Stéphanie non esiste

Racconti Nevrotico Alchemico

 

 

Mi sono domandato più volte perchè non abbia mai voluto scrivere nulla di te.

Forse perchè non ho mai avuto abbastanza tempo per riordinare tutti i mezzi sorrisi che a tratti dipingevano il tuo viso, o perchè non avevo  voglia di passare altre giornate inutili qui davanti a questi tasti, nella speranza di trovare la formula giusta per dirti quello che pensavo, che non pensavo...

...o che mi stavo solo immaginando.

Ma queste mie considerazioni da appartamento non segnavano alcuna differenza ormai, non da quando mi sono abituato a guardare il tramonto alle tre del pomeriggio, quando c'eri tu, non più cosi importanti certi pensieri, certe risposte, non più cosi affascinanti, quando c'eri tu...

...da quando ho smesso di scrivere per incontrare te,  Stéphanie.

Pioveva, si dice sempre che pioveva, ma pioveva davvero e non aspettavo altra occasione per dare un taglio a quella monotonia casalinga da artista saccheggiato. Avevo un solo paio di scarpe decenti e pure un po strette, per scendere in strada e non infangarsi troppo nelle pozzanghere, negli sguardi bassi di tutti i fantasmi firmati che mi ferivano senza nemmeno passarmi troppo accanto.

La solita passeggiatina....

...già, alla ricerca di un angolo dove poter svoltare finalmente, camminando avanti e indietro su un rettilineo che arrivava fino all'orizzonte della città grigia, che poi riportava senza accorgertene fino alla porta di casa.

E solo un passo dopo quell'orizzonte che non avevo mai superato ho incontrato te,  Stéphanie, che non mi guardavi e che non mi pensavi, ma vicina, vicina e comunque, senza sorrisi e senza fermagli nei capelli bagnati, liscia, come una roccia dove le lacrime ormai scivolavano libere, senza assorbire alcun "se solo" o "non è giusto".

Che cos'era giusto per te,  Stéphanie, l'amore o la legge del cielo?

Forse quella degli uomini come me e come te?

Non ti ho mai domandato cosa ne pensassi dell'amore.

Suonavano le sveglie agli orari più inimmaginabili della giornata, quasi stessi cercando di ricordarmi chissà quali appuntamenti con me stesso davanti a questi tasti per decifrare tutti i perchè della vita, della non-vita, colmare il cestino del desktop di inutilità per poi chiudere tutto e scendere ancora una volta per strada, senza meta e senza troppi spiccioli in tasca.

Che in fondo quegli unici spiccioli mi servivano solo per comprarti un regalo, quale che sia, ma avevo bisogno di una scusa.

Sarebbe anche potuto essere il giorno del tuo compleanno,  Stéphanie, che importava se alla fine quando te l'ho detto stringendo in mano una rosa mi hai guardato come si guarda un clown stanco, anche se, stranamente e con gusto, al posto di ridicolizzarmi sei riuscita ad essere cosi dolce da scherzare sui non compleanni di un cappellaio matto un po scontato...

...e avrai visto stampata sul mio viso quell'espressione da idiota felice, un po studente innamorato, un po antico, galante e sognatore, ma fondamentalmente un idiota felice.

Mi hai detto che quel fiore non l'avresti accettato, che avresti aspettato di compiere veramente gli anni per ricevere un mio regalo, cosi cominciai a domandarmi quanti anni sarebbero dovuti passare prima che ne compiessi tu uno.

E mentre tutte le pareti di casa appassivano invitando il buio metropolitano ad entrarmi nel soggiorno, passavo serate intere a curare una rosa in un vaso non sapendo se sarebbe mai sopravvissuta tanto da riuscire a riportartela, chissà, forse per un altro giro di idiozia gratuita che avrebbe fatto sentire te una venere autunnale e me…

...solo un romantico ritardatario, un po’  stanco di scrivere passioni invece che viverle.

Un caffè per sdrammatizzare, pensai, perchè no, ottima idea, magari per evitare le solite pressioni da appuntamento serale già fradicio di pregiudizi e intenzioni velate, no, meglio un caffè.

Potrei invitarla a prendere un caffè, mi dissi.

Banale...mi dissi.

Il telefono squillava sempre troppo in quei giorni, cosi tanto che eliminai la suoneria...e già che ero in fase anti sociale anche il cavo dell'adsl, per evitare la curiosità delle centinaia di mail di tutti quelli che si chiedevano che diavolo di fine avessi fatto, perchè da mesi non scrivessi più niente, che ne sarebbe stato di quell'ultimo capitolo di un romanzo a puntate, si sarebbero amati, si sarebbero odiati, si sarebbero ammazzati o sarebbero partiti per una città lontana, dove poter vivere finalmente in pace e nella loro rinnovata serenità?

Il mio editore continuava a perseguitarmi, era un brav'uomo in fondo, diceva che avevamo un contratto con delle scadenze, ma era anche preoccupato per me, a detta sua.

Ma che me ne facevo io di un contratto e un biglietto per il paradiso quando l'inverno in persona stava ormai per diventare padrone delle mie stagioni morali, quando nemmeno viaggiando dall'altra parte del mondo in un inferno esotico sarei riuscito a dimenticarmi di te,  Stéphanie, di tutte le volte che incontrandoti dall'altra parte della strada non riuscivo mai a capire se sorridevi a me o soltanto a te stessa.

E mi bastava anche cosi.

Ti ricordi ottobre,  Stéphanie, quando ti dissi di tornare a casa, pioveva a dirotto nel parco e guadavamo insieme i ragazzi scapparsene via, chi stringeva qualcuno a se, chi invece fumava e spariva lontano, nascosto nel cappuccio scuro della felpa. Una domenica non tanto perfetta accompagnata dal tuo continuo silenzio, anche se in fondo a me non disturbava affatto starti accanto senza dire niente.

Stare insieme da soli.

Che cosa dovevamo dirci, poi?

Quanti anni avevo io, quanti ne avevi tu, da dove venivamo e che cosa avremmo fatto delle nostre vite?

In un romanzo, forse si, in una fiction, magari...ma con te,  Stéphanie, che senso avevano tutte le voci che mi gridavano continuamente dall'altra parte dei sogni di tornare a casa, di riprendermi una vita qualsiasi, ma quantomeno vivere?

Ero andato al parco solo per fotografare un po’  il cielo e le pance degli aerei, prima che svanissero nel bianco al confine degli occhi. Ti ho trovata come si trova un filo d'erba nella pioggia, sopravvissuto a cento stivali vuoti in preda al panico che fuggivano disperatamente da li, ad aspettarli a casa i loro specchi...

...o forse solo la TV.

Suonò il citofono più volte, poco dopo il campanello della porta...per un attimo pensai di avere immaginato tutto.

Mi svegliai con il riflesso dei miei occhi nel bicchiere ancora sporco di scotch, i capelli fradici sul viso, stavo sbronzo davanti a questi maledetti tasti, davanti a un foglio bianco digitale illuminato che portava solo un titolo:  Stéphanie.

Che ore erano, che ci facevo addormentato sulla scrivania di legno, ma soprattutto, chi era prima al citofono?

Stéphanie?

Aprii la porta trovandomi davanti le facce buie del mio editore insieme a due nessuno qualsiasi.

Entrate, dissi loro, entrate.

Guardarono il mio appartamento come si guarda una discarica, disgustati dalla sporcizia sul pavimento, dai miei quaderni sparsi ovunque e qualche bottiglia di troppo sul tavolo. Ci volle un attimo per dimenticarsi di loro, per tornare sui tasti e cercare di ricordare quale visione stessi cercando di scrivere, ma non riuscivo a pensare a te cosi intensamente,  Stéphanie, cominciarono a farmi mille domande, quanto bevessi o fumassi, la mia famiglia.

Dov'eri allora,  Stéphanie, in mezzo a tutte quelle risposte facili, dov'eri tu?

Gli dissi di andare al diavolo, spinsi indietro il mio editore con l'espressione di chi è stato pugnalato alle spalle, la nausea su per la gola, chi erano quei due, perchè continuavano ad accerchiarmi con l'aria di chi voleva farsi i fatti miei?

Non avevo tempo quella notte per starli a sentire, se c'era qualcosa che volevo fare era riuscire a portati quella rosa,   Stéphanie, anche senza aspettare di calcolare la data esatta del tuo compleanno dalla profondità dei tuoi sguardi. Ma servì a poco spiegare, cercai di scappare ma ero ancora stordito, mi mancarono le forze, svenni...

...e in quel buio silenzioso non credo di essere riuscito bene a capire se davvero è importante che qualcuno sia per te così importante, così importante da non riuscire a viverne senza.

Ricordo prima una squallida barella di un ospedaletto chissà dove...poi una stanzetta 3x3 con un lettino e un bagnetto, una finestra striminzita, una scrivania con un po di fogli e una penna, una porta sempre chiusa. Di tanto in tanto passavano quei due tizi con un camice bianco e un'agendina, cominciarono a chiedermi di te,  Stéphanie, cose che io non sapevo di te, dati e date inutili alle quali non avevo mai attribuito alcun valore.

Ma era importante capire, mi dissero, mi pressarono, cercando di capire chi tu fossi realmente.

Se tu fossi realmente.

Una volta si fece vivo anche il mio editore per sapere come stavo, se avevo scritto qualcosa, se per caso quel titolo trovato in un foglio bianco digitale a casa mia fosse una nuova storia o qualcosa di simile. Neanche lui aveva capito niente,  Stéphanie, non mi credeva nessuna quando parlavo di te, nessuna pietà per tutte le volte in cui ho provato a stringerti la mano senza riuscirci mai...

...domandandomi se fossi io troppo debole per raggiungerti o tu troppo lontana per capirlo.

Non scrissi mai più...

...e col tempo cominciai anche a capire che non ti avrei rivista mai più,  Stéphanie, arrivarono al punto di farmi credere che tu non sei esistita mai, che era tutta una mia invenzione, che solo il freddo cittadino cosi crudele alle porte poteva farmi talmente allontanare da me per finire dentro un sogno violento e squilibrato...

...un amore immaginario, mi dissero:  Stéphanie non esiste.

E non c'è cosa peggiore che voler credere al male minore, che alla fine si trasforma nel più forte e imperdonabile errore,  Stéphanie, non c'era più tempo per aspettare un tuo sorriso dietro una tazzina di caffè...e il non vederti più mi ha fatto capire che forse tu davvero non sei esistita mai.

Divenni sempre più debole, più triste...

...e quando sei sul punto di morire è come stare dall'altra parte di uno schermo mentre vengono proiettati i titoli di coda di un film, davanti a mille facce scure non per forza interessate, qualcuno rimane aspettando che la sala sia completamente buia...

...qualcun'altro va via prima invece, forse anche tu sei andata via prima, Stephanie.

E ora che sono morto e il mio nome è solo una scritta fradicia d'autunno sua una lapide, mi domando come abbiano fatto a portare fino a qui la mia rosa, come abbia fatto a sopravvivere fino ad ora.

Hanno fatto in modo che fossi libero di vivere con la mia cura,  Stéphanie, ma davanti a una vita senza di te non è stato difficile posare la penna e il respiro su un tavolo.

E quando sei morto tutto diventa sempre più buio col passare del tempo, dei temporali e i soli annuvolati...

...talmente buio da non riconoscere bene la tua mano delicata nella pioggia,  Stéphanie, quando sei venuta a riprenderti la tua rosa in un pomeriggio di fine ottobre...

...anche se forse non era ancora il giorno del tuo compleanno.

 

 

N.A.

Nevrotico Alchemico
Nevrotico Alchemico
Scienziato alchemico dedito alla sperimentazione libera degli incroci nati fra le parole e i diversi status emozionali. Girovago senza meta, studio i caratteri delle persone e le loro relazioni con il degrado moderno degli ambienti circostanti, cercando di estrapolare il filo conduttore che porta alla reale natura di come siamo diventati...e del perchè spesso e volentieri non ci va bene neanche un pò.

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5 Commenti

  1. Semplicemente stupendo..più che un racconto sembra una sequenza di fotogrammi che raccontano una vita, ognuno più bello e intenso dell'altro!

    • Ti ringrazio gianfranco,

      in effetti si, mi piaceva cercare di realizzare un effetto simile...come flahsback separati.

      Grazie per le parole e la considerazione

  2. Come sempre questi maledetti tasti sai farli viaggiare bene, tra un frammento e l'altro non si vive semplicemente una storia ma tanti istanti vestiti solo delle relative emozioni, verità nuda. Complimenti e a presto 😉

    • Ti ringrazio molto Rick,

      spero di fare ancora meglio...peccato solo che l'autunno stia finendo. C'è chi direbbe meglio d'inverno...ma è tutta un'altra cosa.

      A presto, Rick, grazie ancora delle parole e della considerazione.

  3. Codesto post mi trova realmente in accordo. In generale il sito //www.wordshelter.it è redattorealmente in modo efficace,

    mi piace. Congratulazioni, continuate così!

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