Broken dolls

“E questo bel bambino quanti anni ha?”
Lui che me lo chiede è il dottore della nonna, ha le mani finissime come quelle della maestra Anna, mi sembra altissimo e preoccupato.
“Ne ho quasi nove” dico, ma già non mi ascolta più. Domani operano la nonna, così mi è stato detto, io non so bene cosa voglia dire, ma ho capito che è meglio non chiedere.
A scuola non vado tanto bene perchè mi piace leggere i fumetti e poi le interrogazioni mi danno fastidio, parlare davanti a tutti, le risatine sui miei silenzi, gli occhi severi. Mi piace di più scrivere i temi, anche se mi sembrano sempre brutti.
Certe volte mi metto a giocare con le palline di carta, le gambe della sedia sono i due pali della porta, tiro, segno e lo stadio viene giù.
Oggi però la casa è strana, nonna è in ospedale da un paio di giorni e quando siamo stati a trovarla aveva degli occhi così lucidi che sembravano ancora più piccolini del solito. Poi mi sembra di sentirmi un po' nervoso e non resisto più e chiedo a mamma che cosa vuol dire che nonna si deve operare. Alza le spalle, mi dice niente, non sono cose di cui si deve preoccupare un bimbo così bello. Mi abbraccia e lo sa che di solito mi dà fastidio quando lo fa, ma oggi lascio perdere, non so nemmeno perchè.
Mi siedo al tavolo della cucina, “hai fatto i compiti?” dico sìsì in automatico e non ho aperto libro. Provo a leggere un po' ma mi sento una specie di stanchezza come quando avevo la febbre alta.
Richiudo il giornaletto, in tivù c'è quella pubblicità del gelato, due ragazzi si abbracciano, lei somiglia a Chiara del primo banco, che non mi parla neppure. A volte passo minuti interi a guardarle i capelli e come li sistema di continuo. Ecco, lo sapevo, ora mi sento ancora più strano, apro di nuovo il giornaletto in cerca di una distrazione. Di sotto in su, senza farmi vedere, guardo la mia famiglia. Sono buffi, ognuno cerca di fare una faccia da giorno qualunque, ma stiamo tutti aspettando, anche se io non so bene cosa.
Zia va avanti e indietro tra la stanza e il balcone con in mano gli attrezzi per il giardinaggio: faceva così anche quando scoprì che il suo fidanzato in realtà era sposato con un'altra donna. Mamma fuma di continuo e legge un quotidiano, ma è da venti minuti ferma sulla stessa pagina. Babbo avvita e svita qualcosa, forse una vecchia sveglia che non ha mai funzionato. Francesca, la mia sorellina di quattro anni, sta seduta per terra e continua a cambiare gli abiti a una bambola, in silenzio, con lo sguardo pensieroso, sembra la più preoccupata di tutti.
Zia si ferma di fronte a mamma e, guardando il piccolo rastrello che tiene stretto in mano, le chiede: “e se andasse male?”
Mamma la fulmina, lo giuro, partono due razzi supersonici che se zia non sta attenta diventa polvere.
Solo un attimo, poi mamma dice “no”, e quei razzi che stavano per partire si disintegrano all'improvviso e diventano minuscole vene rosse rosse tutte bagnate.
Poi mamma si accorge che la sto guardando e ho la bocca spalancata e allora si alza e prende dalla cesta dietro la porta un grosso maglione di lana che nonna stava facendo per me.
“E' quasi finito” mi dice mentre me lo stende davanti “fai vedere a mamma come ti sta?”
Io odio provare vestiti ma non riesco a dirle no, ho paura che quei missili possano ritornare.
Per la fretta lo indosso al contrario, “Non così!” dice zia con un sorriso dolce, anche mamma fa come lei. Con non poche difficoltà ecco che finalmente sono dentro al mio nuovo maglione. Con la mia pelle olivastra, così bianco com'è, mi sta davvero bene. Mamma me lo dice e zia fa di sì con la testa. Io sono contento di piacerle ma cerco di fuggire dall'abbraccio che mi sta per dare, eppure non ci riesco, ora mi stringe forte, fortissimo, non sapevo che fosse così tanto muscolosa, ma per annientare quei razzi come ha fatto poco fa non può che esserlo.
“Che ne dite se facciamo il purè?” dice zia.
Mi sembra di sentire l'odore di nonna e mi sembra di sentire qualcosa che mi manca. Mi sento sudare e mi sento così stanco.
Francesca lancia dal niente un grido tremendo e poi scaglia la sua bambola contro il muro. La testa e le scarpine rimbalzano e rotolano fino ai miei piedi. Mamma e zia guardano immobili la scena senza muovere un dito, come se non avessero più forze, come se quello fosse il segnale che aspettavano per potersi sentire finalmente deboli e sconfitte. Il telefono si mette a squillare, le auto ronzano nella strada e io non sono più così sicuro che basterà diventare grande per riuscire a capire.

matteo
matteo
La speranza è nell'opera. Io sono un cinico a cui rimane per la sua fede questo al di là. Io sono un cinico che ha fede in quel che fa. (Vincenzo Cardarelli)----- //badradio.splinder.com/

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7 Commenti

  1. mannaggia a te Matteo, sto piangendo come una scema, e ho faticato a leggere le ultime frasi perché le lacrime non mi facevano vedere... mannaggia.... e ancora piango....
    però vuol dire che hai colpito? E anche affondato...

  2. Matteo, il tuo racconto mi è piaciuto: emozionante e delicato. Mi ha conquistato il senso di condivisione della vita (nel suo ciclo completo) di questa famiglia, che mi ricorda quelle di una volta, dove si viveva insieme all'altro e per l'altro. Grazie e grazie a Mariella che me lo ha segnalato =)

  3. SENZA PAROLE... bello è troppo poco
    complimenti Matteo ti sei superato e già di solito trovo fantastico quello che scrivi...

  4. Ero curioso di indagare nei vari modi che usano le persone per dissimulare il dolore. Non casualmente l'uomo è quello più distaccato, con meno riflettori puntati sull'interno, mentre le donne sono più portate ad esplorare ed affrontare le proprie sensazioni.

  5. complimenti...
    ti leggo sempre con piacere. riesci sempre a portare gli occhi che leggono ad immergersi dentro la storia

  6. Mamma mia Matteo, mamma mia...ho i brividi e la pelle d'oca, mi hai fatto sedere in quella stanza, mi hai fatto sentire il peso dell'attesa...
    complimenti, davvero, gran bel racconto

  7. E' incredibile come tu sia riuscito a calarti in personaggi di età e sesso diversi facendoli vivere in così poche righe.
    Lieve e forte... Mi sa che la tua cifra è questa: pugno e carezza.
    Il mio è un commento super banale: dio che bello!


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