Elisa pioveva, cadeva come l’acqua buttata fuori da nuvole troppo cariche di vento, pioveva e si abbatteva sulla terra ferma, sui prati, sull’asfalto, sui grattacieli, sui centri commerciali. Elisa precipitava come grandine schiantata al suolo ma non sentiva niente, nessun dolore, solo un torpore arreso, che sapeva di tutti quei te l’avevo detto e delle cadute già affrontate.

Elisa pioveva e bagnava tutto, come lacrime che non si riescono a fermare, come le cascate del Niagara, come la rugiada dalle foglie del mattino.

E cadeva, cadeva senza fare rumore, cadeva senza brontolare, arresa e quasi soddisfatta, Elisa pioveva e le pioveva acqua dagli occhi mentre lo faceva.

E che strano, non aveva nemmeno più paura, non era arrabbiata, non era stupita. Si lasciava cadere quasi fosse una specie di liberazione, e mentre cadeva la sua gabbia sembrava sgretolare, e pioveva e piangeva senza nemmeno farsi male, senza avere niente da ridire, le stava bene, era quasi necessario e lo sentiva come un bisogno.

Sentiva la gente che non esiste parlare senza starla a sentire, sentiva di sottofondo solo un sordo chiacchiericcio inutile e volgare.

Elisa pioveva e rideva dentro, rideva sì, e scuoteva la testa come a dire macchisenefrega lasciatemi cadere in pace e guardate altrove una volta per tutte.

Elisa pensava lasciatemi cadere, e state zitti che tanto non vi ascolto e nemmeno mi interessa che guardiate potete quindi anche voltarvi altrove. E lasciatemi piovere, cadere, sprofondare, lasciatemi sparire, lasciatemi bagnare, lasciatemi frantumare, lasciatemi sparire, lasciatemi morire cosi domani sarò un’altra e non mi riconoscerete e non sarò più nessuno finalmente sarò altro, sarò un’altra e potrò fingere di non avervi mai visto, e potrò dirvi che mi chiamo Francesca e non mi avete mai conosciuto e non sapete niente di me e posso fare quello che voglio perché non devo più piacervi o assecondarvi e nemmeno considerarvi.

Elisa pioveva come un diluvio che non si può fermare, Elisa allagava tutto il suo mondo e lo vedeva affogare e soffocare e le faceva quasi piacere.

Elisa pioveva e faceva crollare i ponti e le metropolitane, Elisa pioveva e tutto finalmente iniziava a sparire, c’era solo acqua, acqua dappertutto e finalmente poteva nuotare e smettere di pensare.

Ecco, finalmente sono arrivata al mare. Se arrivo all’altra riva potrò sdraiarmi finalmente ad asciugare.

L’amore di qui non passa e se passa lo lascerò passare, assicurandomi che non provi a darmi nessun nome.

Elisa pioveva e pioveva sulle sue incostanze, Elisa pioveva e voleva somigliare agli uragani per spazzare via tutto il mare e tutto il male.

Elisa pioveva e la portava in alto il mare.

Karen Lojelo

Karen Lojelo
Karen Lojelo
Karen Lojelo, nasce a Roma il 25 giugno del 1976. Ha pubblicato 'L’amore che non c'è' romanzo 2008), la raccolta di poesie 'Binario 8' e 'l'ebbrezza del disincanto' (romanzo 2012). Nel 2013 è andato in scena uno spettacolo teatrale scritto da lei: Riflessi con la regia di Virginia Pavoncello. Nel 2018 è uscito il romanzo 'Non ti scordar di te' edito da Viola editricee vincitore del premio speciale della giuria al concorso internazionale Montefiore, subito dopo 'Margherita' una raccolta sui generis di racconti e monologhi su questo personaggio immaginario e dedicata alla sensibilità femminile. A novembre 2018 viene pubblicata una nuova edizione indipendente rivisitata e corretta di 'Binario 8', poesie strettamente collegate con i racconti di 'Margherita'. A breve è prevista anche l'uscita di un'antologia di racconti da lei curata con la partecipazione di altri scrittori tra cui nuovi autori e nomi noti. Gestisce un sito multi autore che promuove la scrittura e l’arte in tutte le sue forme //www.wordshelter.it/ Il suo sito personale //www.karenlojelo.it/

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