I vampiri dell'11 settembre

Recensioni Vito Tripi

Dove eravamo rimasti? La conclusione de I vampiri di Ciudad Juarez vedeva una inquietante seduta satanico-orgiastica tra alcuni alti papaveri dell’esercito americano ed esponenti del gotha economico statunitense. Un finale tutt’altro che rassicurante… Il secondo capitolo della trilogia vampiresca di Clanash Farjeon, alias Alan John Scarfe, I vampiri dell’11 settembre, si apre proprio su quella situazione che, come scrive, potrebbe avvenire in qualsiasi ufficio governativo del mondo, ma in questo caso succede in America.

Poi ci spostiamo a Londra, sono le settimane successive all’11 settembre, e qui ritroviamo il nostro protagonista, il giornalista Michael Davenport, in procinto di ripartire per gli Usa dopo i tragici fatti di quattro anni prima che per poco non gli sono costati la vita. Il direttore della sua rivista, Enigma, lo invia a New York per seguire un caso alquanto curioso riportato da Al Jazeera: due operai impegnati nelle operazioni di soccorso dopo il disastro delle Twin Towers sostengono di aver assistito a una sconcertante apparizione scaturita dalla macerie di Ground Zero ventisei giorni dopo il crollo: non era una visione qualunque, in essa compariva, infatti, il Vicepresidente degli Stati Uniti Richard Bruce “DickCheney, vestito come il Dracula di Bela Lugosi, che si faceva beffe di loro e scappava via. Le autorità liquidano il tutto come un’allucinazione, un miraggio di due menti sovraffaticate, tanto da sospendere dal servizio i due uomini per troppo stress.

Ma Michael ha imparato che ormai nulla è come sembra e si butta a capofitto nell’inchiesta. E più investiga, più le visioni si intensificano apparendo non solo a lui ma anche a numerose altre persone. La più ricorrente è l’immagine di Cheney in versione vampiro e la più inquietante è un’orda di diseredati e invalidi afgani che inveiscono, durante una partita di baseball, contro il Presidente Bush. Il giornalista inglese non è solo in questa sua ricerca, lo affiancano amici nuovi, come il miliardario Louis Lamy, e ritrovati, come l’ex cognato David Giudice ma i pericoli sono dietro l’angolo pronti a colpire nel modo più doloroso. Il finale è quanto mai insolito e potremmo dire ucronico...

Farjeon confeziona un’opera notevole che potremmo definire un “horror di contestazione” o “antagonista”, o se si preferisce “di rottura”. Riprende alcune teoriche complottiste, in realtà mai smentite, sul coinvolgimento dei poteri forti americani nell’orrore delle Twin Towers. Un attacco a testa bassa, senza esclusione di colpi, all’amministrazione Bush. Anche qui, i vampiri di Farjeon non sono efebici, blasonati, malinconici o affascinanti bensì individui normalissimi ma corrotti nell’animo, che vedono gli altri come esseri da spremere fino al midollo, e non in senso figurato! Non ci sono vampiri stile Varney, Rutven o Dracula in queste pagine, ma figure notissime della politica internazionale – oltre a Cheney, spiccano Codoleezza Rice e Henry Kissinger, solo per citarne alcuni – a voler ricordare una legge aurea (e qui potrei essere accusato di vetero-marxismo), ossia che il (grande) Capitale non ha un’anima! E rimanendo nel solco del politicamente scorretto, anche se bipartisan, ricordo quanto scrisse una volta il Barone Julius Evola riguardo alla politica americana: egli faceva notare che tutti i governi statunitensi vengono chiamati, indipendentemente dal colore politico, “Amministrazioni”, a dimostrazione che per i politici statunitensi tutto è profitto, tutto è utile e la cosa pubblica deve essere trattata alla stregua di un’azienda o di un’industria.

Farjeon dà anche una grandissima prova di sottile ironia, e penso in particolare alla scena in cui la Rice&Co si radunano vestiti da ufficiali nazisti per officiare uno dei loro grotteschi riti. A un lettore inesperto potrebbe apparire la classica teoria, trita e ritrita, del complotto neonazista, ma leggendo bene sotto le righe si vede il tentativo di alcuni “piccoli mostri” di scimmiottare i “grandi mostri della Storia” in un vano desiderio di ottenere lo stesso mefistofelico e luttuoso potere di Hitler e dei suoi scagnozzi.

Non solo, l’autore ci regala anche un breve, ma inquietante, viaggio nell’inferno dei malati terminali di AIDS. Una stoccata a tanti intellettuali, nostrani e esteri, che tutt’oggi considerano la letteratura di genere, come paraletteratura o sottoletteratura. Ma per godere meglio il libro rimando alla visione di due film e alla lettura di un altro testo. I film in questione sono Hanno cambiato faccia, unica incursione nell’horror di Adolfo Celi nei panni dell’Ing. Giovanni Nosferatu, e W di Oliver Stone, una biografia non autorizzata su Bush jr, il libro invece è Black Magic Woman di Danilo Arona.

TITOLO: I vampiri dell’11 settembre

AUTORE: Clanash Farjeon

EDITORE: Gargoyle Books

PAG: 311

PREZZO: € 14,50

 

 

 

Vito Tripi
Vito Tripi
Vito Tripi collabora con l’Agenzia Stampa Deigma Comunicazioni specializzata in uffici stampa culturali, religiosi, sociali e tecnico-scentifici, con le Riviste “Charta Minuta” e “Storia del ‘900” “L’idea il giornale di pensiero” Dal settembre 2007 è opinionista cinematografico per l’emittente TeleVita nel programma “Lungometraggio” Ha curato la Rubrica Cinema e Libri per il periodico on-line www.nannimagazine.it Cura la Rubrica d’arte “Gallerie Romane” per la radio Vaticana nel programma “Attualità della Chiesa di Roma” Cura la Rubrica Arte&Libri per il mensile “Il Giornale del Lazio” Curatore della manifestazione letteraria “Genius Loci” presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Verga

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