Ironia della sorte

Racconti Karen Lojelo

Ironia della sorte. Si dice così no? Invece a volte la sorte non ha alcuna ironia. Sarebbe più idoneo forse dire: si ride per non piangere, si ride di come tutto sia riuscito ad andare esattamente nel verso opposto a quello in cui lo si spingeva.

Attilio guidava nel cuore della notte, era giugno, faceva caldo quella sera e teneva il finestrino abbassato, c’era silenzio, solo il rumore del motore della sua macchina faceva da sottofondo. Avrebbe dovuto spingere sull’acceleratore forse e superare il limite di velocità consentita dato quello che stava per fare. Ma no, lui andava piano. Piano, e guardava le luci della città.  Non provava più niente. Nessuna emozione, nessuna paura, nessuna ansia. Sentimenti quelli che eppure lo avevano accompagnato per tutta la vita quasi, ma che da un po’ non riconosceva più.

Si ricordava dei discorsi fatti da suo zio, li aveva ascoltati per anni senza capirli. Ora li capiva, capiva quando suo zio gli diceva: “Vivi adesso che hai ancora il cuore puro, arriverà un giorno in cui anche di fronte ad un cielo stellato non proverai più nulla”, aveva sempre pensato che suo zio fosse un cinico. Ma forse aveva ragione di esserlo, pensò Attilio quella sera.

La fiducia, sostanza misteriosa che lui aveva riposto in tante persone, quasi tutte quelle che si erano trovate ad attraversare la sua strada e che ora gli sembrava così lontana da lui.

Da quando Sandro era scappato con tutti i suoi soldi e aveva lasciato la società in bancarotta gli risultava difficile fidarsi di chiunque. Ma tutto sommato era andato avanti lo stesso, non si era arrabbiato quel giorno, stranamente, come una molla era scattata dentro di lui. Aveva preso atto che quello che considerava il suo migliore amico in fondo non lo aveva mai capito, conosciuto davvero. Semplicemente aveva preso atto. Era rimasto seduto dietro la sua scrivania, aveva acceso una sigaretta, poi aveva voltato la sedia girevole spingendo un piede sul pavimento e si era messo a guardare fuori dalla finestra. Non un sussulto, non una lacrima, non un moto di ribellione. Si era rimboccato le maniche perché bisogna pur sopravvivere, non sapeva perché, ma pensava che doveva essere così. Nel giro di due anni aveva trovato un nuovo lavoro e aveva ricominciato. Elena se n’era andata dopo due mesi dalla bancarotta. All’inizio si era preoccupata per lui, aveva cercato di stargli vicina, ma Sandro, aveva piantato il seme del dubbio nella mente di Attilio, e ogni volta che lui la guardava non vedeva più la donna che in fondo gli voleva bene ed era sempre stata onesta, ma vedeva le cose non dette, i silenzi che prendevano il posto delle parole, vedeva un’altra persona che semplicemente forse non aveva mai conosciuto e che un giorno avrebbe potuto svegliarsi e decidere di tradire la sua fiducia.

Da allora tutto era stato così, vuoto, silenzioso, lontano.

Le donne che frequentava le viveva come delle sconosciute anche quando le relazioni riuscivano a durare per lunghi periodi. Lui era sempre un passo avanti, o uno indietro, rispetto a tutto quello che succedeva, senza trasporto. La sua calma era diventata addirittura irritante, altro che distacco buddista come aveva letto in tutti quei libri che gli prestava la sua vicina di casa. Il suo non attaccamento alla vita, era tiepido.  Un versetto dell’apocalisse nella bibbia recitava:“siccome non sei né caldo né freddo io ti vomiterò dalla mia bocca”. All’oratorio da piccolo ci era stato come tutti, e se l’era sempre ricordata quella frase. Eppure mai si sarebbe immaginato di diventare tiepido.

Parcheggiò lungo il pontile, con calma si accese un’altra sigaretta,  spinse sul telecomando per chiudere la macchina e si incamminò verso la balaustra.

Un vento improvvisò gli fece cadere a terra la sua Marlboro, Attilio fece per sollevare un braccio simulando un’imprecazione, ma poi lo lasciò ricadere verso il basso scuotendo la testa. Aprì il pacchetto e ne prese un’altra. Si sporse dalla ringhiera guardando le navi in lontananza, quell’aria di inizio estate, il silenzio della notte, l’odore del mare, il rumore sordo del vento, tutto sommato erano piacevoli.

Ironia della sorte. Non aveva più voglia nemmeno di morire, pur non avendo un buon motivo per vivere e nonostante l’indomani lo aspettasse una giornata di merda.

Buttò quello che ormai era un mozzicone in mare, tornò verso la macchina, mise in moto e tornò a casa.

Karen Lojelo

Karen Lojelo
Karen Lojelo
Karen Lojelo, nasce a Roma il 25 giugno del 1976. Ha pubblicato 'L’amore che non c'è' romanzo 2008), la raccolta di poesie 'Binario 8' e 'l'ebbrezza del disincanto' (romanzo 2012). Nel 2013 è andato in scena uno spettacolo teatrale scritto da lei: Riflessi con la regia di Virginia Pavoncello. Nel 2018 è uscito il romanzo 'Non ti scordar di te' edito da Viola editricee vincitore del premio speciale della giuria al concorso internazionale Montefiore, subito dopo 'Margherita' una raccolta sui generis di racconti e monologhi su questo personaggio immaginario e dedicata alla sensibilità femminile. A novembre 2018 viene pubblicata una nuova edizione indipendente rivisitata e corretta di 'Binario 8', poesie strettamente collegate con i racconti di 'Margherita'. A breve è prevista anche l'uscita di un'antologia di racconti da lei curata con la partecipazione di altri scrittori tra cui nuovi autori e nomi noti. Gestisce un sito multi autore che promuove la scrittura e l’arte in tutte le sue forme //www.wordshelter.it/ Il suo sito personale //www.karenlojelo.it/

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9 Commenti

  1. bello e malinconico. a volte succede di non aver neanche voglia di aver voglia a far qualcosa....

  2. Bello squarcio di depressione. Comunque la vita è più forte della morte.

    • in alcuni casi lo è, molto spesso,
      chissà che non sia mancanza di coraggio,
      o forse è solo che un istinto di sopravvivenza spesso sopravvive perfino a noi stessi.

    • Esatto Mariella, forse è uno degli atti di coraggio maggiori, che credo 'per fortuna' in pochi hanno.
      Per fortuna perché alla fine non si sa mai... magari quella botta di c*** che tanto si aspettava potrebbe arrivare proprio il giorno dopo...

  3. Anche quando tutto è proprio nero, la vita, l'istinto di vivere, prendono il sopravvento, allora, decidere di restare, diventa l'atto di coraggio più grande che mai si possa avere...

  4. e hai ragione pure te... 🙂
    è tutto così relativo... sempre!

  5. Resistere, resistere, resistere...finchè, in fondo in fondo, ci illumina quel barlume di speranza!


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