Gli occhi di tua madre sono profondi come il cielo notturno, stellato e pieno di presagi. Un cielo amico, caldo e consolatore, che calma l’agitazione dei bambini prima di addormentarsi, che invita alla quiete e al sogno di un domani migliore. Davanti a me sembrano un libro aperto, ma scritto in un linguaggio incomprensibile.
Qual è il tuo segreto, Maria? Cosa celi nel tuo sguardo di madre, quali verità stringono le tue piccole mani bianche? Me lo domandai fin dal primo istante in cui ti vidi e ora i tuoi occhi scuri sembrano due datteri in una tazza di latte.
Mi racconti che tuo figlio è la sacra promessa mantenuta da Yahweh, un dono grande per il mondo e un regalo di salvezza per l’intera umanità. Venne annunciato dal soffio misterioso di un angelo, un alito leggero che accarezzò l’acqua del fiume increspandola appena, una lieve brezza mattutina che sfiorò la tua pelle come un brivido, colmandoti di luce.
«Era mattina. Quel giorno mi svegliai e portavo nel cuore tutta la gioia dei miei quattordici anni. Sentii una voce che aveva il suono tenue del vento in primavera. Ti saluto, Maria. Rallegrati perché oggi hai trovato la gioia presso Dio. Così mi disse l’angelo. Perché scelse me? Perché proprio io? Non riesco a trovare una risposta. Ero una ragazza come tante, piena di sogni e desideri. Al momento pensai di non riuscire a compiere un destino così grande, avevo paura ed ero molto confusa. Nel mio cuore, però, sentivo di essere totalmente libera come un passero in cielo, nulla mi venne imposto e nessuno mi costrinse. Dio onnipotente chiedeva semplicemente il mio aiuto e questo mi fece sentire indispensabile. Capisci cosa voglio dire? L’Altissimo aveva bisogno della mia collaborazione. Il tutto si nutriva del nulla, di me piccola creatura inutile divenuta parte del suo grande disegno. Il cuore si inondò di gioia e coraggio, come un’anfora di coccio colma d’acqua che esce dal bordo per correre dappertutto. Acqua fresca e pura che irrora la terra e la feconda di speranza nuova. Sono pronta, risposi. Si compia di me quello che hai detto.»
Da quel giorno la tua vita non fu più la stessa. Mangiavi per lui, respiravi e dormivi per quel piccolo frammento di eterno conficcato nel ventre come una scheggia misteriosa e sublime. Ogni attimo che passava sentivi il battito di un altro cuore dentro il tuo, ogni istante più forte di quello precedente.
Un essere nuovo prendeva il tuo spazio e con forza spostava le viscere, muoveva il tuo grembo per trasformarlo in un nido accogliente di madre.
Maria, figlia di Anna e Gioacchino. Maria, lunghe ciglia di sogni, piedi piccoli e svelti che attraversano il mondo. Maria, così presto consegnata ad un destino potente e grandioso, preparato per te dall’alba del tempo.
«Diventerò madre. Un figlio prenderà dimora nel mio ventre per nove lune. Poco alla volta occuperà tutta me stessa. Vivrà nel mio corpo e nei miei occhi, si nutrirà di me, udrà il rumore della pioggia attraverso le mie orecchie. Che ne sarà di noi, piccolo figlio della luce? Che ne sarà di te, seme di grazia? I miei pensieri correvano all’impazzata come destrieri selvaggi. È maschio, mormorai. L’avrei saputo comunque, anche se l’angelo non me l’avesse detto. Certe cose una madre le sa, certe cose le intuisce.»
Quanto difficile fu portare quel figlio, affidarlo ad un mondo ostile, sostenere il peso, le occhiate maligne e i commenti sottovoce di chi ti giudicava? Eri diventata madre prima di essere sposa e portavi in grembo una vergogna così grande, alla luce del sole e davanti agli occhi di tutti.
«La gente non poteva capire. In breve tempo cominciò a vedersi. Il mio ventre si gonfiava come pane che lievita ogni giorno un po’ di più. Dicevano che mi ero concessa ad un altro uomo, che il mio sposo era un ingenuo, uno stupido. Dicevano che avrebbe dovuto ripudiarmi come prescrive la legge di Mosè. È così difficile credere ai miracoli. È stata dura anche per Giuseppe. All’inizio faticava a capire, ma col tempo ha imparato a fidarsi di me. Ha imparato a fidarsi di Dio.»
Ti ascolto, Maria, la tua voce è suadente e sottile. Socchiudi un poco gli occhi come se entrassi in una stanza buia per raccogliere immagini di sogni e potermele raccontare.
«Ero solo una fanciulla, null’altro. Una piccola creatura che vide accadere cose straordinarie nella propria vita. L’angelo mi disse che da quel momento sarebbe ripreso il dialogo tra il cielo e la terra. Un dialogo interrotto al principio del tempo, per un’amara decisione dell'uomo. Quel giorno lontano la storia del mondo venne visitata dalla morte e dalla disperazione. L’orizzonte divenne cupo e privo di speranza, ma con il mio assenso il dialogo riprese amorevolmente e una porta si spalancò in cielo. Non è facile per una madre accettare un destino così grande. A volte vorrei avere messo al mondo un figlio diverso, una creatura qualunque di una qualsiasi madre. Un figlio da svezzare, accudire ed aiutare a diventare uomo. Vorrei proteggerlo ancora come quando era bambino e seguiva ogni mio passo. Abbassavo gli occhi e lo vedevo scorrazzare tra le gambe, rideva e si infilava sotto la veste, al riparo da tutto e tutti. Oggi sono io a seguire lui. Mio figlio è diventato mio padre. È il maestro ed io il discepolo devoto. Vorrei poter essere la sua ombra per stargli sempre vicino.»
Mi stai abbracciando e il tuo abbraccio è un rifugio di pace. Maria, sei il nido caldo che un giorno ricevette tuo figlio e che ora sembra volere accogliere anche me.
Mi sento protetto, al sicuro tra le tue braccia magre che ora mi avvolgono di dolcezza. Non potrebbe essere altrimenti, tutti abbiamo il bisogno disperato di una madre.
Ora sono un piccolo uomo stupito di fronte al miracolo e al racconto di un sogno che non riesco a comprendere fino in fondo.
«Stai vicino a Gesù e lascialo entrare nel tuo cuore. Sii arreso, senza riserve o domande. Lui bussa alla porta di tutti, ma non può entrare se non decidi di aprire. È proprio così. Il Messia ha bisogno di te, senza il tuo consenso non può fare nulla. Questa è la più grande libertà concessa al creato, poter rifiutare l’amore del Creatore e condannarsi a morte. Ascolta attentamente ciò che dico. Arriveranno giorni molto duri, di buio e confusione. La paura ci sbranerà tutti, sarà come un lupo affamato sciolto dalla catena e noi un povero gregge di pecore impazzite che si disperdono nella notte. Stai vicino a mio figlio. Non tradirlo mai.»
Abbassi gli occhi e mi carezzi il viso.
Ti guardo. Sei una piccola donna che ha scrutato il destino di un figlio, dono di Dio e dono per l’uomo. Una piccola donna custode di un segreto, madre di un miracolo di gioia e meraviglia.

Guido Mazzolini
Guido Mazzolini
Nato a Cremona, da allora respiro nebbie fitte, afa padana e pianeggianti sensazioni. Mi esprimo come posso e come so, nello stesso modo che mi è stato concesso da un cinico fato. Scrivo parole convinto che l’espressione sia la magia donata agli esseri umani per potersi elevare e somigliare agli Dei. Non esistono punti fermi nel mio esistere, solo zattere di comprensione in balia di un oceano agitato e onde altissime che conducono, malgrado noi, verso lidi sconosciuti. Per questo credo nella parola espressa come valore supremo; ci credo perché la voglio fortemente mia, la sento scorrere nelle vene più del sangue, possiede un proprio odore inafferrabile ed evoca consapevolezze diverse, la posso toccare con mano, ingoiare e respirare ogni istante. Credo nel “linguaggio dell’inesprimibile”, nelle sensazioni e intuizioni che solo parole non convenzionalmente espresse riescono a palesare realmente. "Sono l’oscuro lato che nasconde la genesi più vera di me stesso." Ho scritto, mio malgrado: "L'Attimo e l'Essenza", "Diario di bordo", "Il passo del gambero", "Suoni", "La ragione degli alberi", "Un celeste divenire". "Destinati a direzioni diverse" è il mio ultimo figlio di carta.

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