Rivorrei indietro la mano di mio nonno, i capelli di quando ero bambina, la luce negli occhi, la certezza che alla fine andrà tutto bene. Rivorrei indietro gli amici, quelli dell’adolescenza, quelli che ogni cosa si faceva insieme e uno per tutti, tutti per uno. Quelli che ci si conosceva bene e bastava uno sguardo per ridere e piangere insieme. Rivorrei indietro l’incoscienza di salire su quella giostra al luna park che ti metteva a testa in giù. Il luneur. Rivorrei indietro la casa al mare di mia nonna e la bicicletta rosa con il cestino.

Rivorrei indietro il passerotto che è morto perché gli davo da mangiare il latte con i biscotti. E Trosky, il gatto della casa in montagna che vedeva con me Dallas sul divano facendo le fusa. Rivorrei indietro quel Natale pieno di gente con un albero alto fino al soffitto e un milione di regali da scartare.

Rivorrei indietro il giorno di quell’addio per poter dare un abbraccio più forte. Tutti i libri che ho perso negli innumerevoli traslochi, l’orso gigante di peluche che divideva con me il letto quando avevo paura del buio. La cassapanca che mi regalò mio zio.

Rivorrei indietro il tempo perso, i miei vent’anni, se li avessi adesso prenderei il primo aereo e me andrei all’estero per restarci.

Forse tornerei anche, ma almeno ci avrei provato.

Rivorrei indietro la casa dove sono nata, il lungo corridoio, i vecchi mobili, la carta da parati, tutto, anche la crepa sul soffitto.

Rivorrei indietro il primo stipendio, quel lavoro che credevo mi piacesse tanto.

Il mio maestro di danza, la mia insegnante di yoga.

Rivorrei indietro il profumo di mia madre sul suo cuscino, quello che annusavo la sera prima di addormentarmi aspettando che anche lei venisse a letto.

Tutte le musicassette comprate alla  standa e quel lucidalabbra trasparente che non si trova più da nessuna parte.

Il disco di Madonna che se lo aprivi riempiva di profumo tutta la stanza. Il mio stereo che si accendeva da solo.

La finestra del salone da cui guardavo la piazza. L’aria calda dell’estate sul mio balcone in cucina.

Rivorrei indietro la 126 rossa con cui ho imparato a guidare. Rivorrei indietro il vecchietto che lavorava in quella libreria dove comprai il primo mazzo di tarocchi.

Rivorrei indietro quell’amico che ho perso con cui non facevamo che ridere sempre e mi faceva dimenticare tutti i miei problemi, le nostre scenette al supermercato, le nostre pazzie.

E anche quell’altro, quello con cui passavamo tutta la notte in macchina a guidare con il finestrino aperto, perdendoci regolarmente per Roma e cantando a squarciagola tutte le canzoni di Baglioni.

Rivorrei quei jeans che mi stavano così bene…

Rivorrei indietro quel quadro del Che che era appeso nella camera da letto dei miei. E il manifesto di De Gregori, quello in bianco e nero che sembrava un fumetto.

Tutti i miei Dylan Dog.

Rivorrei indietro le vacanze in campagna, il padre della mia migliore amica, le vacanze in Umbria, quelle in Calabria, quelle a Rimini, quelle in Puglia.

Rivorrei indietro il mio zaino dell’invicta con tutte le scritte sopra. Rivorrei indietro il supermarket che avevo sotto casa, tutti quelli ci lavoravano e che mi hanno visto crescere.

Rivorrei indietro il mio negozio, quello aperto con tanti sacrifici, che era mio, e non mi pesava nemmeno alzarmi la mattina per andare a lavorarci.

Rivorrei indietro il mare da maggio a settembre. Il mio cespuglio di margherite e quello di rosmarino.

Il caffè ogni mattina con la mia amica siciliana.

Rivorrei indietro i miei pattini bianchi. La borsa di paglia. La collezione di gomme profumate. La mia vecchia macchina da scrivere. Le scarpette di danza classica rosa.

La maestra delle elementari.

Rivorrei indietro il trenino che ebbi in regalo quando promisi di non mettere più il ciuccio. L’aeroplano giocattolo che tenevo sopra l’armadio. Il mio canarino.

Rivorrei indietro quel sogno che credevo mi bastasse sognare.

E vorrei avere il potere di conservare tutte le cose che ho oggi e che inevitabilmente perderò e rivorrò indietro domani.

O forse vorrei solo un motivo, per alzarmi, domani.

Karen Lojelo


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Karen Lojelo
Karen Lojelo
Karen Lojelo, nasce a Roma il 25 giugno del 1976. Ha pubblicato 'L’amore che non c'è' romanzo 2008), la raccolta di poesie 'Binario 8' e 'l'ebbrezza del disincanto' (romanzo 2012). Nel 2013 è andato in scena uno spettacolo teatrale scritto da lei: Riflessi con la regia di Virginia Pavoncello. Nel 2018 è uscito il romanzo 'Non ti scordar di te' edito da Viola editricee vincitore del premio speciale della giuria al concorso internazionale Montefiore, subito dopo 'Margherita' una raccolta sui generis di racconti e monologhi su questo personaggio immaginario e dedicata alla sensibilità femminile. A novembre 2018 viene pubblicata una nuova edizione indipendente rivisitata e corretta di 'Binario 8', poesie strettamente collegate con i racconti di 'Margherita'. A breve è prevista anche l'uscita di un'antologia di racconti da lei curata con la partecipazione di altri scrittori tra cui nuovi autori e nomi noti. Gestisce un sito multi autore che promuove la scrittura e l’arte in tutte le sue forme //www.wordshelter.it/ Il suo sito personale //www.karenlojelo.it/

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4 Commenti

  1. grazie a te, una costante che è rimasta sempre anche nell'incostanza della vita


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