Bambina non avere paura
di venire a riprenderti le gambe
infilate ancora acerbe
in stivali di madre
ferocemente scoloriti
dall’amore negato.
Scaraventati in un grido
ovattato da campane
alla domenica suonate
dai diavoli in montagna.
Ragazza non temere lo specchio
che hai coperto di cielo
per farti amare meglio.
Torna a specchiarti
con ciglia inondate
dal nudo nero kajal,
coi pensieri feroci
nel sole senz’ombra,
cantando ossianici versi
al monumento dell’irremissibile.
Femmina non sei obbligata
a maturarti come un frutto
e dare un caro saluto agli uomini
che si voltano a guardarti.
Bande di ladri che ti danno
tre minuti di vantaggio
quanto basta a farti innamorare
mentre la loro nebbia si dissolve
a te che la volevi riscaldare.
Donna nella tua ipermnesica memoria,
dove il ricordo è più pieno dei sogni,
nelle carezze a perdere,
nella disillusione assodata,
nella felicità concreta,
nella giornaliera lotta
contro greggi di piume.
Concediti la coscienza dello spazio
dove inciampano le primule perenni
ed allontanati di schiena dal dispetto.
L’amore talvolta è sottile e tagliente
come i fogli di carta da lettera,
e pesa più delle cose terrene.
Ti genera, ti nutre e ti abbandona
ti incontra e ti seduce immotivatamente.
Vieni e riprenditi le cose rovesciate
nelle ondate di braccia e spazi siderali,
sepàrati dai paesaggi di rovine
e procedi in avanti.
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