In inverno la cioccolata calda in tazza nei pomeriggi domenicali a casa dei nonni era quasi un rito. Sentivo il rumore delle antine dei pensili che si aprivano fin dalla stanzetta in cui giocavo con le costruzioni o con le automobiline. Ascoltavo le voci; lasciavo tutto per andare a sbirciare. Sul banco della cucina c’era il contenitore del latte “Giglio” in vetro e la confezione del cacao amaro in polvere “Perugina”; ce le ho ancora stampate davanti agli occhi.
Nella sala attigua mio padre ascoltava le cronache delle partite di calcio da una radiolina rossa rettangolare che si poneva vicino l’orecchio per sentire meglio; la televisione rimaneva fissa su “domenica in”; mio nonno riposava sul divanetto con gli occhi socchiusi; mia nonna raccoglieva la biancheria asciutta dalla tramontana sul balcone e preparava l’asse da stiro; mia zia e mia madre a preparare il cacao.
Mi sedevo allora al mio posto, sorridente, al grande tavolo, e aspettavo che fosse pronta la cioccolata. Veniva servita in tazze bianche, senza piattino, con due zollette di zucchero. Per prolungare il piacere di quella delizia golosa, la gustavo con il cucchiaino. L’aroma del cacao si spandeva in tutta la casa, e mi piaceva avvicinarmi alla finestra per guardare fuori l’inverno.
Che magica suggestione! A 10 anni mamma m'insegnò a cucinare la crema...
Ah quanto mi piace la cioccolata calda... peccato che nei miei ricordi non ci siano domeniche trascorse in attesa della tazza bianca di cioccolata... però le immagini che evochi sono così vive che un po' ora le sento anche mie...
quanti ricordi hai risvegliato... grazie!
Grazie a voi per l'apprezzamento , Marco .