Non si spezzano certe catene, certi fili invisibili, credi di averli lasciati andare ma ti restano impigliati ai vestiti, sotto le unghie, si sono annodati in un angolo nascosto dentro, a volte nemmeno troppo nascosto. Stanno lì, a volte si allentano e davanti a certe strade conosciute bene, tirano, tirano ancora troppo. Ti fanno voltare, alzare la testa e guardare in alto, ad una finestra con la luce spenta. Sorridere con un sorriso amaro, impastato di sale, lacrime secche pronte a sciogliersi ancora. Hanno note aggrappate, note di una canzone stonata di cui non riesci a cancellare le parole dalla testa.

Domande, strozzate nella gola, rimaste senza risposta, rimaste senza più nemmeno la domanda stessa. Silenzi, spezzati solo da sospiri, nessuna spiegazione o forse troppe, stanche di ripetersi ma che non bastano a me, perché non saziano, non dicono, accennano, spaventano, fanno rabbrividire e inumidiscono le ciglia.

Si resta così a volte, appesi a una parola che dovrebbe essere seguita da un’altra, quella buona, quella che non arriva, quella rassicurante, che accenda almeno una speranza o che dica almeno… non è colpa tua, non hai sbagliato niente.

E invece ho sbagliato, senz’altro, tutto.

Me ne accorgo al buio quando rivedo quello sguardo in un sogno che si ripete ricorrente, almeno una volta al mese, che non si stacca dalla mia anima stanca che eppure ancora non si stanca, di torturarsi, di rimettere insieme i pezzi per capirne il disegno, di quel puzzle di cui…  manca sempre un pezzo.

Ma sì, sì lo so, è colpa mia, quella colpa che non so trovare ma sta nascosta da qualche parte, quell’errore che evidentemente non ho mai smesso di fare e non riesco a riconoscere, non riesco a fermare.

Non mi manchi tu, mi manco io, quella che ero, quella che ero capace di diventare, quello che pensavo, il modo in cui riuscivo ad essere felice. Mi manca quello in cui credevo, la costanza, la caparbietà, la fiducia, la luce negli occhi… la speranza.

Mi manco io, quando mi sentivo importante almeno per te.  Mi manco io, quella che sapeva volare anche restando ferma, che non si stancava di camminare e pensava che tutto, tutto avrebbe trovato un verso, il verso giusto.

E invece no, vivo di passi buttati uno davanti all’altro, per inerzia. Passi fatti perché bisogna, di quelli che pensi che da qualche parte porteranno, invece solo alcuni, uno su mille, portano in qualche posto. Un posto che nemmeno sai se ti andrà di restarci, ma almeno hai fatto un altro passo. Giusto per passare il tempo.

Vivo di piccole cose a volte, che è pure meglio, dicono, ma io non ho capito bene il senso.

Passi falsi, quanti ne ho fatti… e quanto sembravano giusti…

Karen Lojelo

Karen Lojelo
Karen Lojelo
Karen Lojelo, nasce a Roma il 25 giugno del 1976. Ha pubblicato 'L’amore che non c'è' romanzo 2008), la raccolta di poesie 'Binario 8' e 'l'ebbrezza del disincanto' (romanzo 2012). Nel 2013 è andato in scena uno spettacolo teatrale scritto da lei: Riflessi con la regia di Virginia Pavoncello. Nel 2018 è uscito il romanzo 'Non ti scordar di te' edito da Viola editricee vincitore del premio speciale della giuria al concorso internazionale Montefiore, subito dopo 'Margherita' una raccolta sui generis di racconti e monologhi su questo personaggio immaginario e dedicata alla sensibilità femminile. A novembre 2018 viene pubblicata una nuova edizione indipendente rivisitata e corretta di 'Binario 8', poesie strettamente collegate con i racconti di 'Margherita'. A breve è prevista anche l'uscita di un'antologia di racconti da lei curata con la partecipazione di altri scrittori tra cui nuovi autori e nomi noti. Gestisce un sito multi autore che promuove la scrittura e l’arte in tutte le sue forme //www.wordshelter.it/ Il suo sito personale //www.karenlojelo.it/

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