di Vito Tripi
La tranquilla campagna umbra è lorda di sangue…un feroce serial killer, che ama mascherarsi nei modi più astrusi da Topo Gigio al Gabibbo, si diverte ad uccidere e smembrare le persone, in particolar modo prostitute. Cosa c’è dietro l’ordine maniacale con cui sistema i resti dei corpi nei cassonetti? E perché ne asporta alcune parti e non altre? Ad indagare, suo malgrado, sul caso si troverà Luca Martone, uno dei primi profiler italiani della P.S., brillante investigatore dalla promettente carriera, proprio mentre si trova in ferie nei luoghi della sua infanzia. Ad affiancarlo i collaboratori di sempre gli ispettori Massimo Concas e Shaba Mosetti, nonché la Benemerita locale a partire dall’amico d’infanzia il maresciallo Gino Saltafossi e il brigadiere Axel Piazzesi oltre alla PM Valentina Lezzi.
Ma il serial killer non è uno sprovveduto, anzi, si dimostra un avversario pieno di risorse che riesce a muoversi tranquillamente sul territorio senza essere visto quasi come un fantasma. Ma sorgono anche altri dubbi: che cosa ha di così particolare Villa Saponaro, dalla sinistra fama di casa maledetta, e il suo proprietario Ovidio Saponaro pittore naif dei primi del ‘900 dalla fama di visionario e satanista? Cosa c’entra la macabra statua sulla tomba della giovane Antilia Beltrami? E chi è Girolamo Segato, misconosciuto scienziato degli inizi del diciannovesimo secolo? E mentre questi è più dubbi affollano la mente di Martone egli deve fare i conti in primis con il male che si cova dentro, che se non lo consuma fisicamente gli logora l’anima, con l’arroganza e l’incompetenza delle autorità locali e per i suoi interessi verso la giovane e bella PM. E intanto il maniaco stringe la sua presa vicino all’indagatore puntando anche chi gli sta accanto inizia così un’angosciosa e disperata lotta contro il tempo.
Un thriller tutto made in Italy che affascina e avvolge il lettore come tra le spire di un cobra. Uno stile asciutto e diretto che arriva sino al cuore di chi legge trascinandolo dalla prima all’ultima pagina lasciandolo soltanto alla parola “fine”. Questo è “La casa dalle orbite vuote” di Alberto Levi Kessler edito dalla Zines. Un libro indubbiamente interessante ben scritto, che usando un espressione in uso “si fa leggere”. Con poco più di duecento pagine si dimostra una chicca nel panorama della letteratura di genere nostrana, ben diverso dai mattoni di Faletti, dalla retorica di Camilleri o dalla cronicistica di Lucarelli. Anche ai personaggi, per il loro essere variegati e soprattutto adeguati alla trama, è impossibile non affezionarsi.
Soprattutto Levi Kessler, in realtà pseudonimo di una grande voce della Rai, riesce a toccare alcune tematiche delicate oggi più che mai attuali. A partire dalla piaga dell’immigrazione clandestina e dei falsi viaggi della speranza che con una limpida crudezza viene affrontata in poche pagine nel primo capitolo; per non parlare del dramma della sclerosi multipla che colpisce il protagonista del libro; sino alla discussa presenza dei nostri militari in Afganistan vista con gli occhi di una famiglia della provincia umbra. Il tutto evitando buonismi, luoghi comuni o retorica. L’autore riprende anche una piccola leggenda metropolitana romana quella di Villa Manzoni detta anche la “Casa del Diavolo” sulla Cassia in cui negli anni Venti fu rinvenuto il cadavere carbonizzato di una donna orribilmente mutilato…il delitto è ancora irrisolto e la casa a tuttoggi gode di una sinistra fama.
Forse gli amanti del “Maresciallo Rocca” o di “Carabinieri” potrebbero storcere un po’ il naso visto che il capitano dell’Arma Evaristo Brambilla, un nome un programma, è un personaggio alquanto odioso.
bellissimo fin dal titolo, letto tutto d'un fiato wow
🙂
a me sinceramente e' venuto sonno gia' a meta' del riassunto qui sopra.... (alpexex che non riesce a commentare da loggato)
ps quand'e' che il gabibbo non uccide?