L’inverno congela le strade che piano a piano svaniscono sotto il buio della sera, ingoiate dal ghiaccio e dalle idee accumulate nella testa di Rocco che lentamente si avvia verso casa, sotto i lampioni simili a lumi ad olio feriti dalle spade del vento freddo mugghiante ad alternanze dilatate, gelido come nei momenti che precedono una bufera.

Le insegne dei negozi e dei pochi bar aperti rimbalzano sui vetri e sul cofano dell’auto. Giunto sotto casa, Rocco parcheggia l’automobile in retromarcia nel posto assegnatogli dall’amministratore del condominio; col capo coperto da un berretto di lana blu e stretto in una giacca a vento, scende dalla portiera e dopo aver chiuso col radiocomando, si avvia verso il portone della sua abitazione che lo accoglie con l’ascensore già presente nell’atrio, come se stesse aspettandolo. -Almeno lei- pensa a voce alta. In quella cabina di metallo e moquette illuminata da un freddo neon e fornita di uno specchio rettangolare sale veloce pigiando il tasto per il terzo piano.

I suoi pensieri sono scorrevoli senza un preciso motivo di fondo, tranne uno; sa che appena entrerà in casa, dopo una lunga giornata di lavoro, stanco e apatico, sarà assalito dalla solita sensazione di vuoto, solitudine ed inadeguatezza che gli investirà il petto. Ma Rocco con le chiavi in pugno apre svelto la porta, accende la luce, si toglie cappello e giacca, il tepore dei termosifoni accesi dal timer elettronico gli scalda il respiro. Sintonizza lo stereo su una radio locale che programma sempre musica rock e lo regola in sottofondo medio.

Si versa un whisky e comincia a sorseggiarlo lentamente per scaldarsi le membra, seduto sul divano, sfilandosi le scarpe con il solo ausilio dei piedi, scalciando quasi. Guarda l’ora; le diciannove e cinquanta. Pensa alla cena ma non gli viene in mente niente, e complice la voglia di non voler cucinare, opta di telefonare alla rosticceria che si trova a due traverse di distanza da casa sua, la quale effettua consegne a domicilio; ordina del pollo arrosto,patate al forno e una porzione di formaggi misti per le ore ventuno. Nel frattempo Rocco, ammorbidito ulteriormente dal whisky, si dirige nel bagno temperato ben bene dai radiatori e si rilassa adagiandosi sotto il getto della doccia, immaginando che sia come pioggia d’estate che cade gentilmente sulla sua pelle in una giornata afosa ed asfissiantemente torrida rigenerandolo.

È quello che gli piace fantasticare nel box della doccia in questi momenti opposti mentre l’inverno fuori dalle finestre scolora tutto ciò che abbraccia. Velocemente si insapona e, dopo una breve frizione con un guanto di crine, si risciacqua; uscendo dal box vaporoso di calore e goccioline, viene scosso da un piccolo breve brivido che cessa appena egli indossa il suo accappatoio in spugna bianco come la neve. Un po’ di borotalco, l’intimo blu infilato con naturalezza, un colpo di phon ai capelli; quindi Rocco indossa una tuta comoda con un paio di ciabatte scozzesi e si mette ad attendere il consegnatario della rosticceria.

Il rosticciere è puntuale, arriva appena alle ventuno e cinque minuti, salendo fin alla sua porta di casa per consegnargli il cibo ordinato. Paga ringraziando, poi Rocco prepara rapidamente la tavola per la cena mettendo su una modesta tovaglietta, posate lucide di metallo pesante, alcuni tovaglioli di carta sfusi e tira fuori dal frigorifero una birra da sessantasei centilitri senza bicchiere. Stappa la bottiglia, spegne lo stereo che gracchia inutilmente e accende la televisione di fronte a lui a bassissimo volume. Facendo zapping trova un documentario sugli animali della savana; senza troppo entusiasmo e attenzione ferma su quel canale e posa il telecomando.

Comincia a mangiare iniziando con il pollo e le patate, è tutto ben cotto e abbastanza caldo. Mangia con gusto, ma senza che gli manchi un po’ d’amarezza in gola. Rocco pensa a quando in quella casa, su quello stesso tavolo, in quella stessa sala, pranzava, cenava e faceva colazione e chiacchierava con la sua amata Annamaria, vivendo pienamente con lei tutti gli ambienti, gli avvenimenti, le storie, il sesso, le vicende di quell’appartamento e apprezzando tutte le stanze delle loro vite unite insieme da una splendida storia d’amore che non faceva temere loro nessuna stagione né periodo. Beve un lungo sorso di birra direttamente dalla bottiglia la quale spuma fuoriuscendo dopo che Rocco la appoggia sulla tovaglia.

Da quando la relazione con Annamaria durata quattro anni, dei quali due e mezzo di convivenza, è finita, Rocco non è più la stessa persona; lei se ne andò un sabato pomeriggio mentre Rocco era uscito per delle commissioni lasciandogli solo una lettera in cui ella scrisse: -Non ti amo più Rocco. Dimenticami, non mi cercare mai più perché io non ci sarò.- Non c’era neanche una saluto di chiusura. Nessun amico o amica comune lo seppe o lo riuscì ad aiutare, tranne Mara, una ex collega di Annamaria. Mara raccontò a Rocco, quando lo andò a trovare a casa dopo l’accaduto, una vicenda con un particolare importante. Mara disse che il venerdì prima di quel sabato che Annamaria andasse via all’improvviso, alle diciotto, dopo la fine del turno di lavoro, negli spogliatoi, prima di fare la doccia, Annamaria si fermò a fumare una sigaretta che prese dalla borsetta che successivamente poggiò lasciandola aperta sulla panca di fronte l’armadietto; lei le fece compagnia per il tempo della fumata chiacchierando del più e del meno.

Finita la sigaretta Annamaria si preparò per la doccia, salutò Mara come sempre, ed indossate le ciabattine e preparato l’accappatoio s’infilò nella doccia. Siccome Mara amava fare la doccia a casa per poi subito mettersi comoda, raccolse le cose dal suo armadietto; ma mentre andava via guardando meccanicamente la borsa di Annamaria, notò una busta con il timbro Alitalia e i dati di Annamaria scritti sopra; non diede molta importanza a quella busta ma visto l’accaduto disse a Rocco che sentiva di doverglielo raccontare. Rocco la ringraziò; qualcosa cominciò a diventare più chiara. Annamaria aveva degli zii negli Stati Uniti, i genitori invece vivevano in Belgio perché suo padre aveva fatto il minatore per molti anni, lui li conosceva ma li aveva visti appena tre volte in quattro anni. Ciò non bastò a farlo rassegnare, ma era veramente difficile e dura gestire quella situazione.

Cercarla, ritrovarla, andar in giro per il mondo senza avere i nomi e gli indirizzi delle persone e dei posti dove andare. Era addoloratissimo e andava avanti giorno dopo giorno, fluttuando tra il lavoro, la solitudine e qualche serata con gli amici che lo attorniavano stimolandolo, le domeniche a pranzo dai suoi genitori, cercando sempre e solo di dimenticare. Pian piano ci sarebbe riuscito, ma sapeva che la ferita aveva uno squarcio che sanguinava ancora spesso. Butta lo sguardo sul televisore che mostra la carica degli elefanti verso i leoni che fuggono; apre la confezione dei formaggi misti: emmental, briè, parmigiano reggiano e fontina in porzioni adeguate e non abbondanti, in modo da essere assaporate senza stancare il gusto.

Marco Scazzeri
Ciao a tutti , mi chiamo Marco , ho 36 anni , scrivo racconti brevi e vorrei tanto poterli condividere con tutti voi ed avere una vostra opinione sul mio modo di scrivere e sui racconti stessi . Un caro saluto a tutti , vi attendo , Marco Scazzeri .

Suoi ultimi post

Nessun commento ancora, aggiungi la tua opinione!


Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commento *
Name *
Email *
Sito

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.