AVVERTENZE: CONTIENE SPOILER
Scrivo da fan storica, il libro è tra i miei scaffali da oltre vent'anni ormai, molto oltre temo. Ha resistito a tutti i traslochi come pochi altri libri che mi porto dietro.
Il film, l'originale, quello anni novanta per intenderci, è nella mia lista cult. Fa parte di quella serie di film che hanno accompagnato il mio passaggio da infanzia a adolescenza insieme a I goonies, La storia infinita, E.T. ecc.
Non ho mai amato l'horror perchè di solito è fine a se stesso, ma questo non l'ho mai considerato tale, per me da sempre racchiude una morale forte, una storia che ti lascia qualcosa. Certamente ha popolato i miei incubi e quelli dei miei amici dell'epoca, ma ci ha anche arricchiti.
Negli anni novanta si avevano amici così, io li avevo. IT lo abbiamo visto tutti insieme tenendoci per mano; non c'erano cellulari e vita virtuale, ci vedevamo per strada, ci chiudevamo tutti insieme a casa di qualcuno, ci preoccupavamo l'uno dell'altro, stringevamo legami, alcuni dei quali sono durati nel tempo.
Ma questa è un'altra storia.
Avevo apprezzato già il remake della parte uno quando è uscito. Ieri ho visto al cinema la parte due. Negli ultimi giorni continuo a leggere e sentire commenti su questo film che mi hanno spinto a scrivere questo pezzo. Sento da conoscenti e amici pareri discordanti. Critiche forti. La frase più ricorrrente è che non fa abbastanza paura, o che in confronto al vecchio non c'è paragone... ah qualcuno dice che fa ridere.
La cosa mi ha molto stupito e ho cercato di analizzarla.
Per me è un capolavoro assoluto. Ho amato la presentazione che hanno fatto vedere al cinema dello stesso Stephen King e il suo piccolo ruolo all'interno della pellicola, dove interpreta, per cinque minuti, un negoziante di Derry. Negoziante che rivende la vecchia bicicletta imbattibile a Bill ormai ultra quarantenne. Gli ridà il suo potere di bambino.
Ma queste sono minuzie, a parte la scelta degli atttori, secondo me azzeccatissima, la vera perla di questo remake è il lavoro fatto da King sull'aggiunta dei dettagli, sulla spiegazione profonda, psicologica e metaforica di quello che IT ha sempre voluto rappresentare.
Il mio parere è che questo film sia troppo. Troppo profondo, troppo sù, per essere capito dalla massa. Si viene travolti da una valanga di metafore psichiche che non sono forse così banali da essere percepite da chi non guarda con occhi preparati.
Gli effetti speciali ci sono e vi assicuro che fanno saltare sulle poltrone, ma è vero, fa anche ridere, perchè quelle raccontate sono persone normali come noi, che hanno paura, che si fanno coraggio, che in un momento assurdo sono capaci anche di fare una battuta fuori luogo per tenere a bada il terrore.
Ho amato la numerosa serie di flash back di loro ancora ragazzini, ricordi aggiunti, dettagli non raccontati prima. Questi, mischiati con il presente, e l'evoluzione della storia per come viene raccontata, mostrano questo di gradioso: IT rappresenta le nostre paure e il modo che abbiamo di materializzarle, ti spiega come da queste e dai traumi della vita si può scegliere di diventare più forti o arrendersi e soccombere.
Ti fa vedere più palesemente che IT è un pagliaccio inquietante perchè nella mente di un bambino esprime al meglio il suo terrore, e, allo stesso tempo, lo attira, ma in realtà sono i nostri mostri interiori che noi interpretiamo come meglio possiamo per non guardarli davvero in faccia. Perchè a volte è più facile pensare che un mostro terrificante ti stia alle calcagna piuttosto che affrontare le cose della vita che ci hanno ferito profondamente.
Questo film racconta questo: che crescere non è diventare adulti, bensì rimanere bambini crescendo interiormente e rafforzandosi, usando i problemi, come dall'etimologia stessa della parola 'problema', come una spinta in avanti, un motivo per diventare più grandi, dentro. Un pò come usare il vento sfavorevole a proprio vantaggio durante una tempesta in barca a vela. Racconta come i nostri problemi si nutrono delle nostre paure, e se la paura si vince, il mostro sparisce.
Ti fa capire che loro sono fieri di essere dei perdenti da sempre, perchè essere perdenti significa non avere niente da perdere. Il che vuol dire essere più forti della paura, essere pronti al cambiamento, a lasciare andare il passato e i suoi fantasmi, ma anche avere il coraggio di lasciarsi indietro cose che amiamo, quando è giusto, per poter proseguire oltre.
Molto significativo il finale, con un richiamo al problema del bullismo tanto attuale. Quando loro, per rendere IT vulnerabile, iniziano a prenderlo in giro insultandolo, perchè questo rende più piccoli noi minando la nostra autostima, ma dà lo stesso effetto su un mostro apparentemente spaventoso. Sempre nel finale loro provano ad attuare un rituale sciamanico per annientarlo e la frase che ripetono è: 'la luce è oscurità'.
Questo è un altro punto chiave, la sottile linea che divide il bene dal male non è definita. Tutto è relativo, perfino IT che rappresenta il male assoluto nella mente di chi ha letto il libro o ha amato il film anni novanta, beh perfino lui non è il male assoluto, c'è l'altra faccia della medaglia. Penny Wise una volta bullizzato dai protagonisti ormai grandi, non adulti, diventa piccolo, sempre più piccolo, fino quasi a fare tenerezza, nei suoi occhi si percepisce commozione e paura, il suo cuore pulsa e loro lo prendono in mano. IT ha un cuore, sì.
E tutto si spiega nelle sue ultime parole quando guardandoli così forti e finalmente liberi dalla paura prima di morire dice: 'mi siente mancati, guardatevi, come siete diventati grandi...'
Lo dice come un padre, degno di essere chiamato tale, lo direbbe a suo figlio vedendo l'uomo meraviglioso che è diventato.
IT è fiero di loro, è fiero di essere stato sconfitto. Qui si svela tutto. Il dolore e l'attraversamento dei problemi della vita a volte sono necessari, funzionali. Come diceva Eraclito non esisterebbe il bene senza il male perchè non ci sarebbe un termine di paragone. Il buio e la luce sono la stessa cosa, due facce di una stessa medaglia. Lo stesso IT è come se ammettesse di averli terrorizzati per ventisette anni solo per costringerli ad affrontare e superare per sempre le loro paure, i loro traumi, le loro debolezze, e in fondo non si è divertito a farlo.
Era un suo dovere.
E questo si capisce già quando qualcuno nel film dice la frase: 'ora per sconfiggerlo dovrai vederlo nella sua vera forma'.
Il pagliaccio è una decodificazione della nostra mente razionale, un po' come quando diamo forma e racconti ai nostri sogni onirici: decodifichiamo cose che non conosciamo o non siamo pronti a vedere, per questo raccontando un sogno ci perdiamo spesso nel dire cose tipo: ho sognato mio padre, ma non era proprio mio padre, a un certo punto diventava il mio amico di infanzia ecc..
La verità è che noi non abbiamo sognato nostro padre, né il nostro amico d'infanzia, ma quello che rappresentano per noi.
Forse la stessa frase che Penny Wise ripete da sempre: 'vieni a giocare con me', nasconde un invito profondo a prendere la vita e le sue sofferenze come un gioco, un video game, in cui solo se superi il primo quadro puoi passare al secondo e così via. Una sfida continua con se stessi.
Questa nuova visione di IT ci invita a guardare oltre il velo, a essere disposti a guardare in faccia il mostro che abbiamo dentro e dirgli 'io non ho paura di te e sono pronto a lasciarti alle mie spalle perchè non mi spaventa perdere nulla. Sono un perdente, quindi vincerò sempre'.
E ora aspettiamo Doctor Sleep, atteso sequel di Shining, ho l'impressione che sarà sullo stesso filone, il ragazzino sul triciclo è diventato grande, ma ora tutte le cose strane che gli capitavano da piccolo le chiama 'la luccicanza', la capacità di VEDERE, dice King nella presentazione, e perderla diventando adulti, ho paura, sia una cosa brutta.
Karen Lojelo
Non condivido ma è scritta bene.