e sentimento. Oggi figure come queste mancano specie per le nuove generazioni che sono intontite con Twilight, Pokemon e Tokio Hotel.

Pertanto l’interessante pastiche di Paco Ignacio Taibo II, scrittore spagnolo naturalizzato messicano, e ideatore dell’investigatore Héctor Belascoarán Shayne, dal titolo Ritornano le tigri della Malesia (più antimperialiste che mai) edito dalla Tropea per la Fuorionda Iperfiction, ha suscitato tutto il mio interesse. Siamo di fronte ad un seguito ideale della saga salgariana con un tocco di crossover in salsa spionistica.

La data in cui si svolge la nostra storia non è importante, sappiamo che le due Tigri sono sulla sessantina, e che Yanez è vedovo ed ha un figliolo bello grande che studia all’estero. I nostri anziché godersi una pensione in qualche atollo all’ombra delle palme sono richiamati alle armi in maniera quanto mai cruenta. Qualcuno vuole la loro testa e comincia eliminando le persone a loro care: Dakao, a cui massacrano anche la famiglia, Tremal-Naik, che viene avvelenato, e Kammamuri sequestrato e tenuto sotto tortura. Le Tigri iniziano lentamente a riformarsi, ma si rendono subito conto di combattere contro un avversario spietato, organizzato e quanto mai geniale. Le testimonianze parlano di uomini con maschere d’argento avvolti da una nebbia verde che uccide e da una muta di cani infernali. Unico indizio un tatuaggio che portano i membri di questa organizzazione: una bara con dentro un serpente, da qui il nome Clan del Serpente.


Sandokan e Yanez ripercorreranno le vecchie tratte di un tempo, incontreranno vecchi amici, e nuovi come la comunarda parigina Adele, l’avventuriero tedesco soprannominato Old Shatterhand e il pigmeo Pinga. Taibo II si diverte ad inserire anche componenti nuove e originali alla storia come un’intervista fatta da Kipling alle Tigri, una lettera a firma di Engels a Yanez, nonché una citazione del grande successo di Ray Bradbury L’uomo illustrato, incarnato in un selvaggio dayako. Come accennavo questo libro è un crossover letterario, qualcuno direbbe una sorta di contaminatio, visto che a capo della cospirazione capitalista c’è un villain letterario a me molto caro, pertanto mi trovo di fronte ad un conflitto d’interessi, ossia il Prof. James Moriarty, arcinemesi del pomposo inquilino di Baker Street, indegnamente trattato dalla pubblicistica manichea di Sir Conan Doyle, definito il “Napoleone del Crimine” e “l’Uomo più pericoloso di Londra”.


Ma anche Taibo II ne tratta un quadro quanto mai ingiusto che mi permetto di confutare: in primis Moriarty non era solo Dottore ma un esimio docente di matematica; in secondo luogo non fu mai accusato di pedofilia o sodomia, questo se mai fu una deviazione, oltre alla tossicodipendenza, di Holmes (il morboso rapporto di questi col suo “animale domestico” il fido Dott. Watson è tutto da definire) oltretutto Moriarty è sempre risultato un uomo al quanto morigerato strano a dirsi; in ultimo non pubblicò mai un osceno libello sulla zoofilia ma se mai un illuminante tomo di astronomia dal titolo Le dinamiche di un asteroide.

Tolta questa mia arringa difensiva del buon Professore, Ritornano le tigri della Malesia, è un lavoro interessante, divertente, alle volte dissacrante e irriverente, come il giudizio di Sandokan sul popolo inglese definito anche “dalla verga piccola” (condivido). Gli scambi di battute tra Yanez e Sandokan sono epici c’è un’ottima alternanza tra le scene di lotta e i momenti ironici. Molto dettagliati gli scontri in mare, probabilmente avrà influito il passato familiare dell’autore, visto che suo nonno aveva trasformato un peschereccio in una nave da combattimento durante la Guerra Civile Spagnola, prima di venire rovinosamente abbattuta dalle truppe nazionaliste. A conti fatti abbiamo un buon romanzo d’avventura, non solo per ragazzi, alla vecchia maniera.


Aggiungo anche una mia ultima considerazione su quanto scritto dall’autore nella sua introduzione:

 

(Salgari) fu vittima di un tentativo di sequestro da parte della retorica mussoliniana che cercò di impossessarsi dello scrittore e dei suoi personaggi. Assurdo: cosa avrebbero fatto le Tigri o gli eroi filippini o il Corsaro Nero di fronte ai deliri imperiali di Mussolini? Da che parte sarebbero stati gli eroi salgariani nella guerra coloniale in Abissinia?

 

Qui faccio parlare lo storico che è in me, sfruttando una laurea in Storia Contemporanea con specifica nei fascismi allogeni, smentendo queste tesi. Intanto Mussolini apprezzò e diffuse anche gli scritti di Jack London; poi faccio parlare un esimio giornalista e studioso, con qualche anno in più d’esperienza del sottoscritto, il Dott. Gianfranco de Turris, che in riferimento ad uno scritto del Salgari Le meraviglie del Duemila così scrive:

 

E così, ne Le meraviglie del duemila Salgari immagina una sorta di “Grande Italia” che ha riconquistato tutti i territori che erano stati geograficamente, storicamente o anche linguisticamente suoi: l’Italia nel 2003 è “la più potente delle nazioni latine” essendo rientrata in possesso non solo del Trentino e dell’Istria ex austriaci, ma anche della Dalmazia ex veneta, di Nizza ex savoiarda, della Corsica ex genovese e di Malta. Altro che ”Italietta” giolittiana: questa Italia del futuro ha concretizzato le rivendicazioni che poi saranno proprie del fascismo![1]

 

Di norma non amo trovare una connotazione politica ai personaggi, è come trovare un senso sociologico a Pippo, Pluto e Paperino ma visto che Taibo II si domanda come si sarebbero schierati Sandokan &Co da storico gli rispondo: probabilmente avrebbero indossato la camicia nera, fosse anche solo per la virulenta politica anti-inglese del Regime. Ma forse l’autore disconosce alcuni nomi e fatti che ora illustro: il Prof. Carlo Arturo Enderle, chiamato anche Ali Ibn Jafar, nato a Roma da genitori rumeni e musulmani, divenne libero docente di Psichiatria all’Università di Roma, consulente neurologo dell’Opera Nazionale Balilla, e lavorò segretamente per la propaganda fascista con gli esponenti del nazionalismo arabo e del mondo islamico. Giuseppe Tucci, il più grande esploratore italiano dell'Asia e portavoce del Duce in Giappone, o Pio Filippani Ronconi grande orientalista e spiritualista. Mussolini aveva soprannominato, per il suo temperamento impulsivo e combattivo, la sua figlia prediletta Edda proprio “Sandokan”.

Inoltre Taibo II ignora uomini come il patriota indiano Subhas Chandra Bose, oggi riscoperto ed oggetto di culto in
India, che ammirava Mussolini e fu da lui sostenuto nella lotta  per l’indipendenza. Il Fascismo sostenne buona parte dei movimenti indipendentisti di mezzo mondo: corsi, nizzardi, macedoni, irlandesi, croati, siriani, irakeni, palestinesi (tranne un breve periodo di filo sionismo), e cinesi. Roma fu la terza capitale europea, dopo Parigi e Londra, ad ospitare le più numerose comunità di esuli russi e armeni. Un sikh, che faceva il commerciante a Napoli, fu tesserato PNF e militante dei Comitati d’Azione per l’Universalità di Roma (CAUR)[2]. In Perù e in Australia nacquero gruppo falangisti, ispirati al modello spagnolo ma sovvenzionate dalle lire italiane, formate da amerindi e aborigeni che inneggiavano a Mussolini.


In ultimo riguardo alla guerra in Abissinia: nonostante una certa storiografia deviazionista, che ha sempre demolito le nostre scelte coloniali, che non erano però scevre di errori e di orrori, è ormai risaputo che il governo del Negus era oscurantista e reazionario tant’è che la prima legge fatta approvare dagli italiani fu l’abolizione della schiavitù. Ah per par condicio se il Prof Moriarty fosse nato in Italia sarebbe stato un potentissimo e intoccabile Cardinale di Santa Romana Chiesa, in odore di Santità e forse anche papabile, se fosse nato in URSS sarebbe stato il Ministro Compagno Moriartovsky.

 


[1] Tratto da Liberal 15 (dicembre 2002-gennaio 2003), pp. 158-165. Consultabile al link //www.centrostudilaruna.it/salgariduemila.html

[2] I Comitati furono un'organizzazione politica avente lo scopo di coltivare l'unione fra tutti i partiti fascisti presenti nel mondo, sul modello del sovietico Komintern. Vennero costituiti nel luglio 1933 da Mussolini, su ispirazione di Asvero Gravelli, e affidati poi alla presidenza di Coselschi.

Vito Tripi
Vito Tripi
Vito Tripi collabora con l’Agenzia Stampa Deigma Comunicazioni specializzata in uffici stampa culturali, religiosi, sociali e tecnico-scentifici, con le Riviste “Charta Minuta” e “Storia del ‘900” “L’idea il giornale di pensiero” Dal settembre 2007 è opinionista cinematografico per l’emittente TeleVita nel programma “Lungometraggio” Ha curato la Rubrica Cinema e Libri per il periodico on-line www.nannimagazine.it Cura la Rubrica d’arte “Gallerie Romane” per la radio Vaticana nel programma “Attualità della Chiesa di Roma” Cura la Rubrica Arte&Libri per il mensile “Il Giornale del Lazio” Curatore della manifestazione letteraria “Genius Loci” presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Verga

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