Il cespuglio di rose e l'orso bruno

Racconti Maria Musitano

Camminavo verso il cespuglio di rose, quello vicino al confine: era straordinariamente fiorito, i boccioli aperti lasciavano intravedere il doppio colore viola e bianco. Ero così catturata dalle rose da non accorgermi che, poco distante, passeggiava tranquillo un orso bruno. Era talmente tanto assurdo vedere un orso passeggiare lì che inizialmente non pensai a un reale pericolo, pensai più a una allucinazione, ma i miei occhi continuavano a vederlo e così lasciai il cespuglio di rose e spostai la mia attenzione verso l'irreale. Solo allora mi fermai sia con il corpo che con il respiro. Rimasi ferma per non so quanto tempo mentre l'orso continuava lento il suo cammino. Non sapevo quantificare quanto fosse grande, o meglio, grande era grande, ma non sapevo se avevo di fronte un cucciolo perso o un adulto affamato e pericoloso. Lui sembrava non essersi accorto di me e continuavo ad avere l'impressione di non essere in pericolo. La parte più irrazionale di me mi diceva di proseguire e raggiungere le rose perché l'orso non aveva alcun interesse per me; quella più razionale invece mi diceva di cominciare a camminare velocemente, ma senza far trasparire la paura. Bastò questo secondo pensiero per farmi prendere dal panico.Cominciai a correre, dapprima all'indietro convinta che così avrei potuto tenerlo sotto controllo. Correre  in quel modo non era facile e quando caddi capii che stavo solo perdendo tempo; mi rialzai e con tutta la forza che avevo sulle gambe mi avviai verso casa dove sapevo che avrei potuto trovare riparo, dove avrei tratto in salvo la mia vita.

Il cespuglio di rose avrebbe potuto aspettare. Corsi e mi accorsi a quel punto che anche l'orso mi aveva notata e anche lui, con passi più veloci, aveva preso a rincorrermi. Sentiva il mio sudore, forse aveva fame e da quello che sapevo degli orsi, mi immaginavo già sbranata dalle sue fauci.

Corsi e corsi e corsi fino ad arrivare alla cantina della casa, primo posto utile dove potermi nascondere e trovare riparo da una morte atroce. Sbattei la grande porta di ferro e mi persi a cercare di chiuderla con la chiave che non girava. Solo allora voltandomi vidi mia madre che a quel punto era irreale come l'orso considerando che era passata a miglior vita da quasi cinque anni. Ma non c’era tempo per cercare di dare un senso a tutto quello che stava succedendo. Qui era un caso di vita o di morte almeno per me, visto che mia madre era già morta. Così le gridai di chiudere la porta perché c'era un orso. Lei mi guardò da dietro le spesse lenti, mi sorrise e si girò verso la credenza sopra il lavandino e prese del pane. Mi spostò con delicatezza e spalancò la porta. L'orso era sullo spiazzo di cemento adiacente e con il muso basso seguiva il confine coperto d'edera. Mamma gli si avvicinò con passi decisi, ma affatto minacciosi e gli offrì il pane: l'orso lo prese dalle sue mani senza torcerle un dito, un capello, niente. Aveva fame e lei lo stava nutrendo. Uscii dalla cantina e li raggiunsi. Spostavo il mio sguardo incredulo ora sull’orso ora su mia madre, ora su mia madre ora sull’orso.

Fu allora che un rumore conosciuto cominciava a prendere forma e consistenza in quella scena irreale e di colpo serena. All’inizio sembrava una sirena. Una sirena lontana o forse le campane della chiesa del paese che chiamava i suoi concittadini alla messa pasquale. Il suono riempiva la scena ma né l’orso né mia madre ne sembravano infastiditi. L’orso aveva mangiato tutto il pane e si era sdraiato a pancia in su e guardava mia madre e io ebbi la netta sensazione che la stesse ringraziando: mi ricordava un grosso cane che chiedeva coccole. Mia madre si piegò sulle gambe e prese a carezzargli la pancia pelosa e dall’aspetto morbido. L’orso emetteva rumori che ricordavano le fusa di un gatto mentre le campane o forse la sirena continuavano a riempire con il loro suono tutta la scena.

Cominciai a sentire qualcosa inumidirmi il volto, mi voltai e allungai il braccio fino al comodino dove a tentoni spensi la sveglia mentre il gatto non smetteva di leccarmi per ricordarmi che era ora di alzarsi.

Maria Musitano
Maria Musitano
Ritrovai il mio cuore nascosto sotto un cespuglio.

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1 Commento

  1. Sinceramente non ho ancora caipto che lavoro fai, anche se mi verrebbe da buttare lec un "Ingegnere aerospaziale?".Ecco, insieme all'ingegneria navale, l'aerospaziale e8 quella che mi sembra pif9 fichissimamente fantastica di tutte.Pensa che la cognata di un mio amico e8 ingegnere aerospaziale, e oltretutto e8 appena diventata mamma.Io mi stupisco, faccio certi occhi grandi cosec.Al di le0 del femminismo, al di le0 di tutto, mi fa ancora effetto immaginare una mamma ingegnere aerospaziale.Oltretutto e8 pure bellissima e ha un nome elegante e delicato.In bocca al lupo, questo tuo sogno e8 una cosa troppo importante.Lascia che il diamante durissimo se ne vada per la sua strada. Vincere0.Scommettiamo?


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