Il silenzio era quello irreale che si percepisce dopo un'esplosione, un botto, una caduta, una battuta sarcastica sfuggita al controllo. Mia sorella stava accovacciata con le gambe al petto, in un angolo del divano di stoffa blu. Mi guardava, taceva e con una manina si torturava la bocca, quasi fosse colpa sua.

Sul tavolo la tovaglia del pranzo appallottolata e a terra un piatto rovesciato con a fianco i resti  di un pasto a base di pasta al sugo di pomodoro. Le dissi di non alzarsi dal sofà per evitare  di tagliarsi e cominciai  a raccogliere in un sacchetto di nylon i cocci di un bicchiere. Avevo chiuso la porta della cucina, ma lo stesso dall'altra stanza arrivava il suono debole di un pianto a singhiozzi. Recuperai il telecomando e alzai il volume della tv per coprirlo.

Fuori doveva fare proprio freddo, lo era anche il pavimento. Il vapore saliva ancora da una pentola e aveva appannato i vetri della finestra. Su uno di questi riaffiorava un cuoricino che mia sorella aveva disegnato su con un dito tempo prima. Raccolti i cocchi avvicinai una sedia al lavello, mi ci misi su in ginocchio e cominciai a lavare i piatti, maldestra come solo una bimba che gioca alla mamma sa fare.

Sapone. Tanto sapone su tutto. Schiuma, bolle. E già quel profumo di pulito sembrava aver sistemato un po’ le cose. Dalla tv la sigla di inizio di un programma a quiz, di quelle che ti rimangono in testa per giorni, faceva un gran chiasso. La piccola ora guardava lo schermo. Lei era il mio termostato, se la vedevo più tranquilla potevo esserlo anch'io.

Il suono del citofono restituì al cuore un battito diverso. Mia sorella fece per alzarsi con le sue gambine paffute e frementi. La fermai facendole un cenno col capo, e lei si arrestò subito. Asciugai le mani in un canovaccio con su stampata la cartina della Sicilia, con i vari capoluoghi e il disegnino stilizzato dei monumenti da visitare.

Ricevitore all'orecchio: "Sono tornato solo per avvisarvi di non aspettarmi per cena. Devo calmarmi un po’..". Riagganciai senza rispondere, ma forse già non c’era più nessuno dall’altra parte. Stetti un attimo immobile stringendo il canovaccio appallottolato tra le mani ancora umide.

Ritornai in cucina, e  sorridendo a mia sorella mi diressi verso il lavello, mi arrampicai sulla sedia  e afferrai due piatti puliti. Non c’era famiglia che non possedesse almeno uno di quei piatti ambrati, trasparenti. I nostri cominciavano ad essere usurati però,ed erano un po’ opachi: guardandoli controluce ci vedevi un sacco di righine. Scesi. Il suo sguardo chiedeva spiegazioni. Non ne avevo. Mi chinai su di lei e le porsi un piatto, quasi in ginocchio, per assicurarmi che capisse che dicevo sul serio.
"Ora questo lo spacchi a terra con tutta la tua forza"
Il suo sguardo vispo aveva una luce indistinta ma limpida e  intensa al punto d’essere nient’altro che l’esatta e semplice definizione di “bambina”.

"..ma poi si arrabbianooo!" disse con un urletto sussurrato
"Tu non ti preoccupare..gli dico che sono stata io!..dai, lancialo a terra..forte forte!!"
Tacque. Prese il piatto. Lo studiò per qualche secondo. Lo strinse un po’ tra le manine e senza distogliere lo sguardo da me si decise e lo buttò a terra chiudendo gli occhi e portando subito le mani alle orecchie per il fracasso; ma il lancio fu troppo debole, e il piatto non si ruppe.
"No! Così!" Le dissi, e in un momento il pavimento era un tappeto di cocci.

Silenzi. Il suo ditino di nuovo alla bocca si scostò dalle labbra per lasciare il posto a una risata dirompente, e fu un attimo. Già mi ero lasciata contagiare da un riso che toglieva il fiato. Quello che fa venir male ai muscoli addominali e che per un attimo ti fa dire "basta ti prego!".
Mi buttai  all’indietro sul divano tenendomi la pancia, gli occhi appannati dalle lacrime mi permettevano appena di scorgere due braccine protese verso un lavello e una credenza   decimata del suo contenuto.

Manuela Catania

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8 Commenti

  1. Posso rompere un piatto anch'io...?

    Lo trovavo divertente in gioventù...

    N.A.

    • Ben vengano gli sfoghi innocenti e liberatori!!

  2. quei piatti ambrati trasparenti... già...li abbiamo avuti tutti...
    🙂

  3. "oddio ti sei preso la rogna" die la madre al figlio minore di ritorno da un soggiorno montano lungo 3 settimane.
    "embe'? come se l'e' presa cosi' se la fa passare" interviene il fratello maggiore.
    sono risposte come questa che rendono grande una generazione.

  4. chi non ha assistito da piccola ad un litigio fra i propri genitori? magari nascosta sotto al tavolo o rannicchiata sul divano o dietro ad una tenda... rompere i piatti... fenomenale idea... avrei dovuto farlo anche io!

  5. Che dire? Il tuo stile è sempre elevato, il tema, invece, non mi entusiasma. Questione di gusti, di preferenze, ovviamente,
    però concedimi un piccolo commento critico. Perchè impelagarsi con il tanto deja-vu della retorica familiare (o meglio,
    familista) dei ricordi infantili, dei rapporti difficili e delle nostalgie artefatte? Sei così brava che ti puoi permettere
    argomenti molto più elevati e stimolanti...
    Comunque, con stima.

    • Si trattava di un esercizio richiestomi nella scuola che frequento. Ho voluto pubblicarlo. Ho l'abitudine (forse il limite?) di non trattare sempre le stesse tematiche. E' capitato anche questo, insomma.
      Al di là, invece, di quelli che possono essere i gusti personali (rispettabilissimi),credo però che non siano necessariamente gli argomenti elevati a fare di uno scrittore un bravo scrittore.
      Grazie comunque della critica!

      A presto!


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