Prima di tutto, c’era stato sempre qualcosa.
Sempre qualcuno, prima di lei.
Le cose da fare, gli avvenimenti più importanti,
in quella famiglia troppo vivace e lenta,
lenta per capire che il tempo si investe a volte in qualcosa di meglio,
e che urge acciuffarlo prima che si logori la volontà
come una tela di ragno troppo fragile nella quale il sole non si posa più.
Così i suoi capelli tagliati all’improvviso erano stati un dire no
al tempo suo rubato, inutile,
schiarito mai ma falsamente ossigenato, come certe capigliature finte appunto.
Eppure continuava ad essere graziosa,
ed era tutto il contrario di quello che si sarebbe aspettata.
Forse era colpa delle labbra morbide,
e di curve che gli abitini informi non bastavano a dissimulare,
o degli occhi scuri e attenti come carbone acceso.
Il problema è che era graziosa in modo diverso.
Così la madre la rimproverava spesso, troppo spesso,
del suo abbigliamento che non la rivelava, della scelta di robetta semplice
che non la valorizzava mai.
E rifiutava il suo bisogno di altro come fosse stato
il frutto d'una maledizione sulla sua testa di madre.
Appena cominciava a riprendersi lei era sempre e subito lì, a fermarla,
a bloccarle l’anima, come fosse un cavallo imbizzarrito,
e non un semplice fiore che vuole scoprire il suo profumo.
Ed anzi diveniva sempre più esigente,
scaricandole sempre più faccende, controllando ogni sua mossa,
così come avrebbe controllato ogni suo pensiero se solo avesse potuto vederlo,
facendo di tutto per annientarlo, schizzinosamente e fortemente.
Così Mara guardava senza vedere come si fa da un finestrino d’una macchina ferma
la vita attorno passarle, la vita intenta e superficiale…
che ogni tanto con la sua mano ossuta pareva farle un gesto sfottente di saluto.
La terra della certezza incrollabile di sua madre
non veniva sfiorata dall’acqua del dubbio,
e Mara pareva a se stessa un’isola in cui giace il senso,
sprofondato chissà dove e mascherato dalla consueta, abbagliante linearità.
Sulla soglia del giardino inesplorato restava sospesa fra i suoi pensieri,
attendendo che la vita venisse in qualche modo a galla staccandosi dal fondo.
Inconcepibile vedere chi sei…
è da sempre che ti plasmano, quasi fosse un investimento per sentirsi a posto.
Come ti permetti di rischiare di rendere vano tutto ciò che hanno cercato di darti?
Con quale diritto pretendi d’essere diversa,
se quello che va fatto è appurato da una vita intera?
Così, non riuscendo a placarsi,
né a somigliare a ciò ch’essi pensavano fosse giusto e dignitoso,
Mara contribuiva forse ad annullarsi…
Ogni suo tentativo lo aveva destinato ad essere un disastro…assoluto e totale,
perché quel senso di colpa e quella paura dentro il petto erano come due avvoltoi.
Poi si dondolava su una sedia della cucina,
e credeva d’essere uno degli avanzi della cena…
e non sapeva neppure di chi era stata quella cena, e perché.
Falliva per nutrire la quiete di quelle spalle girate
a quel piccolo sole ch’era divenuto prepotente in lei
e che dicevano di garantirle tutto, forse.
Inutili grovigli della mente,
ed intanto avrebbe voluto correre col vento fra i capelli per trovare Mara…
ma non sapeva dove.
Allora restava là, fingendo di non essersi mai allontanata da casa.
“Una giovane lucertola col cappottino di naftalina…”, all’improvviso si vide così.
Elena Condemi
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