Credendo di avere una vita a disposizione non viviamo

Racconti Maria Musitano

Paola si guarda allo specchio. Vorrebbe piangere, ma le lacrime sono finite da un pezzo. Così sorride anche se un po’ di amarezza si nasconde negli angoli della sua bocca. Accanto a lei, sul comodino, la foto di suo figlio ancora adolescente. È stata scattata la scorsa estate, al mare mentre  gioca con il cugino a racchettoni. Occhi grandi azzurri come il cielo e un sorriso che le fa sanguinare il cuore.  Ci sono notti in cui di nascosto lo guarda dalla soglia della porta mentre dorme, quasi a voler imprimere bene nella sua memoria quel volto, quelle mani, quel lungo collo e soprattutto quel sorriso e i suoi denti bianchi e perfetti. Lui è tutta la sua vita. E il non potergli garantire il suo amore a tempo indeterminato, o quantomeno più lungo di quello che si prospetta, le sembra un tradimento.

Ne ha parlato con sua sorella due giorni fa per sfogarsi di pensieri che le fanno male e che l’accompagnano da mesi. Non è colpa tua. Questo le ha detto. E lei non vuole sentirselo dire e  una rabbia cieca sale dentro e a fatica la controlla. Poi dopo un lungo respiro ha compreso che è solo una di quelle frasi di circostanza che si dicono tanto per dire, per non lasciare che il silenzio riempia un vuoto che lentamente si va formando. Avrebbe allora voluto abbracciarla.

Suo marito invece è diventato più taciturno del solito, gli occhi spesso lucidi, anche se è bravo a ricacciare le lacrime. La sera l’abbraccia stretta talmente tanto da farle mancare il fiato. Lui che per oltre venti anni ogni notte si girava sul fianco dandole le spalle adducendo che il contatto fisico non riusciva a farlo dormire bene.

Assurde sono state parole del medico che le ha dato la notizia.

Lei è una di quelle persone che ha la soglia del dolore troppo alta, non si è accorta in tempo di ciò che stava succedendo dentro di lei e il cancro è ormai arrivato a mangiarsi le ossa. Vede a volte fare i super eroi non porta da nessuna parte.

La colpa è la sua che ha sopportato bene il dolore?

Lo stesso dottore le ha prospettato il suo futuro.

Diciamo che senza chemio le rimangono all’incirca tre mesi di vita. Sottoponendosi alle cure invece potrebbe riuscire a concedersi un paio di stagioni balneari.

Si ricorda di averlo guardato dritto negli occhi a lungo e poi di essersi alzata dalla sedia per uscire da quella stanza austera e impersonale dall'odore forte di amuchina.

Con il suo compagno sono andati a passeggiare nel verde di Villa Pamphili. Camminare le fa bene, nonostante il dolore irresistibile al fianco. I pensieri,  un vorticare assurdo nella sua testa, si acquietano. L’autunno incipiente ha colorato il parco con le sue sfumature marroni, gialle e rosse. Il sole sorride e scalda con tiepidi raggi. Camminano lentamente. si poggia braccio di lui e prende a ridere al pensiero che fino a poco fa credeva di poterlo fare fino alla vecchiaia, quella vera, in cui  avrebbe avuto tutti i capelli bianchi e la pelle rugosa.

Si è sempre immaginata come una vecchietta felice e bella. Solo che non le è dato di divenirlo perché è già  in dirittura d’arrivo. Il traguardo è vicino, troppo vicino. Si è informata prima ancora di recarsi a parlare con il primario: la chemioterapia avrebbe voluto dire sottoporsi ad una cura forte che avrebbe stravolto il suo corpo. Come una bomba intelligente che colpisce sia i colpevoli che gli innocenti in nome di una causa giusta. E lei non ha mai condiviso la filosofia delle bombe intelligenti, delle guerre preventive e fatte in nome della pace.

A volte credendo di avere una vita a disposizione non viviamo. Oggi so che invece di vita me ne rimane poca e sento la necessità di viverla in ogni suo attimo.

I tre mesi diagnosticati dal dottore sono passati e anche se il volto di Paola è smunto,  non è bianco. I capelli sono ancora lì, castani con i suoi immancabili colpi di sole. All’autunno si è succeduto l’inverno ed ora ecco le prime giornate di primavera affacciarsi e fare capolino. La valigia è pronta sul letto. Ci ha messo tutto. Sente suo figlio armeggiare nella camera.

Il volo è previsto per le 20.30. Destinazione: paradiso terrestre, dove poter godere del caldo che ancora in questo emisfero non è arrivato. Suo marito entra nella camera e la trova a fissare il suo corpo nello specchio. Silenzioso come sempre l’abbraccia, la bacia delicatamente sulla guancia e le sussurra Il taxi è arrivato.

Paola prende su la valigia, lui fa per opporsi, ma lei sorride e gli ricorda:

“Sono una donna forte, e lo sarò fino alla fine dei miei giorni. Magari contro tutto e tutti, riesco ad arrivare alla seconda stagione estiva facendo un baffo a tutte le previsioni e statistiche!”

Dedico questo racconto a tutti coloro che lottano contro il cancro e a tutti coloro che hanno lottato.

Maria Musitano
Maria Musitano
Ritrovai il mio cuore nascosto sotto un cespuglio.

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5 Commenti

  1. Mariella:)
    si puo' sconfiggere la malattia ancor prima che nasca..e tu lo indichi..lo suggerisci...facendoti testimone di un racconto che anticipa e sprigiona forza..." Sono una donna forte, e lo sarò fino alla fine dei miei giorni. " Un abbraccio solare a te 🙂

    • grazie Mario, oggi parlando con un amico che si sta riprendendo da un brutto incidente mi ha detto: ho ripreso amuovere il braccio sinistro dopo che i dottori mi avevano detto che non sarebbe stato possibile. Ma io cocciuto e testardo ce l'ho fatta!

      • la forza interiore aiuta più di qualunque medicina... poi il destino fa la sua parte ma quella è alla base di tutto...

          • grazie Mariella di averlo pubblicato 🙂


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