«Esco» dice Telma col tono dei giorni migliori, come se fosse il vento a portarla via.
Si gira verso la poltrona da vecchi, quella che aiuta la gente a rialzarsi. Vede le dita di Paolo contrarsi sul giornale e immagina le sue labbra serrate sulla faccia nascosta.
E' il giorno del suo compleanno e c'è un caldo soffocante anche se è quasi sera. Essere nata d'estate è una fortuna perché il torpore ammorbidisce i ricordi e il numero degli anni non conta più. Si guarda le mani: il sole, il vento e le notti di luna hanno inciso la sua data di nascita in tanti solchi leggeri.
«Quarantasette anni e due uomini convinti di essere unici» soffia all'aria carica di umidità, e ride in un crescendo che si perde per strada.

Aveva cercato in Antonio il balsamo per un matrimonio noioso, ma era stato come inciampare in un altro sasso.
Si erano conosciuti litigando da lontano, senza mai vedersi; ognuno difendeva il proprio punto di vista come si fa con un nemico che cerca di avere il sopravvento. Si erano inviati mail in modo ossessivo, e Telma aveva preso l'abitudine di lasciare acceso il computer anche di notte perché le capitava di svegliarsi col bisogno di sapere se lui le aveva scritto. Ma andava sempre a finire che ritornava a letto irritata per il contenuto della mail o perché non c'era nessuna mail da leggere.
Antonio non si era mai scontrato con una donna così cocciuta e pensava valesse la pena conoscerla di persona, anche perché in fotografia non sembrava affatto male. Ma lei aveva tirato in lungo non sapendo come comportarsi, incuriosita da un uomo così diverso dal marito. Alla fine aveva ceduto, quasi con rabbia, e gli aveva risposto: «Lo sai che sono sposata, quindi non credere di poter fare il cretino con me».

Paolo era nato due anni dopo di lei, ma era come se avesse cent'anni di più. Era maniaco dell'igiene, ipocondriaco, agorafobico e facile agli attacchi di panico.
«Hai così tante patologie da tenere occupato lo staff di un intero ospedale» gli diceva lei senza riuscire a scuoterlo. Ogni refolo di vento era un potenziale assalto ai bronchi, uno spiffero la minaccia di un futuro torcicollo, l'umidità di una notte d'autunno la certezza dell'inizio di un'epidemia influenzale. Viveva la sua mezza età con la cautela di un vecchio acciaccato e, nel tentativo di parare i colpi avversi del destino, consultava ogni mattina le previsioni del tempo come un bollettino di guerra.
Per fortuna Telma aveva molta fantasia e si era abituata a pensare che l'odore di Vicks Vaporub che impregnava la loro camera da letto era il profumo di resina dei mille pini che l'accoglievano ogni notte prima di addormentarsi.

Pioveva sul piazzale della chiesa e la gente tirava dritto senza attardarsi. Un ragazzo etiope cercava di attirare l'attenzione sui suoi ombrelli, ma quel giorno nessuno si era fatto prendere di sorpresa dal temporale.
Da dietro il tergicristallo che ritmava il tempo, Telma teneva d'occhio i gradini che dal sagrato salgono al portale. Aveva scelto un quartiere della città dove difficilmente avrebbe incontrato qualcuno di sua conoscenza ed era arrivata in anticipo per osservare di nascosto Antonio fermarsi davanti all'entrata della chiesa. Non intendeva lasciarsi sfuggire di mano la situazione: nel caso non le fosse piaciuto il suo modo di muoversi e di guardarsi intorno, se ne sarebbe andata senza farsi notare. Credeva molto nell'istinto, anche se sbagliava quasi sempre.
Le mani aggrappate al volante, continuava a consultare l'orologio e diventava sempre più nervosa. «A quanto pare vuol farsi desiderare» borbottò avvicinando il volto al parabrezza. «Gli concedo ancora qualche minuto e poi...»
La portiera dalla parte del passeggero si spalancò di colpo e lui si lasciò cadere sul sedile, gocciolante di pioggia e di buonumore. Il bavero alzato e un sorriso che gli arrotondava le guance, le accarezzò il naso col dorso dell'indice: «Eccomi qua. Neppure un tornado mi avrebbe trattenuto».
Telma lo guardò storto, indispettita per essere stata presa in contropiede, mentre lui ammiccava soddisfatto come un gatto che si è mangiato un topolino. Fin dalle prime battute percepirono entrambi la forza dei pensieri e delle emozioni mal trattenute dell'altro finché, in un crescendo che andava di pari passo con la pioggia battente, si buttarono in una discussione che non avrebbe visto un vincitore.
Rimasero chiusi in auto per due ore saggiandosi a vicenda, incapaci di cedere, ma anche di andarsene ognuno per la propria strada.
«Ecco, lo vedi?» disse finalmente Telma sospendendo il duello per prendere fiato. «A furia di sputar fuoco hai fatto appannare i vetri dell'auto.» E si mise a pulire con furia il parabrezza, come se vedere fuori fosse la cosa più importante del mondo.
Lui le afferrò la mano, le asciugò il palmo e le baciò le dita. «Fine del primo round» disse guardandole la bocca, «il prossimo sarà quello decisivo: vinceremo un premio tutti e due.» E se ne andò senza aprire l'ombrello.
Il premio se lo sarebbero spartito un mese dopo, nell'ascensore di un palazzo occupato da studi di avvocati, commercialisti e dentisti. Antonio aveva pigiato il pulsante d'arresto bloccando la salita fra il terzo e il quarto piano. «Speriamo che non se ne accorgano subito...» aveva sussurrato con l'affanno nel respiro per la voglia di lei. L'eccitazione e la tensione per il timore di essere scoperti facevano parte del gioco e del premio. La sollevò dal pavimento e le premette la schiena contro la parete della cabina. Lei sentì il gelo del metallo attraverso la camicetta di lino e i brividi di freddo si mescolarono al calore che le cresceva dentro esplodendo nel ventre in mille farfalline impazzite. Si morse le labbra a trattenere la voce e strinse forte le palpebre per fermare il mondo.

Telma allunga il passo sull'asfalto che sembra aderire alle suole.
Raggiunta la pensilina della fermata dell'autobus, si appoggia al vetro graffiato e sporco e prende il cellulare dalla borsa. Sfiora i tasti con un polpastrello, s'interrompe e guarda davanti a sé muovendo lo sguardo avanti e indietro, come se stesse leggendo un cartellone. Rivede gli ultimi mesi, come se fossero scritti nell'aria.
«Due uomini convinti di essere unici. Unici e fatti apposta per me» borbotta guardando le ombre deformate della sera che tingono di scuro il marciapiede e la strada.
Riempie d'aria i polmoni e dice con voce sicura: «Non esiste un uomo fatto apposta per me».
Ricomincia a premere i tasti del cellulare: Sono sicura: basta così.
Sceglie un nome, Antonio, e preme 'invio'.
Compone un altro sms: Tra poco arrivo.
Sceglie un nome, Paolo, e preme 'invio'.

MariC
MariC
Nessuno capisce fino in fondo i propri abili sotterfugi, messi in opera per evitare l'inquietante ombra della conoscenza di sé. (J. Conrad)

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12 Commenti

  1. wow... davvero bello Mari
    ben scritto, sembra di essere sotto la pioggia davanti a una chiesa e guardarli davvero...

  2. ahahahha... rido perché ultimamente sembra che gl iautori di wordshelter si siano messi daccordo e i temi di cui si narra parlino solo di suicidi e tradimenti.... Ognuno con il suo stile e ognuno con la sua ironia. Bello MariC il tuo racconto. Bello davvero ed esaltante il finale... con il quale ho riso... perché a volte davvero le decisioni che si prendono sono scelte quasi casuali... perché nessuna è davvero quella giusta.

  3. Bel racconto, delicato e passionale al tempo stesso.

  4. Mi ero messa in testa di scrivere una storia banale, una storia di tutti i giorni (non si fa che parlare di tradimenti).
    Che faccio ora? Passo al suicidio?
    Grazie a tutte.

  5. ahahahahah beh è un'idea...vedo che questo ispirarsi a vicenda di questi giorni su ws sta venendo bene... stiamo anche iniziando a scrivere uno il seguito del racconto di un altro...potrebbe essere un bell' esperimento 😉

  6. Tradimenti e suicidi....

    Ma come, quando li scrivevo io mi dicevano che ero un disfattista...e ora che volevo essere più buono è diventata la moda?

    (Un bel racconto complimenti...e quando dici "volevo scrivere una storia banale" hai ragione, è molto più difficile scrivere una storia banale che un polpettone di paroloni...)

    • bugiardo... noi ti abbiamo sempre detto che scrivi che da Dio anche quando eri 'disfattista' 😛

  7. Sai bene quanto io apprezzi la tua scrittura, e quante volte resto lo stesso stupito della pulizia che sai fare di ogni eccesso e di ogni sbavatura. Tu scrivi bene, lo hai sempre fatto, ma ultimamente hai migliorato il NON migliorabile.
    Bravissima

  8. Forse banale sono io nel farti i complimenti per questo pezzo, ma mi è piaciuto molto
    Brava

  9. Complimenti, letto tutto d'un fiato, mi è piaciuta la frase
    "Aveva cer­cato in Anto­nio il bal­samo per un matri­mo­nio noioso, ma era stato come inciam­pare in un altro sasso."


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