Per amore della verità

Articoli Vito Tripi

Di Vito Tripi

Mesi addietro ho recensito l’interessante Magia Nera di Marjorie Bowen e di recente parente siciliano dell’Autrice Vincenzo Giuseppe Costanzo, anch’egli scrittore, mi ha contattato. Io credo che il compito di un giornalista, in qualsiasi settore lavori, non sia solo di “fare la notizia” ma di dire la verità, o comunque una verità. Spesso molti miei colleghi sfruttano solo il lato gossiparo degli eventi, lucrano e giocano su fatti privati e personali degli autori. Io ho sempre cercato di andare dritto al sodo e non soffermarmi troppo sui lati biografici degli autori. Non tanto per ignavia quanto più per semplice realismo. Pertanto lascio la parola al Signor Costanzo che ci fornisce un’interessante visione dei fatti. Lo faccio per amor di storia essendo uno Storico ancor prima di un giornalista e quindi “costretto” a seguire ancor di più la concretezza dei fatti.

 

Preg.mo Signore, intanto mi permetta di congratularmi per la Sua molto interessante visione critica di "Magia nera" della Bowen, che io, come scrittore da un lato e come cultore del genere gotico in pieno condivido. Avevo letto il romanzo anni fa, trovandomi in Inghilterra ospite di mio procugino Michael, il figlio nato dal primo matrimonio di Gabrielle Margaret Vere Campbell (ovvero Marjiorie Bowen) con il mio prozio Zeffirino Emilio Costanzo che era il fratello minore di mio nonno Vincenzo. Penso che Michael avesse nella sua biblioteca tutte le pubblicazioni della madre. Da quelle lettura, per quanto stentorea a causa della mia modestissima conoscenza della lingua, mi convinsi che il romanzo era da apprezzare sotto molti aspetti, soprattutto tenendo conto dell'età della scrittrice. Ho letto, poi, tanti altri scritti della Bowen, molti sono lavori di pregio, altri risentono di quella “stanchezza” che caratterizza molti lavori di quegli scrittori assai prolifici. Vorrei con Lei soffermarmi però su un’altra questione che coinvolge l’artista. Leggo, purtroppo, su alcune pagine web alcune recensioni su questo lavoro per la prima volta pubblicato in Italia. A conclusione delle stesse, i diversi critici tracciano una breve biografia della scrittrice e debbo confessare che mi sconcerta non poco leggere come in tutte queste pagine, a proposito del rapporto tra la Campbell e il primo marito, cioè Zeffirino E. Costanzo, si ripete che questi "la maltrattava". Non so bene da quali documenti si sia giunti ad affermare ciò, a meno che, come è molto probabile, non venga ripetuto quello che afferma una delle prime biografe della Bowen, ossia Jessica Amanda Salmonson. Da parte mia, ritengo che la Salmonson si sia fatta questa convinzione da una non obiettiva e molto superficiale lettura di "The debate continues" (l'autobiografia scritta dalla Campbell sotto il nome di Margaret Campbell). Bisogna anzitutto sapere che, a causa certamente del clima inglese poco adatto alla sua natura “siciliana”, Zeffirino Emilio Costanzo contrasse la tubercolosi cosicché uno dei medici inglesi che ebbe a visitarlo, consigliò un clima più mite per cui il giovane (aveva allora trentatre anni) da Torquay ove la coppia abitava, si portò in Toscana ed esattamente a Forte dei Marmi, prendendo in affitto una grande villa di proprietà di un nobile tedesco al quale era stata confiscata causa la guerra in corso; si era, infatti, nel dicembre del 1915. Nel gennaio del 1916, assente il padre, nacque il figlio Michael; nel febbraio Zeffirino chiamò a sé la moglie perché lo assistesse dato che non trovava chi lo facesse adeguatamente né voleva ricoverarsi in un qualunque ospedale, cosa, tra l’altro, assai difficile tenuto conto che gli ospedali erano strapieni di soldati feriti al fronte. La Campbell narra, nella biografia, che il marito l’aveva pregata di portare con sé il figlioletto, desiderando conoscerlo e che, una volta giunta alla stazione di Torino dove il marito, pur malato e sofferente, si era portato per prelevarla, fu rimproverata per non aver condotto il bambino. Ma è questa una forma di maltrattamento? Non è, invece, da comprendere la reazione (che tra l’altro la scrittrice non commenta) di un padre che già si rene conto come forse non avrà mai occasione di vedere la propria creatura? Ed ancora, più appresso la Campbell racconta che il marito, costretto nel proprio letto dalla malattia che continua a logorarlo, teneva sul comodino un campanello suonando il quale la richiamava a sé quand’ella se ne allontanava per una passeggiata nell’ampio giardino della villa a Forte dei Marmi; e ciò dopo appena una diecina di minuti di assenza. Evidentemente la Salmonson o chi per lei e prima di lei, purtroppo con poco senso di umanità e senza considerare gli aspetti psicologici della situazione, interpreta ciò come un atto persecutivo da parte nei confronti della moglie. Vorrei che un po’ ci si mettesse nei panni di questo giovane che, malato e cosciente delle proprie condizioni, si sente solo, quasi abbandonato; di un uomo che non può avere altro conforto che la presenza della donna che ama (e che Zeffirino amasse Gabrielle lo dice lei stessa come ammirevolmente confessa di aver sposato il giovane non certo per amore ma per affrancarsi da una famiglia che veramente la maltrattava). Per questo giovane dieci minuti di assenza della donna amata è già una eternità se rapportati alla consapevolezza di una morte che può arrivare da un momento all’altro. E tuttavia, ci racconta la stessa autrice, il marito non ebbe nulla da obiettare quando, nell’estate del 1916, la moglie fu invitata a partecipare ad una festa sulla spiaggia di Viareggio, ed anzi pregò il medico che lo curava e che era giornalmente in casa sua perché le facesse da accompagnatore. Questo medico, di origine trentina, soggiornava in una villa vicina e con lui la Campbell (lo racconta lei stessa) aveva iniziato un flirt (questo Zeffirino chiaramente non lo sapeva, ma di ciò qualunque critico sufficientemente obiettivo dovrebbe anche tener conto prima di avanzare un qualunque giudizio). Io personalmente non faccio alcun torto alla Campbell, per quanto la questione riguardi direttamente un mio ascendente. Zeffirino morirà nel novembre di quello stesso 1916; subito dopo la morte quel medico ritiene di allontanare dalla mente della donna ogni ricordo del marito; ne brucia tutti i vestiti e le lettere e, insieme a lei, in barca va al largo sul mare di Forte dei Marmi per buttare in acqua quel campanello che forse lui solo giudica essere stato un mezzo di persecuzione (forse il suo suono allontanava da sé la donna in particolari momenti?). Contraddice, poi, l’opinione del “maltrattamento” il fatto che Zeffirino amava appassionatamente la moglie e ciò lo leggo personalmente in alcune lettere che egli dalla Sicilia le invia in Inghilterra durante un brevissimo soggiorno prima di stabilirsi a Forte dei Marmi. D’altronde, lo stesso Michael mi raccontava come la madre gli parlasse del padre suo con grande affetto e stima tanto è che il Michael stesso fu sempre talmente orgoglioso delle sue origini siciliane e del suo cognome (la madre, alla morte del marito, gli mutò il cognome da Costanzo in Custance, forma inglesizzata) che sulla sua tomba volle che si scrivesse "Michael Custance born Costanzo). Ma, per venire al dunque, è certo che leggere così spesso e in biografie italiane, che Zeffirino Emilio Costanzo maltrattasse la moglie, mi è alquanto penoso e ancor più per il rispetto che ho per la memoria del mio procugino Michael e dei suoi figli con i quali spesso mi incontro. Da parte mia, vorrei che questa del tutto immotivata opinione venga rettificata, soprattutto per amore della verità e per far sì che successivi biografi possano avere una idea più esatta di persone e fatti. 

Vito Tripi
Vito Tripi
Vito Tripi collabora con l’Agenzia Stampa Deigma Comunicazioni specializzata in uffici stampa culturali, religiosi, sociali e tecnico-scentifici, con le Riviste “Charta Minuta” e “Storia del ‘900” “L’idea il giornale di pensiero” Dal settembre 2007 è opinionista cinematografico per l’emittente TeleVita nel programma “Lungometraggio” Ha curato la Rubrica Cinema e Libri per il periodico on-line www.nannimagazine.it Cura la Rubrica d’arte “Gallerie Romane” per la radio Vaticana nel programma “Attualità della Chiesa di Roma” Cura la Rubrica Arte&Libri per il mensile “Il Giornale del Lazio” Curatore della manifestazione letteraria “Genius Loci” presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Verga

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