La veglia funebre

Racconti MariC

 

Non mi è mai piaciuta la montagna di sera. E comunque anche di giorno sono facile alla depressione in montagna.
Sa di marcio e puzza di umido al crepuscolo. Il sole profuma, ma la notte decompone.
E poi scricchiola di tanti piccoli movimenti. Quasi tutti insetti, credo. Formiche, scarabei, lombrichi... no, i lombrichi non sono insetti. Ma si sentono.
Dovrebbe essere freddo, tanto più che c'è il vento. Tante volte nella vita sono rimasta ad ascoltarlo, ma non ricordo quello che succedeva dietro al vento.
Non ho nessun flash di quel genere. È come se non avessi mai vissuto. Forse è perché non ho mai saputo cogliere l'essenziale. Mi sono sempre persa nelle banalità.
C'è tanta luna stasera. Non piena, ma comunque abbastanza per vedere bene.
Gli occhi marciscono subito e si riempiono di larve. Lo specchio dell'anima è giustamente il primo a scomparire.
Mi è andata bene. Non sento dolore. Si deve essere spezzata una delle prime vertebre.
E niente sangue. La viscosità del sangue mi fa schifo e il rosso nella penombra m'inquieta.
Meglio così. Dopo una vita che non ha lasciato il segno, il destino mi è a favore.
A parte la montagna.
Sarei potuta cadere su una scogliera. Ma la testa si sarebbe spaccata assieme alle vertebre e non avrei avuto quest'ultima possibilità per imparare a vivere. Che poi non mi servono a nulla, questi attimi. Finiscono con sé stessi.
Ma guarda! La classica nuvoletta davanti alla luna. Una regia perfetta. E le fronde degli alberi mosse dal vento.
La posizione supina è un punto di vista privilegiato.
Fortuna che mi sono lavata i capelli. Sono lunghi e lucidi, e sparsi sull'erba fanno la loro figura.
Gli sbalzi termici mi hanno sempre infastidito; e il troppo caldo, e il troppo freddo. Ora sto da dio.
Peccato che durerà poco. Il cuore batte strano e il respiro non è più così fluido.

Purtroppo mi illudevo. Non sono affatto fortunata. La mia vita è coerente dall'inizio alla fine.
Dovevo immaginarlo.
Del resto solo in un luogo chiuso li avrei scampati. Magari ieri, se fossi caduta dalla scala a pioli che porta in mansarda. Ma ci sto sempre attenta.
La nuvola è scomparsa; ora la luna è sola. È meno coreografica, se vogliamo.
I capelli mi fanno solletico sulle guance. Chissà in che posizione sono le braccia e le mani. E le gambe. Se non altro i pantaloni garantiscono un po' di decenza.
Adesso sono in tanti e sono proprio sopra di me.
Forse li ho temuti tutta la vita perché sapevo di questo momento.
Si stanno abbassando, o sono io che me l'immagino?
Hanno ali ampie. Sono senz'altro rapaci. I peggiori. Non c'è nulla di più disgustoso: becchi, artigli, occhietti lucidi, piume.
Luride schifosissime piume.
Ma, a rigor di logica, dovrebbero aspettare fino alla fine, quindi non dovrò assistere al loro banchetto.
Una formica si è arrampicata sul dorso del naso. La vedo a fatica chiudendo un occhio: è piccolina, nera sulla pelle spettrale.
Il sangue fluirà verso il basso e creerà delle macchie sulla pelle. L'ho letto in un romanzo giallo. Così potranno stabilire l'ora. Ma dipende da quando arrivano. Potrebbero non trovare più tessuto molle.
La vista se ne sta andando. Ora distinguo solo le ombre, sempre più vicine. Ma sento perfettamente il fruscio delle ali, sempre più vicine.
Battono il ritmo della morte.
Il respiro è diventato rumoroso. Adesso si chiama rantolo. E col rantolo se ne va anche la coscienza. L'ho letto. Non so dove, ma l'ho letto.
Chissà in quanti parteciperanno alla cena della mia veglia funebre...

MariC
MariC
Nessuno capisce fino in fondo i propri abili sotterfugi, messi in opera per evitare l'inquietante ombra della conoscenza di sé. (J. Conrad)

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9 Commenti

  1. Mi piacque leggerlo tutto d'un fiato... un pò macabro ma bello.

  2. mi piace... si è macabro... di solito è preferibile non parlare di morte, ma tu lo sai fare meravigliosamente

  3. Scritto benissimo. La scelta della prima persona rende immediata l'inquadratura. Pochi istanti di lucidità prima della morte o dopo la morte per mostrare la parte di ognuno che sopravvive. Decisamente originale.

  4. Io, vorrei la montagna per il mio ultimo respiro. Com'è strano il modo di percepire i luoghi, gli ambienti.
    L'atmosfera che avvolge questo racconto mi ha coinvolta, non l'ho sentita macabra, è parte della vita
    la morte, è la sua conclusione. Mi è piaciuto molto come lo hai scritto, l'ho riletto più volte ...la montagna
    è un posto bellissimo per andarsene.

  5. A me la montagna mette tristezza la sera, e forse è proprio per questo che l'ho coniugata con la morte.
    Non volevo essere macabra, volevo solo accompagnare un'anima che se ne va in solitudine.
    Mi hanno chiesto: 'Immagina la tua morte'. E io me la sono immaginata così...

  6. e l'hai immaginata, e raccontata, stupendamente, se così si può dire di questo argomento.
    Un racconto bellissimo, comunque :))

  7. Insolito.. spiazzante.. geniale.. come piacciono a me i racconti..
    😉

    • vero Jan?


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