Viaggio a Villa Diodati

Recensioni Vito Tripi

di Vito Tripi


Ci sono luoghi e momenti che cambiano per sempre la storia e non riguarda solo la politica o l’economia ma anche la letteratura e le arti. Un esempio fu il 16 giugno 1816 a Villa Diodati, sulle rive del lago di Ginevra, quando in una notte “buia e tempestosa” si radunarono un gruppo di intellettuali e letterati. Tra loro “il maledetto” Lord Byron, il suo medico-vittima e aspirante scrittore John Polidori e Mary Shelley. Bastarono due fulmini, per così dire, per creare i mostri letterari che fecero storia: Lord Ruthven de Il Vampiro di Polidori e il luminare Dott. Prof. Victor Frankenstein e la sua creatura ne il Frankenstein di Mary Shelley.

Ora la casa editrice Nova Delphi, per la collanna Le Sfingi, pubblica La notte di Villa Diodati che racchiude i due lavori sopracitati più La Sepoltura, di Lord Byron. Il volume contiene anche una preziosissima introduzione di Danilo Arona la quale ci illustra, per filo e per segno, la grande trama umana, psicologica e culturale che ci fu in quei giorni convulsi e di pioggia. Egli ci spiega anche che quel 1816 fu un annus horribilis dal punto di vista meteorologico e umano. Ci mostrerà i rapporti tra i vari partecipanti a quella vacanza sul lago farà un quadro a tutto tondo di un contesto storico e letterario importantissimo. E assieme a lui capiremo che quei giorni passati assieme tra i villeggianti, erano a tutti gli effetti gli elementi per un ottimo racconto gotico. E chi può dirci che dal punto di vista del Grande Demiurgo non lo sia stato.

Ma ora affrettatevi parte il tour per Villa Diodati e a farci da guida in questo viaggio sarà proprio Danilo Arona.


 

Danilo potremmo dire che quell'incubo di una notte di mezza estate, mi si perdoni la citazione bonelliana, a Villa Diodati ha cambiato per sempre la letteratura gotica?


Mi sa di sì. Frankenstein ancora oggi sta seminando e il testo di Polidori ha funzionato da modello per un alto numero di ulteriori declinazioni vampiriche, applicando alla lettera quello che poi è stato paradossalmente sdoganato dalla critica come “modello vampirico byroniano” (per citarne solo uno cinematografico, il Frank Langella del Dracula di John Badham). Ma è lo stesso incubo di quella notte a essere entrato con discrezione in certo immaginario gotico. Basta pensare al film di Ken Russell Gothic, ma pure Haunted Summer di Ivan Passer e Remando al Viento di Gonzalo Suarez, pellicole degli anni Novanta, mentre già nel 1935 ne La moglie di Frankenstein di James Whale vediamo un gustoso preambolo che parrebbe proprio ambientato a Villa Diodati. E poi libri importanti, anche se poco noti in Italia: Bravura di Emmanuel Carrère, Cavie di Chuck Palahniuk, Lord's Byron Doctor di Paul West. Tutti che rileggono a loro modo quella notte di giugno del 1816.
Quanto i nuovi scrittori horror devono alla Shelley e a Polidori?

Chiunque si senta investito dalla missione di scrivere horror, dissertando di
vampiri o di vite artificiali deve rivolgere un umile sguardo alla Shelley e a Polidori. Ma presumo che lo si faccia, anche perché è quasi un passaggio obbligato. Proprio in questi giorni in Italia esce il primo capitolo di una lunga serie firmata da Dean Koontz, forte già di cinque titoli. Per quel che riguarda la letteratura vampirica contemporanea, l'affollamento babelico in libreria è sotto gli occhi di chiunque. E il fantasma di Polidori è ineludibile.
Il Lord Ruthven di Polidori è un eroe dannato e vincente. Quanto i moderni Twilight ne hanno tradito l'essenza?

Mah... a mio pare non si tratta di tradimento, quanto piuttosto di adeguare un archetipo agli stereotipi del periodo storico di riferimento. In più, per quel che riguarda Twilight ed epigoni, ci troviamo di fronte a operazioni di marketing pensate in prima istanza per un pubblico giovane, e in maggioranza femminile, in grado di “consumare” a più non posso libri, film e varie opzioni collaterali. Oggi tocca al vampiro in modo massiccio, ma il marketing ci sta dando dentro anche con altre figure archetipiche quali licantropi, streghe, maghi e via elencando: operazioni a tavolino nelle quali si individuano filoni del fantastico tradizionale da sfruttare, agganciandole perlopiù all'immagine pubblica di scrittrici giovani, vagamente dark che possano impersonare anche l'aspetto reale e concreto della “creazione”, personaggi ben gestibili nella promozione pubblica e nelle conferenze stampa.


Tutto questo non ha nulla a che fare con quel che personalmente intendo per letteratura horror e gotica tout court, ma tutto questo si vende perché il  marketing è abile e ci azzecca, anche se l'ombra dei ghost writer dietro questi fenomeni di costume è ben più di un sospetto malizioso. Se fossero vivi oggi, Byron, la Shelley e Polidori – personaggi realmente controcorrente nel loro effervescente periodo storico – alzerebbero un sopracciglio in segno di aristocratico e severo disprezzo nei confronti di questo detestabile saccheggio delle idee altrui.
La Sepoltura di Byron è una breve ghost story, forse opera incompiuta, molto densa. Ma secondo te oggi i fantasmi rispetto ai vampiri-licantropi-zombi sono passati in secondo piano nella letteratura horror?

No, mi pare di no. Per fortuna la ghost story presta meno il fianco a operazioni di marketing. E può dar luogo a belle operazioni di puro horror. Lo stesso King ha scritto pagine bellissime in tema. No, forse i fantasmi sono l'ultimo, vero baluardo contro la degenerazione marchettara del gotico.

 

Secondo te quanto è immortale il mito di Frankenstein? 

 

Un mito è immortale per definizione. Frankenstein è un mito senza tempo, crocevia ideale dei due generi popolari per antonomasia, l'horror e la fantascienza. A parte l'esempio già citato della saga di Dean Koontz, non va dimenticato l'appropriazione niente affatto indebita effettuata dalla corrente cyberpunk degli anni novanta nei confronti dell'archetipo narrativo fissato da Mary Shelley. Frankenstein è una figura che ci ritroveremo sempre più tra i piedi – si fa per dire – tanto nei connotati dello scienziato pazzo (oggi più che mai plausibile) che in quello della creatura nata per sbaglio in qualche oscuro laboratorio. In tempi di guerre genetiche e di super-virus il tema è assolutamente “caldo”.


A quale lettore è rivolto La notte di Villa Diodati?

A tutti, se posso. Non è un territorio per addetti ai lavori. Siamo alle origini di grandi fenomeni della letteratura popolare, divenuti in seguito pezzi importantissimi della cultura di massa grazie alle ricadute cinematografiche, teatrali, dei fumetti e altro. Tutti nella loro vita hanno incontrato almeno una volta i personaggi di Frankenstein e di Dracula. Per chi vuole saperne di più, esiste questo libro a un prezzo decisamente interessante.

TITOLO: La notte di Villa Diodati

AUTORI: Byron – Polidori – Shelley

CURATORE: D. Arona

EDITORE: Nova Delphi

PAG: 388

PREZZO: € 12,00

Vito Tripi
Vito Tripi
Vito Tripi collabora con l’Agenzia Stampa Deigma Comunicazioni specializzata in uffici stampa culturali, religiosi, sociali e tecnico-scentifici, con le Riviste “Charta Minuta” e “Storia del ‘900” “L’idea il giornale di pensiero” Dal settembre 2007 è opinionista cinematografico per l’emittente TeleVita nel programma “Lungometraggio” Ha curato la Rubrica Cinema e Libri per il periodico on-line www.nannimagazine.it Cura la Rubrica d’arte “Gallerie Romane” per la radio Vaticana nel programma “Attualità della Chiesa di Roma” Cura la Rubrica Arte&Libri per il mensile “Il Giornale del Lazio” Curatore della manifestazione letteraria “Genius Loci” presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Verga

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