La spiaggia è deserta e sembra irreale. Il mare ha lo stesso colore del fango, solo qualche barca in lontananza, un paio di pescatori sugli scogli e un principio d’inverno freddo che sembra gelarvi le ossa.
Camminate sulla battigia che è un tappeto di sabbia umida, tappi di bottiglia arrugginiti e alghe appiccicose color catrame. Col braccio le cingi le spalle mentre lei infila la mano nella tasca posteriore dei tuoi pantaloni. È una sensazione calda di intimità, una dolcezza serrata, un tenero intreccio di corpi tiepidi annullati in un essere solo ormai arreso a sé stesso.
«Andiamo al mare, ti va?»
Pioveva da giorni e la città era diventata una pozza bagnata e malsana.
«Certo che mi va. Partiamo subito?»
«All’istante. Facciamo come ci pare.»
«Ma è inverno, cosa andiamo a fare?»
«Andiamo a fare qualcosa di illogico e inutile, qualcosa di vano.»
Sorride e ti copre il viso con baci e capelli profumati di shampoo.
Qualche vestito gettato frettolosamente in valigia e subito in auto senza nemmeno prenotare un albergo, tanto d’inverno sono tutti vuoti.
Ne trovi uno minuscolo col tetto in legno, sembra una casa di bambole dipinta di rosso con piccole persiane verdi e un terrazzo affacciato sul mare.
Ora sta soffiando un vento forte e la spiaggia ha un aspetto davvero spettrale, vuota di gente e d’estate. Restano solo i cilindri in cemento dove infilano gli ombrelloni, sembrano una foresta di lugubri mozziconi tozzi, piantati con ordine nella sabbia.
C’è un gabbiano solitario che volteggia malinconico nel cielo. Lo guardi e ti senti felice.
Hai la percezione di indossare un vestito di gioia, ti viene voglia di toglierti le scarpe e camminare per ore nell’acqua gelida.
L’abbracci con forza e la sollevi da terra. Vi baciate come due adolescenti davanti al disco amaranto del sole che sta per tramontare e colora l’orizzonte con mille sfumature di fuoco. Lei infila le dita tra le vostre labbra incollate e fa leva per staccarle finché ci riesce. La sua voce è un sussurro velato impastato di sale e d’azzurro.
«Facciamo un gioco. Dimmi tre parole per definire l’amore.»
«Tre sono poche. Ne servono almeno mille.»
«No. Ho detto tre. Tre sono abbastanza.»
«Fammi pensare un po’.»
Sorride e ti morde il labbro inferiore, un morso leggero da bimba.
«Non puoi. Senza pensare. Le prime che ti vengono in testa, tre parole soltanto.»
«Ci sono, le ho. Tre parole. Passione, febbre, bisogno. Questo è l’amore.»
Rimane in silenzio e ti guarda fingendo un’occhiata severa, sembra una maestra che ha appena sentito la risposta sbagliata.
«Potevi fare meglio.»
«Può darsi. Dai, ora tocca a te. Tre parole, solo tre parole.»
Non perde tempo a riflettere, sorride e nemmeno ci pensa.
«Tre parole, le più semplici e vere. Io con te.»
Io con te.
Essenziali, eterne, allo stesso tempo irreali e sfuggenti come la vita, come un mare immobile e un gabbiano spiumato che vola nel cielo, ignaro di tutto. La felicità è una cosa minuta, un piccolo miracolo che un giorno ti trovi addosso come un vestito nuovo. È non avere bisogno di niente per aver desiderio di tutto.

Guido Mazzolini
Guido Mazzolini
Nato a Cremona, da allora respiro nebbie fitte, afa padana e pianeggianti sensazioni. Mi esprimo come posso e come so, nello stesso modo che mi è stato concesso da un cinico fato. Scrivo parole convinto che l’espressione sia la magia donata agli esseri umani per potersi elevare e somigliare agli Dei. Non esistono punti fermi nel mio esistere, solo zattere di comprensione in balia di un oceano agitato e onde altissime che conducono, malgrado noi, verso lidi sconosciuti. Per questo credo nella parola espressa come valore supremo; ci credo perché la voglio fortemente mia, la sento scorrere nelle vene più del sangue, possiede un proprio odore inafferrabile ed evoca consapevolezze diverse, la posso toccare con mano, ingoiare e respirare ogni istante. Credo nel “linguaggio dell’inesprimibile”, nelle sensazioni e intuizioni che solo parole non convenzionalmente espresse riescono a palesare realmente. "Sono l’oscuro lato che nasconde la genesi più vera di me stesso." Ho scritto, mio malgrado: "L'Attimo e l'Essenza", "Diario di bordo", "Il passo del gambero", "Suoni", "La ragione degli alberi", "Un celeste divenire". "Destinati a direzioni diverse" è il mio ultimo figlio di carta.

Suoi ultimi post

2 Commenti


Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commento *
Name *
Email *
Sito

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.