In qualche modo sorpreso dai pensieri che parevano avermi temporaneamente
abbandonato, iniziai a fissare i gesti del primo violino, come ipnotizzato.
Ogni singolo muscolo, ogni singolo tendine si muoveva in perfetta armonia
con il resto del corpo, secondo i dettami del cervello ma sopratutto di
quella che ormai era diventata un'abitudine consolidata nel tempo, nei teatri.
Le movenze erano diventate parte integrante di un rituale, la sua ossatura;
ma anche un riflesso della luce nera che alimenta il fuoco della passione
per il pentagramma.
I fili invisibili della musica stavano per far muovere le marionette
sul palco; marionette allegre, a ben vedere...

Ma fu in quel preciso istante che le parole tornarono, con tutta la loro
antipatica irruenza, ad annientare il silenzio che la mia mente aveva
inaspettatamente trovato, intuito e ferocemente fagocitato.

Parole.
Quanto potere hanno quei piccoli tratti di penna che, diligentemente,
tracciamo su un semplice foglio di carta o nell'emisfero sinistro del
cervello, sede del linguaggio?
Immenso.
Talvolta, anzi spesso, incontrollabile ed incontrollato.

Fin da piccoli ci vengono iniettate nel sangue, per evidenti necessità
legate allo sviluppo del pensiero, delle tradizioni: insomma, della vita.
Simboli alfanumerici in grado di costruire e rendere immortale la memoria.

Così capita che la lama di un amore disilluso, cruento ed ottenebrante
nel suo imprevisto epilogo, acquisti nuovo vigore e filo tagliente.
Dimenticare un volto è facile: con il passare del tempo i contorni si
fanno via via più confusi e sfocati. Con le parole invece, tutto è più
difficile; dannatamente difficile.
Frasi dette e non dette, pensieri accuratamente conservati nei cassetti
di una scrivania in robusto legno di noce o riportati sul retro di una
cartolina postale: ogni singola sillaba ed ogni segno d'interpunzione
hanno il peso specifico del piombo.

Torna il silenzio.
Il direttore d'orchestra mi fissa.
Sorride.

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Si prende un lasso di tempo congruo, lo si spezza fino a ridurlo alle dimensioni dell'istante. Lo si rivive a freddo. Poi si va oltre.

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5 Commenti

  1. Grazie ragazzi (^!^)

  2. mio padre diceva sempre, la lingua non ha osso e rompe l'osso. Le parole sono indelebili...


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