M’insegni a ridere dai silenzi, l’affogare di uno sporco
cerebrale, afflitto da un sorriso dimesso, come un singhiozzo
d’amore, da bocca a bocca mi tieni, quando le labbra
divorano, l’aria e le nuvole in capestri di mani e gesti
m’insegni a non chiedere, all’insondabile che corre di fianco
sui letti e assieme alla crine di pioggia come frange sui tuoi occhi
e chiudi la schiena in uno schiocco, l’onda del suono mi urta
negli angoli bui, la luce è polvere che sbatte e si alza, come inferocita
dalla fame di un noi distorto, rovi di rose fra le fessure di pietra
mentre m’insegni ad armare le braccia d’amore, dallo schianto
più impuro, quando il sangue dipinge le ombre e la notte si fa bisbetica
e indomabile, architetto dei ritorni, segno di questo inverno di lane ed assenze.
M’insegni a ridere dai silenzi... mi piace molto questa immagine
Inizia a essere un vero e prorpio piacere leggerti ... appaghi il mio bisogno di parole che sanno cullarmi :))
e quanto t'insegna non è forse l'amore più grande... quello per sé stessi?
karen*
🙂
manuel*
che dire...:*
mariella*
esatto. l'amore migliore è il nostro