Alla ricerca della Lingua segreta degli Dei

Recensioni Vito Tripi

di Vito Tripi


Ci sono libri che si dimostrano, essere una sorpresa continua, una scatola cinese che apre sempre uno scomparto nuovo. Libri che sono come il prisma che da’ un colore diverso in base alla prospettiva così, le pagine di un romanzo possono offrire infinite sfaccettature. E quello che io definisco un libro prismatico, ma che è anche una gemmazione continua di argomenti e una continua sorpresa, è La lingua segreta degli Dei, opera prima di narrativa della storica Barbara Frale, dal 2001 Officiale dell’Archivio Segreto Vaticano, edita dalla Mondadori.
Siamo nel 1938 Alessandro Borghesi, ingegnere minerario neolaureato e io narrante della storia, vede sfumare il suo desiderio di partire per Parigi, come premio per la laura, poiché viene assunto in una missione archeologica destinata a scavare nell'oasi di Siwah, nel deserto del Sahara, alla ricerca della tomba perduta di Alessandro Magno. Scelta voluta dal padre, ufficiale di polizia, e dallo zio monsignore perché vista la recente crisi dei Sudeti preferiscono mandare il giovane più lontano possibile dall’Europa che potrebbe diventare a breve scenario di una nuova guerra. Dopo un interessante e a tratti enigmatico colloquio col Segretario di Stato, Eugenio Pacelli, Alessandro si convince a partire. Difatti il Cardinal Pacelli gli ha parlato di un tesoro di valore inestimabile: la fonte di un potere misterioso, un segreto celato da quattro ideogrammi - una lingua arcana e sconosciuta - che nessuno studioso al mondo è ancora riuscito a decifrare. Arrivato al Cairo, Alessandro si rende conto che intorno alla missione archeologica ruotano enormi interessi economici e politici: il tedesco Hans Brunner, morto in circostanze sospette, aveva infatti individuato proprio dove sorge l'oasi di Siwah un giacimento di greggio, ora conteso tra gli italiani - che occupano la Libia - e gli inglesi che controllano l'Egitto. Nel seguire le tracce di questa scoperta, Alessandro incontra l'affascinante Elisabeth Rosenheim, egittologa allieva del defunto professor Brunner, e decide di inoltrarsi con lei tra i tanti, troppi misteri della missione. Giunto nel cuore del Sahara, scoprirà che nemmeno il recupero del giacimento di greggio è il suo unico scopo. Si intrecceranno diplomazia italiana, inglese e vaticana, servizi segreti nazisti e fascisti e il misterioso Campione di Golf… Ci troviamo di fronte ad un vero e proprio romanzo storico, visto che in esso si miscelano componenti di avventura, sentimento, spy-story, intimismo e segreti millenari. Un’opera scorrevolissima, godibilissima che come accennavo prima è un continuo divenire, un’evolversi continuo della trama in cui nulla deve essere dato per scontato.
Regalandoci inoltre importantissime testimonianze sull’archeologia nostrana, spesso tanto bistrattata e poco considerata e sovvenzionata, con la figura del grande studioso Sergio Donadoni. Ma per approfondire abbiamo intervistato l’autrice la Prof.ssa Barbara Frale.

Lei nasce dalla saggistica com'è stato il passaggio alla narrativa?

Non proprio facile. Innanzitutto, quando l'editore ha visto il manoscritto originale mi sono sentita dire: “benissimo, però questo non è un romanzo, è la sceneggiatura di un film”. Dunque ho dovuto lavorare a renderlo un romanzo. La mia scrittura era in un certo senso cronistica, cioè analoga allo stile quanto più asciutto possibile che si usa nella saggistica. Tuttavia, mi sono divertita oltremodo, in questa fase di trasformazione che spero sia stata anche di maturazione.

Il suo libro fa un leggero accenno all'archeologia nazista ma oggigiorno c'è un proliferare di titoli, romanzi e saggi, su questo argomento Lei come lo spiega?

Nazismo magico e archeologia sono due argomenti che catalizzano l'immaginazione di per sé, presi da soli: figuriamoci se vanno insieme, e noi sappiamo bene che il nazismo spese notevoli risorse per le indagini archeologiche. Nella sua follia (ma non tutti gli aderenti al movimento erano folli, c'erano anche i dissidenti silenziosi, coloro che amavano solo lo studio senza avere nessuna passione politica) l'ideologia del nazismo ricercava l'origine dell'uomo e il senso della vita. Lo vedevano in modo deviato e alla luce di uno spietato culto per il primato ariano che non ha alcun fondamento scientifico, ovviamente; tuttavia, la ricerca dell'origine della vita e dell'uomo è qualcosa comune anche al mondo di oggi, e lo sarà anche nel futuro. Analizzare gli orrori del passato ci aiuterà a compiere i passi di questa ricerca in una maniera equa e rispettosa della dignità umana, negli anni a venire.

Nel suo libro ci mostra un'immagine diversa e più umana del Cardinal Pacelli, il futuro Pio XII, e ben diversa dal "Papa di Hitler" che la storiografia ha spesso proposto

L'immagine di Eugenio Pacelli che descrivo è quella che ho tratto da una quantità di documenti originali conservati in Vaticano. Lo stereotipo del nobile gelido che è andato di moda nella storiografia degli anni addietro è stato costruito senza tenere conto delle carte originali vaticane che sono state rese accessibili solo dal 2005; prima di allora, si sono usati solo documenti più che altro tedeschi, i quali avevano tutto l'interesse a ritrarre Pacelli e il Vaticano nel modo peggiore possibile. In tutti i capi di stato di tutti i tempi, c'è un uomo pubblico e uno privato, e a volte sono due persone diversissime. Nel concreto, pochi sanno che Pacelli era molto timido, balbettava, e quell'aria solenne che si dava era il frutto di uno studio su stesso per dominarsi ed evitare di balbettare in pubblico, cosa assolutamente indegna per un pontefice. Nella versione originale del romanzo c'era una piccola scena dove si vedevano Pacelli e monsignor Tardini parlare fra loro in dialetto romanesco: lo facevano, erano tutti e due persone molto schiette e molto innamorate di Roma e della sua cultura particolare. La storia degli anni a venire ci darà molte novità, quando tutti i documenti autentici saranno consultabili.

Anche alcuni esponenti del Fascio ci appaiono in maniera ben diversa: Ciano con un suo carattere e capace di portare avanti un'idea propria; Balbo autonomo e desideroso di dare la cittadinanza agli arabi; Mazzolini brillante e razionale.


Gli episodi di violenza fascista descritti sono autentici e derivano da racconti di mia nonna, che nel 1938 aveva 19 anni e vide un piccolo bar distrutto dalle camicie nere per un puro sospetto infondato esattamente nel modo che ho narrato. Realistiche sono pure le descrizioni che riguardano la Roma bene di quel tempo. Tuttavia, il fascismo è un fenomeno estremamente complesso. Piuttosto che approntare un cliché rivisto mille volte, mi sono affidata alle fonti storiche autentiche e ai saggi degli specialisti. La lista di documenti e la Nota storica alla fine, e le molte citazioni di fonti presenti nel testo servono a questo: il lettore deve vedere con i suoi occhi. Galeazzo Ciano aveva senza dubbio una sua visione, tant'è vero che farà una brutta fine per averla difesa; e sappiamo che aiutò concretamente gli ebrei, benché fosse un uomo vanitoso ed egocentrico. Giordano Bruno Guerri ha scoperto che Ciano aveva avuto anche fidanzate ebree, in gioventù. Su Balbo non ci sono dubbi, la sua personalità ha tratti a volte eroici. Serafino Mazzolini era per giudizio comune un uomo intelligente e capace, messo in un paese di frontiera e costretto a gestire una situazione davvero spinosa; e per quanto mi è sembrato, non era né fanatico né violento, tutelava gli italiani suoi connazionali.

Lei tratta con molta delicatezza la spinosa questione delle leggi razziali e ci mostra un Mussolini ben diverso dalla macchietta antisemita che è stata dipinta per anni.

Quanto a Mussolini, mi sono fatta l'idea che non fosse antisemita per convinzione, e che ritenesse gli ebrei materiale umano molto valido, utile per il Paese, da non perdere; di fatto, quando Hitler varò le leggi razziali in Germania, il Duce disse apertamente che gli ebrei italiani erano pochi e integrati, perciò in Italia non esisteva una "questione ebraica": di questo restano inconfutabili testimonianze. Solo il precipitare degli eventi, e le pressioni della prepotenza nazista, lo forzarono a varare le leggi antisemite. Testimoni ebrei tutt'oggi viventi documentano che persino fuori d'Italia, gli ebrei italiani furono lasciati in pace fino alla caduta di Mussolini, perché il Duce pretendeva che la cittadinanza italiana fosse elemento sufficiente a garantire loro l'immunità. Su questo c'è un libro interessante scritto da Shlomo Venezia, che era in Grecia nel 1943, e racconta come i guai per gli ebrei italiani vennero solo dopo la caduta di Mussolini.

Lei, affrontando il fallimento del Congresso di Evian (in cui i paesi occidentali si rifiutarono l'emigrazione ebraica dai territori del Reich) anticipa anche il panorama del futuro conflitto arabo-israeliano?

Non ho potuto affrontare la questione, in realtà, perché i documenti che ho esaminato si fermano agli inizi dell'anno 1939, e il conflitto arabo-israeliano si enuclea soprattutto negli anni seguenti. Certo è però che il conflitto si intuisce anche dalle carte del 1938: per esempio, il 9 gennaio 1939 la Segreteria di Stato invia un cifrato a tutti i delegati apostolici dei 5 continenti chiedendo che facciano pressione sui vari governi per trovare casa e un lavoro a questi profughi ebrei; il delegato apostolico di Siria ed Egitto risponde che la situazione laggiù è tale da sconsigliare del tutto l'arrivo di emigranti ebrei, chiaro segno di una tensione molto più forte che altrove.

Vito Tripi
Vito Tripi
Vito Tripi collabora con l’Agenzia Stampa Deigma Comunicazioni specializzata in uffici stampa culturali, religiosi, sociali e tecnico-scentifici, con le Riviste “Charta Minuta” e “Storia del ‘900” “L’idea il giornale di pensiero” Dal settembre 2007 è opinionista cinematografico per l’emittente TeleVita nel programma “Lungometraggio” Ha curato la Rubrica Cinema e Libri per il periodico on-line www.nannimagazine.it Cura la Rubrica d’arte “Gallerie Romane” per la radio Vaticana nel programma “Attualità della Chiesa di Roma” Cura la Rubrica Arte&Libri per il mensile “Il Giornale del Lazio” Curatore della manifestazione letteraria “Genius Loci” presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Verga

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