Ho le labbra indolenzite. Tu te ne stai distesa sopra di me con la testa appoggiata nell'incavo del collo e mi aderisci come se non ti potessi più staccare.

E taci.

Le mie dita ti accarezzano le spalle; ti guardo: hai il collo arrossato, a tratti respiri a bocconi. Ti accorgi del mio sguardo, alzi la testa e sorridi.

 

«Sono stata bene,» dici.

 

Ti stringo fino a farti sparire. Sei soda, alta, magra, hai la pelle che fa rabbrividire, la voce sembra una sinfonia, ed io sento dentro lo stesso languore di prima di aver fatto l'amore. Sai di vaniglia; il tuo seno di miele, e sento le parole salire alle labbra quasi da sole.

 

«Anch'io» rispondo.

 

Che stupido, tra le mille che potevo pronunciare, ho scelto le più banali.

 

 

Ti sto guardando anch'io, mio dolce uomo attento. Non con i tuoi occhi ma i miei; li tengo chiusi mentre stringo la voglia di farmi coccolare e di sentirmi bambina. Lo sai mio bel testone? Sei rassicurante. Appassionante. Protettivo. Ma questo non lo sai! Come tutti gli uomini non sai guardare e non puoi gustare il piacere che sai darmi, anche ad occhi chiusi. Mi hai tenuta stretta per ore, assapora lentamente, a tratti centellinata, e io mi sono sentita una primizia. Poi mi hai travolta come un fiume in piena. Mi fai sentire desiderata, il tuo sguardo mi entra dentro e mi fa sentire bella. E' la prima volta con te, ma mi scateni una voglia che è fuoco e vorrei già ricominciare. Ti guardo senza parlare e penso ai messaggi che mi hanno portato fin qui, e sento nella pancia lo stesso languore di allora.

 

 

 «Beatrice...»

 

Pronuncio il tuo nome e mi sorprendo di come centellino ogni sillaba. Ti sento pronunciare il mio e mi scavi un buco dentro, come se ci fossimo scambiati una promessa d'amore.

 

«Giulio!»

 

E' la terza volta che pronunci il mio nome da quando ci conosciamo; dobbiamo ancora impararci a memoria, come i nostri corpi nudi che si sono scelti senza conoscersi.

Inseguo con le dita le tue curve, i fianchi, accarezzo l'onda dei tuoi capelli neri e scendo fino al sedere; e mentre ti tocco, ti sento già vibrare, e dalle labbra ti sfugge un sospiro. Sei morbida, accogliente, rispondi a ogni approccio,  ogni bacio è una promessa, un gioco, un bisbiglio d'amore.

 

«Parlami!» dici con un sospiro.

«Stringimi» aggiungi per rafforzare quel bisogno di cogliere ogni mia reazione. Ti volti pancia sotto, abbracci il mio cuscino, io inseguo il tuo movimento per imprimermi nella mente il tuo profilo: il collo alla Modigliani, il sedere alto e sodo, le gambe affusolate, le curve dei tuoi fianchi. Ti bacio sulle spalle, la schiena, e la lingua indugia in carezze che ti sfiorano la pelle e  ti fanno rabbrividire.

 

Non sei il solito uomo neanche dopo aver fatto l'amore, tu non te ne stai da solo a fumare una sigaretta né a vantarti della durata della tua erezione. Ti perdi nei dettagli, leggi i segni del corpo, cogli ogni sfumatura e mi sai anticipare, gustare senza paura di tacere. Sei un uomo al femminile? Sei così con tutte le donne o fai così solo con me? Ho i capezzoli indolenziti, le labbra livide di baci, un bruciore tra le gambe, ma ho la stessa voglia di quando sei vorace; mi struscio sul tuo petto e ti sussurro - mi piaci -. Adesso, ora, qui, anche dopo averti amato. E prima di far svanire il calore del tuo corpo sotto le lenzuola, ti sussurro parole mai dette a un uomo appena conosciuto. E' merito del tuo orecchio allenato se sei così attento e per questo percepisci ogni mio più piccolo desiderio?

 

«Ahi! Mi fai male»

 

Mi sfugge un gridolino, e nascondo l'orecchio che stai mordendo sotto la spalla, e resto ad osservare il tuo volto pieno di stupore che mi fa sorridere. Ti preoccupi per me mio grande uomo? Eppure mi mordi ancora, non smetti, non ti limiti, ma senza mai superare il confine tra il dolore e il piacere che sai dare.

 

 

Ho imparato a diffidare delle mie sensazioni prima di ogni erezione. Il prima non conta mai. Non contano le frasi appassionate, le prime telefonate, le e-mail spesso infuocate. Con te devo imparare a trattenere, anche se avrei molto da dire, anche se le parole mi potrebbero sfuggire. Se mi lasciassi andare, mi troveresti banale, forse un mentitore, oppure finiresti col pensare di avermi già conquistato. Cerco una distrazione. Ripasso le dita sui tuoi fianchi, sulla schiena, cerco il calore di un residuo piacere. Ti stringo. Calda, vogliosa, appassionata. Tra poco dovremo andare, ma non ho nessuna voglia di infilarmi nei vestiti. Trattengo il respiro e ti bacio a occhi chiusi, stringo il tuo sapore tra le labbra, mentre il bip bip del mio cellulare mi fa sobbalzare. Quel rumore strafottente risuona nella stanza come un mortaretto lanciato a tradimento da un bambino.

 

«Mi vuoi ancora?» chiedi.

 

Non devi aver sentito l’unica nota stonata arrivata a tradimento in un gioco a due per trasformarlo a tre.

 

«Ti voglio ancora!» rispondo senza esitare.

 

Ti ho voluta la prima volta in quel locale a cena. Ci siamo conosciuti e con uno sguardo giurati amore. Ma sbagliavo ad aver fretta e ad assecondare il mio bisogno continuo di accelerare. – Amore travolgente. Amore che non si spegne! - avevi detto, - altrimenti niente. - E mentre mi spiegavi i dettagli della tua giornata, io ti spiavo oltre il vestito stretto che svelava un corpo sodo che lanciava segnali attraverso le tue labbra carnose. Ricordo il tuo profumo, lo stesso che hai messo anche oggi; mi accelerava i battiti del cuore mentre parlavi, ed io ti guardavo gustando i movimenti delle mani e la lentezza dell'attesa di darti il primo bacio.

 

 

Sei una delusione! Uomo diverso dagli altri che fa del cellulare la sua arma letale. Chi ti ha cercato con quel messaggio? Quante donne hanno ricevuto le stese parole appassionate come  me? E quante sono rimaste imbambolate da fasulle parole d'amore? Stupida io. Stupida e idiota. Stupida a esserci caduta, Sciocca e superficiale a pensarti l'uomo atteso, l'ipersensibile uomo del

destino, l’uomo che mi avrebbe rubato al quotidiano. E allora vai al diavolo uomo del futuro, meglio mio marito, onesto, innocuo e capace di apprezzare la fatica di ogni giorno e continuare ad amare la stessa donna ogni mattina senza trucco e fondotinta.

 

 

 

«Pranziamo insieme?» ti domandai dopo due ore di parole. Non riuscivo a distogliere gli occhi dalla linea che s'intravedeva appena dalla tua leggera scollatura. Ti ho desiderata allora, nel mio studio, e se non per la segretaria, il luogo inusuale, il tempo troppo breve, ti avrei presa sulla scrivania. «Hai un bellissimo accento!» ti dissi cogliendo un fremito sulle labbra rosso cardinale. «Sono nata al Nord» rispondesti come per chiarire qualcosa. «Che coincidenza!» dissi io. «Mi sento anch'io di lì.» Parlammo di te, di me, dei giorni alla scuola di Caprera, di vela, di te impegnata nel sociale. E quando ti chiesi il numero di cellulare, mi rispondesti: «Sono sposata!» come per alzare un muro di carta velina che io avrei dovuto sgretolare.

E adesso sono qui nella mia postazione d'innamorato a far da sponda alla tua voglia di sesso con amore. Ci siamo incontrati senza accettare la flemma di un fuoco lieve o la monotonia di un quotidiano che impone la fretta di un panino o lo spreco di un buon bicchiere di vino bevuto in un sorso solo. Noi cerchiamo il fuoco che non svanisce dopo quattro ore di sesso o lo stupido bip bip di un cellulare che, accidenti a lui, insiste anche ora solo per farmi dannare.

 

«Hai un altro messaggio!» dici sollevando la schiena mentre ti accendi una sigaretta e ti sfugge un sospiro; negli occhi è sceso un velo, sono sparite tutte le stelline di due minuti prima.

 

«La solita notifica dell'i-phone» dico tagliando corto.

 

Sei bella, intelligente, intrigante. Mi sporgo oltre il tuo corpo nudo fino a raggiungere i due bicchieri sul comodino per passartene uno. Forse con un sorso di vino, e due morsi dati a qualcosa che hai portato, riporteranno la stessa armonia di prima. «Non abbiamo tempo per cenare» avevi detto al telefono. «Mangeremo a letto» avevi aggiunto accettando l'invito.

 

 

 

«Sei stanco? Ci rivestiamo?» dici con tono spazientito, la voce ora è sottile, la testa sollevata, le braccia strette intorno a te sola.

 

«Stanco io? Come potrei esserlo con te?» azzardo cercando di dare il tono giusto alle parole, ma è tutto inutile. Tu sei già fuori dal letto.

 

«Scusami, ma mi ero distratto a guardare il tuo corpo nudo!» dico a capo chino...

 

«Ah si! Allora non eri distratto dal cellulare?»

 

Non replico neppure, tanto sarebbe inutile. Il terzo bip bip è fragoroso più di un ceffone preso in pieno viso.

 

«C'è un po' di musica?» chiedi.

 

«Ci guardo» rispondo volando fuori dal letto e pensando che a questo punto ci vorrebbero i violini, gli archi o una canzone nostra, una per ogni orgasmo. Un inno all’amore o una fanfara in aiuto.

 

«Come si accende lo stereo?»

 

Parlo scalzo e tremendamente nudo, inutilmente nudo, girando per la stanza in cerca di uno slip che non trovo, e avverto il primo imbarazzo con te, guardo il coso che non cosa, e quel flaccido languore nella pancia imbarazzante e inutile, e me ne torno a letto sotto le coperte un attimo prima dell'ultimo fragoroso bip bip, del quarto sms.

 

Penna Libera
Penna Libera
Il marinaio spiegò le vele al vento... ma il vento non capì.

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7 Commenti

  1. Bello, mi è piaciuto.
    Mi è piaciuto soprattutto l'arco che hai creato per questa storia , d'amore o di sesso che sia. Già perchè a volte la differenza tra le due È sottile, è legata a momenti, coincidenze o semplici supposizioni, fantasie. Come apppunto per i due protagonisti..
    Reale 🙂

  2. Avevi voglia di scrivere un racconto mi pare ... ci sei riuscito 🙂

  3. Letto d'un fiato. Davvero un raconto emozionante, con sorriso finale.

  4. davvero bello leggerti. Sai spaziare davvero e questo fa di te un autore a tutto tondo... e sì, anche a me è scappato un sorriso alla fine...

  5. C'è il momento della passione, il languore che si intreccia alla dolcezza, il ripetersi di gesti che appartengono a momenti già vissuti, e quindi la disillusione della realtà che inghiotte lo stravolgimento dei sensi in un sol boccone. E anche se, in fondo, tutte le storie che parlano di passioni si assomigliano, anche se tutte hanno un comune dominatore come le fiabe, in questo racconto il tocco dell'autore fa la differenza.
    I due amanti duettano: prima cinguettano e poi sibilano; prima si offrono, si cercano, si divorano, e poi si sfuggono vergognosi e imbarazzati. La sincronia del sentire li fa paradossalmente uguali e contrapposti allo stesso tempo.
    Mi è piaciuto tanto.

  6. Diversamente da quello che scrivi, cara maric, ritengo questo un pessimo esempio di scrittura. Anzi devo dire che più lo rileggo e meno mi piace. Sono decisamente fuori esercizio. Devo scrivere di più ed avere meno vincoli mentali. Riesco a scrivere cose decenti solo se frego il mio controllore mentale. Qui non ci sono riuscito. Comunque sia, grazie a tutti per la comprensione e la paziente lettura.


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