Voi che della mia vita non sapete nulla

Sono le quattro del mattino.
I faretti  illuminano a giorno il mio Mersey, un cavalletto da pittura in faggio che ha più di cent’anni.
Il legno, con il passare del tempo   è diventato così  scuro che sembra noce nero toscano della Contea di Rufina, e in certi punti le macchie di colore sovrapposte  hanno creato delle incrostazioni che ricordano le opere di Ennio  Morlotti.
La manovella in ottone, con il manico in avorio per alzare e abbassare il piano su cui è appoggiata la tela, invece  è lucidissima, ho sempre uno strofinaccio a disposizione per ripulirla da eventuali gocce di pittura.
Adoro il brillare ruffiano dell’ottone che ha la consapevolezza di non essere oro.
Mi riconosco in quella lega, è la metafora della mia vita.

Me l’hanno venduto dicendo che proveniva dallo studio di Henri Rousseau il Doganiere, e io ci credo,  ne ho la certezza ogni volta che lo sfioro, lo accarezzo.
Il legno mi parla del grande Maestro.
Chiudo gli occhi e respiro l’aria di Parigi di fine 800.
Il profumo di Montmartre e del Salon des Independants.

Datemi pure del coglione, del pazzo, del visionario, voi che non avete sogni, voi che trascorrete la vostra vita banalmente, trascinandovi dal  divano di casa alla scrivania dell’ ufficio, voi che tutti i giorni vi ponete la domanda cosasimangiaoggi,  voi che non avete mai provato a cancellare il grigiume dei vostri giorni con pennello e colori.

Voi che della mia vita non sapete nulla.

Osservo la tela in lino a grana fine, tesa come la pelle di un tamburo, sul telaio in abete da quattro centimetri.
Un bel formato di due metri per due.

È ovviamente quadrata.
Adoro le tele che hanno la base e l’altezza della stessa misura.
Non potrei dipingere su di una tela rettangolare, mi destabilizza.
L’ho iniziata ieri mattina che non erano ancora le sei  e l’ho finita adesso.
Quasi ventiquattro ore di lavoro ininterrotto.
Trasudo caffè e nicotina.
Ho trangugiato  due moka da sei tazze di arabica, il portacenere vomita mozziconi di Marlboro da ogni lato, i miei occhi sono due crateri blu.
Per non perdere la concentrazione ho pisciato nel lavandino dove pulisco i pennelli.

Non mi sono lavato, non ho mangiato  e faccio schifo.
Mai stato così bene...

Gianfranco Barbiè
Gianfranco Barbiè
Il pensiero crea.. Un uomo diventa quello che pensa di essere..

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8 Commenti

  1. Bentornato Jan che paicere ritrovarti qui su wordshelter e come sempre non deludi!!!!
    "Datemi pure del coglione, del pazzo, del visio­na­rio, voi che non avete sogni, voi che tra­scor­rete la vostra vita banal­mente, tra­sci­nan­dovi dal divano di casa alla scri­va­nia dell’ uffi­cio, voi che tutti i giorni vi ponete la domanda cosa­si­man­giaoggi, voi che non avete mai pro­vato a can­cel­lare il gri­giume dei vostri giorni con pen­nello e colori."

    • Ciao Mariella.. Questa mattina avevo voglia di scrivere e quando è un po' di tempo che non lo si fà.. è sempre più faticoso.. Grazie per la tua calorosa accoglienza.. Sono stato latitante per un po' di tempo.. ma spero tanto di essere di nuovo dei vostri.. Un caro saluto e a presto !
      Jan

    • Grazie Karen !!
      Si ricomincia.. pian pianino.. un passo alla volta..
      ;-))

  2. eh già...

    la banalità delle vite di tutti questi insetti che ronzano intorno al grande artista eh...

    bel pezzo...peccato il messaggio.

    • Ciao carissimo.. piacere di ritrovarti..
      C'è un po' di sana autoironia e tanta esagerazione in queste mie righe.. per mimetizzare la mia vita di insetto ronzante intorno a tanti fenomeni..
      ;-))
      "Adoro il bril­lare ruf­fiano dell’ottone che ha la con­sa­pe­vo­lezza di non essere oro.
      Mi rico­no­sco in quella lega, è la meta­fora della mia vita.."

      • Ovviamente la ma era una critica senza alcun risentimento,

        è che spesso e volentieri detesto e disapprovo la categoria dell'artista moderno come dio in mezzo ai mortali.

        Sono un po suscettibile sull'argomento, cerco di stare attento altrimenti poi non scriverei bene e mi lascerei condizionare da simili standard inutili che ci hanno trapiantato in testa.

        Alla fine un artista che si sente dio in mezzo ai mortali è tanto banale quanto un qualsiasi amministratore delegato strapieno di soldi.

        Non ha valore, jan...pochi lo capiscono.

  3. Hai perfettamente ragione..

    Essere un artista e omologarsi nello stereotipo "dell'artista semidio" è di una banalità disarmante.. ne più nè meno del Cummenda A.D carico di grana che gira in Ferrari..
    Eppure.. sai quanti ce n'è.. !
    Arte, Musica, Spettacolo.. Meno sono conosciuti.. e più se la tirano.. Grande Fratello docet..

    Artista.. Fenomeno.. oggi è l'anziano che arriva a fine mese con la pensione..

    Un caro saluto..
    😉


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