la luce in fondo al tunnel

Racconti Nicola Eboli

L’incontro con Gesù, non fu del tutto casuale. Parliamo del secondo incontro, al primo ero troppo ubriaco e ha fatto tutto da solo.

Erano giorni ormai che mi contorcevo nel letto alla ricerca di posizioni diverse dall’usuale  nonostante il caldo, tenevo ben chiuse le finestre per evitare che i rumori esterni, potessero distrarmi dalla mia ricerca. I lamenti della vicina, grassa e sporca, mi aiutavano nel difficile compito di concentrarmi , meglio di una sinfonia ottocentesca. Si trattava quindi di far passare quelle ore calde e diurne in attesa dell’apertura dei bar.

Il “figlio dell’uomo”, si faceva chiamare così in quel periodo, arriva che già faccio fatica a distinguere sul fondo del bicchiere i lineamenti di una zebra che se ne sta lì e on le orecchie ben aperte al centro del mondo.

Lui, mi sorride, mentre con gesto ieratico si sfila i rayban e li ripone con cura in un lembi di lino grezzo macchiato di sangue, che mette via, nel taschino del completo doppiopetto in gessato blu. Gli occhi sono azzurri come nelle figurine. Mi si avvicina guadandomi fisso negli occhi e quando mi è a meno di un passo, con gesto atletico e leggero, di chi si tiene sempre in forma,  salta a sedersi sullo sgabello di radica accanto al mio e alzando due dita, con gesto solenne, ordina all’estasiato banconista un Chateau-Lafite del ‘59 e due bicchieri.

C’è il problema che sono intollerante al vino.  Ma lui questo lo sa benissimo. Ma non me lo chiede.

Con il vino lui ci va giù pesante. Cerco di stargli dietro, ma so che poi ci starò male. Mi sentirò gonfio per un paio di giorni.

Ancora non mi rivela il vero motivo del nostro incontro. Probabilmente si aspetta che lo capisca da solo. Ma io non ti ho chiamato. O forse si.

Io il massimo che potrei chiedergli è se gli riesce di riempire a ripetizione anche la mia bottiglia di acido che l’ho quasi finita. Ma desisto. Non vorrei che pensasse che sono uno di quelli che se ne approfitta. Faccio l’indifferente. La salvezza eterna, arriva alla seconda bottiglia. Ma io l’avevo pur detto d’essere intollerante al vino.

Arrivati alla trentatreesima bottiglia, restiamo lì senza sapere che strada prendere.

-Passami un altra bottiglia, gli faccio all’oste.

-Non c’è n’è più una goccia. L’ho usato tutto per accendere il fuoco ieri notte-

-Avrei preferito morire di freddo e averne ancora da bere-

-Se tu fossi morto di freddo non potresti bere-

Poi finalmente vedo la luce. Il neon di un insegna. Ma è nella direzione sbagliata. Provo a cambiare discorso.  Gli chiedo se ha patito troppo il jet leg del viaggio, cose così. Ma lui continua a guardarmi con lo sguardo pietoso che ha nei quadri e non capisco se è ubriaco o sta cercando di dirmi qualcosa, o forse il fatto di continuare a guardargli le mani , per capire il trucco,  deve averlo irritato.

Intanto che ci pensa vado a pisciare. La porta è in fondo al corridoio. Dovrei riuscire ad arrivarci strisciando sulla schiena, per evitare di comprimere la vescica. Non c’è coda, meno male, così entro nel primo cesso ma c’è un cavallo, così mi toccano altri 375 metri, fino al successivo. Libero. Mi arrampico sulla tazza e per un attimo, solo per un attimo il mio sguardo si fissa. Inizio a guardare il vuoto. Il vortice costante di mondi e civiltà e costellazioni. Tutto si perde. Tutto viene centrifugato da quella schiuma primordiale, impietosa nel suo vorticare continuo. La genesi mi viene rivelata i

Il getto liberatore, precipita verso l’abisso e ne viene risucchiato. Se non ci sto attento rischio di finire lì pure io. Sono attimi che durano un intera eternità. L’infinito mi parla attraverso scrosci d’acqua viva e pulsante.  L’Estasi mistica pervade il mio corpo, con tanto di brividini lungo la schiena.. quell’acqua rinfrancante penetra le mie ossa, i muscoli. S’agita tempestosa nella mia testa. Mi chiedo se qualcuno ha inserito la monetina e fatto partire il lavaggio. L’immagine del cervello che ne esce mondato, via via che gli spazzoloni arretrano ed un soave profumo di disinfettante profumato al mughetto sono l’ultima cosa che ricordo. Mi risveglia il suono dei cocci nella testa amplificati dallo sciacquone. Mi tiro su e mi asciugo la faccia, come dopo una profonda e salutare dormita.

Ma ero vigile come non mai. Troppo forse. Quando ritorno in sala, Lui è già andato via. del resto, fuori è giorno fatto. Lo sconforto mi assale, ma poi mi informano che ha pagato il conto.

Così non ho visto la leggendaria “luce in fondo al tunnel”, ma del resto chi si metterebbe alla guida in giornate come questa?

Mal di testa, gengive secche e un miracolo da compiere. Restare vivo.

Niente male per esserne appena mezzogiorno.

Mi confortano sempre le allucinazioni di metà mattina scontate come vapore che suda la terra quando non trova più un posto dove andare.

 

Alla prossima resurrezione vorrei trovare del bicarbonato , caffè e cornetto anche. Grazie.

Nicola Eboli
Nicola Eboli
teatrante

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