La verità è che sono un esteta, forse.
Ho ripulito tutti i miei sassi, uno ad uno, perché fossero più commestibili.
Ho finito con l’amarli, non potendoli ignorare,
visto che le ginocchia sbucciate ed il cuore scorticato vivo
me li ricordavano continuamente.
Così li ho levigati, lucidati, fino a renderli quasi dei simpatici sassolini.
Del resto, la mia strada è mia.
Qualunque essa sia stata, ed in qualsiasi cosa io sia incappata.
Come potevo non amarla?
Così respiro meglio,
è come andare ad immergersi per cercare di ricavarne qualcosa di buono,
piccole perle persino, magari talmente coperte di alga viscidina
che lì per lì non le riconosci.
Così fanno i cercatori di tesori forse…non si arrendono di fronte all’apparenza,
alle alghe viscidine, ai buchi scuri di significato,
alle correnti gelide che li trascinano via da se stessi.
Così con le mie calze rotte quasi ci ho fatto una reticella
per i tesori non subito visibili.
E mentre il quotidiano avanza imperterrito,
ed il telefono non mi regala un secondo di pace,
mentre ci sono sempre cose urgenti,
io ancora mi immergo per ritrovare quelle importanti,
e per scoprire il senso di cose che parevano solo un controsenso.
La verità è che sono un pagliaccio forse,
e devo sorridere e ridere di ciò che mi ha fatto male,
in modo che lo show possa continuare.
Addirittura gustarle,
devo dare significato a quelle piaghe di farfalla
che mi rendono meno leggera,
per poter volare nonostante siano ancora qui, sulle mie alucce.
Come fossi un artista, ho il vizio e l’esigenza di rendere bella qualsiasi cosa.
Persino l’inenarrabile.
Ma non è un artificio, è un mio lavorio nell’anima, spontaneo, irrinunciabile...
sono sempre stata così, fin da bambina.
È l'amore per la vita, forse.
Devo fare delle pozzanghere laghetti, d’un gufo un gabbiano,
d’acqua sporca un caffè…così non mi resta un sapore troppo amaro.
Non ne falso la natura no, semplicemente ne cerco l’insegnamento celato.
E mi riapproprio di quella bellezza di vita che magari non riuscii a capire in tempo.
Credo che la vita sia compassionevole,
che a volte ci insegna persino servendosi del veleno,
e se guardiamo bene, a fondo, con coraggio,
capiamo poi che è stata una sorta di medicina dell’anima quel veleno.
A volte ci imbocca come bambini pur di farci capire,
ma noi, avidi di immediata felicità, siamo un po’ duretti a capire,
e pur di soddisfare la nostra fame, finiamo con l’ingozzarci di pensieri
che il più delle volte sono errati e ci portano proprio fuori strada.
Alcuni cambiano pelle come i serpenti,
situazione come fosse una maglietta sudata senza aver elaborato mai nulla,
senza mai essere cambiati davvero.
Invece di fare un loro percorso,
pur di non guardarsi dentro si scostano tutta la vita per evitarlo.
Vanno avanti senza crescere davvero mai.
Non sanno camminare e allora si arrampicano, o scivolano.
E comunque deviano sempre.
Non scelgono la strada della loro vita, ma scorciatoie. L'illusione.
False indicazioni luccicanti.
Io le sabbie mobili non le voglio.
Somiglio di più all'acqua che scorre.
Ruscello vivo.
Io li amo i miei sassi, me li sono levigati con la mia pelle.
Solo così potevo ad un certo punto mollarli del tutto,
come una mongolfiera che si libera della zavorra.
E poi ogni sasso è diverso…ci sono stati quelli pesanti e spigolosi,
alcuni invece sono capitati sulla mia strada per caso...giocherelloni...
distratti come me...acrobati compagni in una giostra colorata e a volte malconcia.
E voglio credere che davvero ognuno di essi abbia arricchito il mio cammino di senso..
e di sapore l'acqua alla quale mi fermavo per bere.
Voglio credere che ogni sassolino che ho faticosamente lucidato
sia divenuto così un seme di felicità, che spargo camminando, avanti e dietro me.
Che questa bacchetta magica con cui ho voluto trasformarli, chiamata “volontà”,
sia poi il mio piccolo, fedele bastone, che mi accompagnerà sempre.
E poi, ci sono cose che vanno e cose che restano...
ma è proprio strano quando le cose che sono andate sono rimaste.
E allora? Conviveranno sempre con me?
No. Io sono anch'esse, ora. Il che è di più.
Li ho fatti diventare i pilastri della mia struttura,
quei sassi sui quali mi sono fatta male.
A volte mi arrabbiavo
perché temevo di sciupare le mie scarpette
e credevo mi impedissero la limpidezza del panorama,
invece quando li ho accettati e superati mi sono resa conto
che mi avevano donato una vista migliore.
Provo gratitudine per loro.
E a furia di camminare, molti dei macigni ora sembrano delle smarties colorate.
Elena Condemi
httpv://www.youtube.com/watch?v=J6WHlzF3s_A&feature=share
Elena, grazie per questo racconto! .... E' la metafora del mio modo di essere! .... giusto o sbagliato è discutibile ... mi rispecchio molto in ciò che hai scritto! ..... :-))))))))
Grazie Giusy:))
un caro abbraccio con la speranza che quanto ho letto ti accompagni senza sfiorare più la sofferenza
La sofferenza fa parte della vita, l'importante è riuscire a trarne valore:) Grazie di cuore, Mt:)
Come fossi un artista, ho il vizio e l’esigenza di rendere bella qualsiasi cosa.
Persino l’inenarrabile.
Ma non è un artificio, è un mio lavorio nell’anima, spontaneo, irrinunciabile…
sono sempre stata così, fin da bambina.
È l’amore per la vita, forse.
Devo fare delle pozzanghere laghetti, d’un gufo un gabbiano,
d’acqua sporca un caffè…così non mi resta un sapore troppo amaro.
Non ne falso la natura no, semplicemente ne cerco l’insegnamento celato.
E mi riapproprio di quella bellezza di vita che magari non riuscii a capire in tempo.
Stupenda Elena!
Grazie Alessandra:) Purtroppo e per fortuna sono proprio così:)