Un colpo lontano, netto e definitivo. Arriva discreto come un segnale senza importanza seguito da un puff finale. Un puff che ha il peso del metallo e la morbidezza della gomma.
I pensieri restano in sospeso mentre dietro i miei occhi socchiusi si disegna la porta del deposito. Un mistero noto nella sua essenza, ma con chilometri di immaginario impilato e numerato.

Il signor Ampelio mi passa accanto con le dita infilate nella fettuccia del raccoglitore che gli tende il braccio verso terra. Si avvicina, solleva il plico e lo lascia cadere con un tonfo sul bancone.
Continuo a sfogliare il fascicolo che ho davanti. Le dita indugiano sulla limatura di ferro imprigionata nell'inchiostro e seguono la grafia curva che corre verso il punto. Inclino il foglio attratta dal luccichio delle particelle che hanno asciugato i solchi sottili sulla carta spessa e irregolare.
Il polverino. La scoperta del mio primo giorno in archivio. L'impronta del passato che diventa mia fissandosi nel solco dei polpastrelli. Un'emozione che si ripete ogni volta con la stessa intensità. La materia che dà vita alla storia.

Mi alzo e raggiungo la postazione di Adina, l'archivista col nome da melodramma.
«Brutta giornata?» le chiedo mentre ci avviamo verso la macchina del caffè.
«Non me ne parli. La settimana scorsa due, questa settimana tre. Ed è solo mercoledì...»
«Due, tre... di che cosa?» chiedo mentre infilo le monete nella fessura.
«Uomini. Sempre uomini.» Soffia sul caffè nero e amaro e continua: «Sognano la pensione per tutta la vita e poi, quando arriva il momento, non sanno che fare del loro tempo...»
«... e vengono qui a sfogliare vecchi documenti» concludo.
«Magari! No, no. Quasi tutti mandano le loro richieste per e-mail. Vogliono risalire indietro nel tempo per scoprire le loro radici. E sono tutti convinti di avere antenati illustri. Così occupano il mio tempo in ricerche assurde fra rubriche di notai, denunce di successioni, testamenti, catasto...» Butta il bicchierino vuoto nel cestino e si aggiusta gli occhiali sul naso: «Ora, con l'ultimo, non so che fare. Ho scoperto che nel 1874 un suo antenato è stato condannato a cinque anni di detenzione per stupro.»
«Beh, non esattamente quello che cercava.»
«Infatti. A volte, oltre al futuro, è meglio ignorare anche il passato.»
Annuisco convinta, mentre lei riprende: «Col tempo mi sono fatta una tassonomia di questi individui in base alle loro reazioni. C'è il Diffidente che è convinto di trovare quello che ha in testa lui e che non è mai soddisfatto del risultato; c'è l'Entusiasta che è spinto solo dalla curiosità e che è pronto ad accettare qualsiasi cosa; c'è il Cocciuto che non molla l'osso neppure quando è evidente che non c'è nulla da scoprire... e potrei continuare».
«E l'uomo con l'antenato stupratore? A che categoria appartiene?»
Adina guarda verso l'alto, come a cercare ispirazione, poi risponde con una smorfia: «Temo che sia del tipo Struzzo incazzoso, quello che rifiuta l'evidenza e s'incazza pure. Il peggiore.»
Mentre torniamo alla sala di consultazione, aggiunge: «Non gli dirò nulla».

Il signor Ampelio passa di nuovo. Ora ha le mani vuote e lo sguardo assente. Borbotta i numeri del faldone che deve cercare. A volte li memorizza sbagliati, altre volte li dimentica strada facendo e deve tornare sui suoi passi.
Un puff e scompare

MariC
MariC
Nessuno capisce fino in fondo i propri abili sotterfugi, messi in opera per evitare l'inquietante ombra della conoscenza di sé. (J. Conrad)

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4 Commenti

  1. Deve essere un'ambientazione inquietante dentro un archivio...

    infatti, al di la della trama e i suoi significati, il contorno definisce tutte le sfumature e quadra tutto.

    Niente male...

  2. Mi sono immaginato quell'archivio, pieno di fascicoli e plichi impolverati
    ma poi mi sono immaginato quelle categorie di persone a cercare nel passato....e che, probabilmente, hanno le stesse aspettative dal futuro dei loro figli
    Bello squarcio di vita 🙂


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