Statale 15 — Fanculo le paranoie

La statale 15 è una linea retta che unisce Hollywood a Las Vegas, tagliando in due un incandescente deserto.
Per raggiungere Sin City abbiamo noleggiato una Hammer, un H3 di colore rigorosamente bianco.
La balistica dei raggi del sole molto presto colpirà ogni molecola della carrozzeria e renderà incandescente ogni cosa, ma il bianco credo possa attenuare il fenomeno.
Questo mio paradossale interessamento alla fisica dell'irraggiamento solare mi riporta per un istante sui banchi del liceo.

"Emy, ma tu come andavi a scuola?"
"Col motorino..."
"Nel senso. Come andavi in fisica?"
"Fisica? A Marcucci, io ho fatto il classico"
"E che materie studiavate al classico?"
"Nientologia, tuttologia, magia nera... Un classico insomma"
"Ahh Maini!"
"...è"
"Ma vattela un po' a pià 'nder culo!"
"Ah ah ah!"
"Guido io?"
"Vai Marcucci, divora l'asfalto."

Trascorrono circa due ore. Si scherza ricordando i tempi della scuola, le storiche amicizie, la spensieratezza di una generazione che non sapeva ben coniugare il verbo dovere, se non al futuro.
La vita di allora è schizzata via con tutta la giovinezza possibile, ed in certi suoi momenti, è stata meravigliosamente mediocre. Un po' come la nostra preparazione sulle materie tecniche.

La prima fermata è Barstow. Quasi a metà strada tra Los Angeles e Las Vegas, a circa 190 km dal nostro punto di partenza.
Una città famosa perchè situata vicino ad alla ghost-town di Calico ed al Route 66 Museum.
Oltre a questo solo due outlet. Il Barstow Tanger ed il The Barstow Outlets giusto dall'altra parte della strada.

A noi più che altro interessa il bar, ho un collo di struzzo infilato nello stomaco e se non mangio qualcosa rischio di trasformarmi in uno di quei personaggi dei film di "Romero".
Negli Stati Uniti l'hamburger è il Camogli delle autostrade americane. Puoi mangiare solo ed unicamente quello e scegliere da chi farlo. Vuoi Mc Donalds? Wendy? Jack in the box? Burgrer King? Il menù è sempre lo stesso. Hamburger.
Cotto, stracotto, quadrato o rotondo, sempre dello stesso piatto si tratta. Emiliano ne è entusiata, ma sento che alla lunga questa cosa finirà col pesare spietatamente sulla nostra dieta.

Sazi di schifezze, e dopo qualche opportuno gallone di benzina, siamo di nuovo al cancelletto di partenza.
Sarà il contrasto con la cocacola ghiacciata, ma ho come l'impressione che sotto questo sole non si possa davvero rimanere a lungo. Sul cofano bianco dell'Hammer si potrebbero cucinare addirittura un paio di uova.
Non si può toccare nulla, non si può nemmeno guardare nulla, gli occhi bruciano e le palpebre tendono a serrarsi per proteggere le pupille.
Avrei bisogno di un paio di dannatissimi occhiali da sole, qualcosa che mi aiuti a percepire la realtà nel suo stato di fatto.

"Guarda quel tipo Emy! Sembra Michael Jackson che fa l’autostop!"
"Marcucci, ma che te c'hanno messo nella cocacola?"

Sorrido alle battute del mio migliore amico, ma intanto gioco con la linea sfumata dell'orizzonte. Scambio le sagome dei tir per grattacieli, mi preparo a nuovi miraggi ed allucinazioni. Tutte deformazioni di una realtà che nel deserto resta reale solo per la sua crudeltà.

Sono appena passate le 14, e registriamo la temperatura massima del giorno, 44 gradi. È ancora deserto.
A quest'ora il sole è così forte da bruciare le tre dimensioni. Altezza, lunghezza e profondità, senza ombra non esistono più.
La statale fila dritta davanti a noi per centinaia di km, ma sfuma dopo solo qualche metro in un miraggio costante, mentre un riflesso giallo ocra divora l’orizzonte limitando la vista, confondendo la direzione.
Per fortuna c'è solo una meta possibile, un'unica strada da percorrere verso est ed il climatizzatore pare funzioni alla perfezione.

Un pensiero arriva però a contagiare il mio apparente stato di tranquillità.
E se rimanessimo in panne?
E se non dovesse passare nessuno?
Niente telefonini.
Nessuna colonnina dell'sos.
Non rimarrebbe che spostarsi a piedi verso l'unica via di fuga. Un rifugio nero pece chiamato ombra. Un cono che è sparito assottigliandosi man mano che il sole, senza pietà, saliva dritto sulle nostre teste a rubare centimetri, a lasciare paure, a sfiancare.
Già immagino la scena. A piedi, da soli, in cerca delle uniche due cose da fare per restare vivi. Sostare all'ombra e bere.

"Marcucci, che ti sei incantato?"
"No no, riflettevo"
"Su cosa?"
"Niente Emy, piccole paranoie. Solo piccole paranoie."
"Gianlu, lasciamole a casa le paranoie. Pensa che questo è il viaggio che abbiamo sognato tutta una vita, ed ora siamo qui. Fanculo le paranoie."
"Si. È vero. Fanculo le paranoie. Sentiamo se questo stereo funziona."

to be continued.....

Gianluca Marcucci
Gianluca Marcucci
L'anno di nascita è un enigma: Il numero degli sbarcati con Garibaldi, moltiplicato i figli della Lojelo, sottratti gli apostoli, moltiplicato il modello della fiat più venduto nella storia, sottratta la maggiore età, per il numero dei moschettieri, diviso i punti cardinali. Romano di nascita, piemontese di adozione, imprenditore per passione, giornalista per definizione e scrittore per gioco. Dicono che sia un professionista del poker, ma la mia vittoria piu' grande è alta circa un metro, fa qualche capriccio e quando sorride mi trasforma in Peter Pan... //poker.sportmediaset.it/wpmu/

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3 Commenti

  1. "A quest’ora il sole è così forte da bru­ciare le tre dimen­sioni. Altezza, lun­ghezza e pro­fon­dità, senza ombra non esi­stono più." Un'immagine splendida! Compliments 😉


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