La felicità è una piccola cosa (racconto breve)

Racconti Karen Lojelo

Emma si svegliava alle sei ogni mattina. Con grande fatica si alzava dal letto e scostava la tendina bianca dal vetro della finestra che affacciava sul grande giardino. Beveva una tazza di decaffeinato, poi si lavava e vestiva di tutto punto. Un filo di rossetto e infine si sedeva davanti allo specchio a spazzolarsi i capelli. Si guardava in quello specchio cercando di non soffermarsi sul volto ma perdendosi nei suoi occhi. Quelli erano rimasti gli stessi. Non erano cambiati invecchiati. Dentro i suoi occhi rivedeva vecchie speranze rimaste appese. Grandi sogni che in fondo non erano morti né invecchiati insieme a lei. I sogni non invecchiano mai, forse si perde lo slancio, ma quello che tanto aveva desiderato e sognato per la sua vita in fondo lo avrebbe voluto ancora in quell’istante come cinquant’anni prima. Si smette di credere possa succedere ma non significa si desideri di meno.

Si soffermò a guardare le sue mani, dicevano che dalle mani si capisce subito l’età di una persona, è la prima cosa che invecchia; le sue mani dimostravano tutti i suoi 80 anni.

In quella casa di riposo alle otto c'era la colazione,  la mattina si passeggiava nel viale, a mezzogiorno in punto il pranzo, nel pomeriggio si giocava a carte e alle sette della sera infine la cena.

Avere delle abitudini, scandire il tempo, con degli appuntamenti precisi, aiuta a farlo scorrere più in fretta. Ti da l’illusione di avere qualcosa da aspettare, anche quando non ti aspetti più nulla. Se non ci si concentrasse sulle piccole cose rimarrebbe soltanto da pensare quanto tempo ancora rimane. C’erano dei vecchietti che passavano la giornata seduti davanti alla finestra. Emma pensava che loro davvero ormai aspettavano soltanto la morte che venisse a prenderli. Alcuni la aspettavano con un grande sorriso, quasi soddisfatti di tutto quello che avevano avuto, con un’aria appagata, anzi ‘sazia’ è il termine migliore. Come chi ha mangiato troppo. Altri erano più che sazi, nauseati, quindi la fine per loro era più una sorta di liberazione. Qualcosa che avrebbe messo un punto a tutte le ansie che la vita gli aveva messo a fianco.

Emma non era né sazia né nauseata. Lei era rimasta nella ‘terra di mezzo’. Come chi ha assaggiato cose deliziose senza potercisi però mai riempire il piatto e farne una bella scorpacciata. E in quello stato strano era rimasta per tutta la vita. Gli altri li chiamava i vecchietti, affettuosamente,  ma quasi non fosse consapevole di essere come loro. Lei aveva sempre odiato giocare a carte, ricordava che fin da giovane le sembrava una cosa da vecchi. Lei si sentiva ancora giovane, avrebbe voluto fare ancora tante di quelle cose… ma suo malgrado non aveva più le forze necessarie.

Aveva ancora tante di quelle domande rimaste senza risposte, tante da essere giunta alla conclusione che forse, una risposta, non esisteva. Aveva nella mente posti che si era riproposta di visitare e che non era mai riuscita a vedere. Tanti progetti rimasti appesi a fili invisibili, tante possibilità che erano sfumate, e, i suoi ricordi più belli lei li chiamava tra sé le dolci illusioni, erano tutti quei momenti meravigliosi che le avevano promesso grandi cose senza mai mantenerle. Si chiedeva come fosse possibile essere giunta alla sua veneranda età continuando ad aspettare qualcosa che non era mai arrivato. Forse aveva avuto tante cose che non le erano mai bastate,  si era illusa che ci fosse di meglio da aspettare forse. Ma quell’attesa non era valsa a molto. Nonostante tutto  Emma sorrideva, sorrideva sempre,  aveva buoni consigli per tutti, tante storie da raccontare, sembrava la sceneggiatura di un film la sua vita, le erano accadute talmente tante cose meravigliose… il problema era soltanto che non era riuscita a trattenerne alcuna.

Quella mattina in particolare non si sentiva molto bene, si era svegliata con dei dolori al petto, ma aveva pensato al pomeriggio precedente, durante il quale, per non giocare a carte, era andata fuori a passeggiare e aveva sentito molto freddo. “Sicuramente un dolore intercostale a causa del vento” si era detta lei.

Scese le scale per andare a fare colazione e vide un uomo con la valigia. Doveva essere un nuovo arrivato. Avrà avuto all’incirca la sua età e aveva l’aria spaesata. Era molto curato, ben vestito e si portava bene i suoi anni proprio come lei. Non riusciva a sollevare la valigia per salire le scale e un inserviente lo aiutò dicendogli di seguirlo, così gli avrebbe mostrato la sua camera. Emma si passò una mano tra i capelli e si toccò il collo per controllare di aver messo la sua collana di perle. Sembrava essere al suo posto, si schiarì la voce e il distinto signore alzò lo sguardo verso di lei. Quegli occhi verdi tra tante rughe le ricordavano qualcosa a lei caro. Lui sorrise impacciato ed Emma gli disse solo: “Buongiorno”.

Emma fece colazione a poi approfittando della bella giornata di sole andò a sedersi in giardino sulla sua panchina preferita sotto il salice piangente.

Poco dopo arrivò il nuovo ospite sedendosi accanto a lei ed esordì:

“È strano trovarsi qui.”

“Già.” Rispose educatamente lei.

“Uno pensa sempre di avere tutta la vita davanti, poi ti svegli una mattina e ti accorgi che sta finendo semplicemente e che forse hai rimandato troppe cose.” Proseguì lui. Emma sorrise, capiva bene il suo stato d’animo. E lo guardò annuendo in silenzio.

“Mi perdoni se sono stato sfacciato venendola a disturbare, ma mi sento disorientato e il suo volto mi pare familiare.”

“Si figuri, nessun disturbo, mi fa piacere scambiare due chiacchiere, e poi ad essere sincera anche a me i suoi occhi ricordano qualcuno.” Rispose lei. Emma si sentì stranamente felice. Quell’uomo alto e ben educato somigliava tanto a qualcuno che lei aveva amato molto in passato.

“Qual è il suo nome?”

“Può chiamarmi Emma. Sa mi sento così sola certi giorni, mi scusi se le dico queste cose, ma a volte mi sento come uno straniero in una terra sconosciuta, lei è la prima persona che mi sembra sentirsi come me.”

Lui in silenzio le prese la mano e lei si sentì come quella volta di tanti anni prima in cui aveva pensato: “Ecco cos’è che ho aspettato per tutta la vita.”

Chiuse gli occhi e perse i sensi. L’anziano signore chiamò a gran voce le infermiere che giravano per il giardino accompagnando i più sfortunati che erano costretti su una sedia a rotelle a causa delle loro condizioni fisiche. Emma si ritrovò sospesa nell’aria e vide sé stessa, quello che rimaneva di lei, tra le braccia di quell’uomo che continuava a ripetere il suo nome. Forse non aveva avuto un dolore intercostale. Forse il suo cuore aveva ceduto, si disse. Era stato così piacevole sentirsi sfiorare di nuovo la mano da qualcuno che con seppur pochissime parole le aveva sfiorato l’anima ancora una volta che Emma continuò a sorridere. Poi chiuse gli occhi per sempre.

Del resto la felicità è una piccola cosa, pensò.

Karen Lojelo

Karen Lojelo
Karen Lojelo
Karen Lojelo, nasce a Roma il 25 giugno del 1976. Ha pubblicato 'L’amore che non c'è' romanzo 2008), la raccolta di poesie 'Binario 8' e 'l'ebbrezza del disincanto' (romanzo 2012). Nel 2013 è andato in scena uno spettacolo teatrale scritto da lei: Riflessi con la regia di Virginia Pavoncello. Nel 2018 è uscito il romanzo 'Non ti scordar di te' edito da Viola editricee vincitore del premio speciale della giuria al concorso internazionale Montefiore, subito dopo 'Margherita' una raccolta sui generis di racconti e monologhi su questo personaggio immaginario e dedicata alla sensibilità femminile. A novembre 2018 viene pubblicata una nuova edizione indipendente rivisitata e corretta di 'Binario 8', poesie strettamente collegate con i racconti di 'Margherita'. A breve è prevista anche l'uscita di un'antologia di racconti da lei curata con la partecipazione di altri scrittori tra cui nuovi autori e nomi noti. Gestisce un sito multi autore che promuove la scrittura e l’arte in tutte le sue forme //www.wordshelter.it/ Il suo sito personale //www.karenlojelo.it/

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14 Commenti

  1. ma lo sai che e' vero? non ho un solo sogno che sia invecchiato.
    questa cosa un po' mi spaventa. cosa accadra' quando vecchio sara' tutto il resto?

  2. la felicità è una piccola cosa.
    Sono dell'idea che finché si aspetta qualcosa, la vita non riesce a lasciare il tuo corpo.

  3. ...torno a leggerti.
    mi sto frugando nelle tasche alla ricrca di una piccola cosa. una qualsiasi.

  4. nelle tasche si trovano un sacco di cose a volte, ma le piccole cose per trovarle bisogna guardare bene

  5. Complimenti Karen, mi sono commossa con questa storia ....riesci a scrivere e descrivere, fatti e situazioni ... che, mi capita di pensare (spesso) ma, non riuscirei a descrivere e nemmeno scrivere! ... un attimo di felicità .. può ripagare in pieno ... per gli anni passati senza di essa! .....
    basta un attimo!!!!! .....

  6. Brivido quando leggi scritte cose che hai dentro che non puoi esprimere: c'è un bacio che aspetto da una vita e vivrò fino a quando non lo avrò ricevuto! Brava e grazie!

  7. Karen, con questa storia mi fai proprio piangere...non reggo: e' veramente dolcissima

  8. commovente davvero...


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