Il custode del tempo

Racconti Maria Musitano

C'era il sole e nonostante fosse dicembre la giornata non era poi tanto fredda. Seduta sul dondolo del giardino si lasciava scaldare da raggi inaspettatamente ancora caldi. Il tempo nell’ultimo anno aveva preso a fare le bizze come diceva suo zio ultra ottantenne e super pimpante.
La mattina alle sette lo sentiva ancora uscire di casa. Tuta e scarpe da ginnastica andava a correre. Per non far arrugginire le articolazioni. Diceva che il fresco della mattina lo manteneva giovane.
Lei a quell’ora si affacciava alla finestra del suo appartamento con la tazza di caffelatte in mano e lo salutava con quella libera. Lui rispondeva con un cenno del capo.

Era alto lo zio. Alto e burbero. Gambe magre, ma muscolose. Una pancia leggermente prominente. Colpa dei bicchieri vino rosso che lo accompagnavano  a pranzo e a cena e del whisky prima di coricarsi. Questo in inverno. Che il corpo aveva bisogno di scaldarsi.

L’estate invece preferiva bere vino bianco, fresco, magari allungato con un po’ d’acqua perché per togliere l’arsura non c’era niente di meglio. Nel tardo pomeriggio si concedeva una pinta di birra e gazzosa con una fetta di limone. Spesso se la concedano insieme. A Gianna piaceva fermarsi a bere un aperitivo con lo zio, dopo una giornata di lavoro.
Lui era il suo punto fermo. Lo era anche quando i suoi genitori erano vivi. Questione di empatia, affinità elettive. Se qualcosa la turbava bastava abbassare la maniglia della portafinestra ed entrare nel suo laboratorio. Lo trovava lì, sempre. Curvo sul suo ripiano, con una lente d’ingrandimento sull’occhio buono, quello che ci vedeva meglio, quello che una volta aveva undici decimi. Una luce accesa ad illuminare meglio l’ingranaggio dell’orologio che era intento a rimettere in moto.

Zio io da grande voglio fare l’orologiaia gli diceva. Lo zio sorrideva le dava un buffetto sotto al collo e rispondeva vedremo vedremo.
Ma poi Gianna non aveva più fatto l’orologiaia. Quando era cresciuta non era più tempo di aggiustare orologi. Il tempo correva troppo veloce per provare a stargli dietro. La gente non voleva più aggiustare. Tutto perdeva valore e le lancette una volta fermate lo erano per sempre. Per tutti, ma non per lo zio che non era mai andato in pensione.

Tu zio sei il custode del tempo?
Le chiese un giorno grigio e freddo. La legna nel camino ardeva lentamente, la fiamma debole non riusciva a scaldare l’ambiente troppo grande. Lui era intento a rimettere in movimento un vecchio orologio a pendolo che sembrava non volerne sapere di ricominciare a ticchettare. Ci lavorava da mesi.
Alzò lo sguardo dagli ingranaggi, si tolse la lente dall’occhio. I suoi occhi brillavano sotto le folte e bianche sopracciglia. Le labbra si schiusero in un sorriso.
Legna, manca legna le disse. Si alzò e si mise ad armeggiare con il camino fino a che la fiamma non prese a bruciare la catasta di legna. In breve il caldo aveva pervaso la stanza e in concomitanza gli orologi a cucù appesi alle pareti presero a suonare. Ognuno il suo motivo.
Vorrei poterti dire che sì, lo sono, ma se fossi il custode del tempo, gli orologi smetterebbero di funzionare alla mia morte.  Piccola Gianna, no, non lo sono. Zio è solo un orologiaio.

Lo zio sminuiva sempre il suo lavoro, pur amandolo, pur vivendo per orologi e ingranaggi e ticchettii. Qualsiasi orologio era prezioso, al di là delle casse in oro o laccate, al di là della marca e modello. Seppur prediligeva gli orologi a pendolo. Quelli che si appendevano alle pareti. Erano più quelli che aggiustava e si teneva che quelli che vendeva.
La domenica andavano insieme dal rigattiere a prender su vecchie carcasse che non interessavano a nessuno. A Gianna piaceva quello a forma di casetta, quello che ogni ora apriva la porta e usciva il gallo. Ci passava le ore a osservarlo.
Per i suoi diciotto anni se lo trovò appeso nella sua cameretta. Si svegliò la mattina alle nove con il gallo che usciva dalla porta e le dava il buongiorno.
Lo zio era così silenzioso e attento. Era quel padre che lei avrebbe voluto perché il suo era troppo preso da tutto il resto per accorgersi di avere una figlia.

Zio sono innamorata.
Lasciati andare, ma non piangere mai sul latte versato.
Le rispose quando a sedici anni gli parlò del suo primo ragazzo.

Non voglio andare all’università.
Fai ciò che ami, prendi le tue decisioni, ma non delegare mai nessuno.
Le disse quando il padre andò su tutte le furie perché lei non si era iscritta a giurisprudenza come lui avrebbe voluto, ma a lettere e filosofia.

Zio vado via di casa. Gli disse a ventitré anni quando il padre si era ricordato di avere una figlia e provava in tutti i modi leciti e non a darle direttive su cosa avrebbe dovuto fare e non fare.
E dove vai?
Lontano dall’orco.
Quel giorno lo zio aveva fatto diniego con la testa. La fronte aggrottata. La chiamò a sé e la prese sulle sue gambe come non faceva da tempo.
Aiutami con questo orologio le disse.
Il pomeriggio lo passarono ad aggiustare un orologio da taschino con la cassa d’argento. In silenzio. Gianna non se ne andò di casa però lo zio invitò il padre a bere un bicchiere di whisky dopo cena nel suo laboratorio.

L’orologio a cucù dei suoi diciotto anni ora era appeso in sala da pranzo e Gianna lo sentiva suonare la mezza.
Si alzò dal dondolo e rientrò. Mise su la pentola per un piatto di pasta e uscì di nuovo. Si lasciò alle spalle la casa dei suoi senza più i suoi e si avviò verso il laboratorio dello zio. Era domenica, ma sapeva che lo avrebbe trovato lì.
Abbassò la maniglia della portafinestra. Il sole si nascose dietro a una nuvola e una folata di vento la fece rabbrividire.
Rimase sospesa qualche secondo con la mano poggiata ancora sulla maniglia. Il piede fermo a mezz’aria. Entrò.

Zio ho messo su l’acqua per la pasta.
Lo  disse prima ancora di vedere, come faceva sempre. Ma quando i suoi occhi si posarono in direzione del ripiano da lavoro non lo trovarono.

Zio!
Ma il laboratorio era silenzioso, come mai lo aveva sentito nei suoi trentacinque anni di vita. Nessun ticchettio, nessun movimento.

Infine lo vide: riverso a terra, dietro al ripiano da lavoro. Stringeva nella mano destra il vecchio orologio da taschino con la cassa d’argento che aveva ripreso a perdere i minuti. Le labbra distese in un sorriso e gli occhi chiusi nell'ultimo sonno insieme ai suoi orologi.

Maria Musitano
Maria Musitano
Ritrovai il mio cuore nascosto sotto un cespuglio.

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22 Commenti

  1. TI SEI SUPERATA!!!!!!!!! è bellissimo questo racconto! ma bello bello bello...mi è piaciuto tantissimo :))))))

  2. E' meraviglioso questo zio, ne vorremmo avere tutti uno cosi. Uno che c'è sempre, che sempre ha
    la frase giusta e trasmette affetto e calore proprio come quel camino. E la sua passione per il tempo
    ingabbiato dentro gli ingranaggi dei suoi orologi è una chicca.
    Complimenti, bellissimo!

    • vorremmo in molti che uno zio così potesse essere nostro padre, ma uno zio perfetto e custode del tempo non è detto che sarebbe stato un padre perfetto...

  3. Racconto commovente, come sempre! ... devo dire però, che è più difficile essere padre e madre ... che zio! .... io stessa ho avuto più pazienza con le nipoti che con i miei figli ..... grazie e complimenti veramente ...

  4. Il tempo corre troppo veloce per stargli dietro...qualche volta forse bisognerebbe anche voltarsi indietro...grande Mariella!!!!!

    • a volte però a guardarsi dietro si trovano solo scheletri e nulla più...

  5. tutto d'un fiato! condivido in pieno il pensiero di Karen e aggiungo che è scesa una lacrima per un racconto tenero e carico d'amore BRAVA!

    • Grazie Michela, sono contenta di aver trasmesso amore e tenerezza.. era quello che volevo... allora sono stata brava davvero

  6. Che tenerezza per questo rapporto così complice e speciale, e poi, le atmosfere della campagna, del laboratorio con la legna che arde nel camino...molto bello amica, complimenti!

    • ma visti i complimenti allora mi sa che stavolta m'è uscito un bel racconto... ahaha... rischio di montarmi la testa! Grazie amica... eh, la campagna, il camino che arde... fanno parte di me...

        • Gianna e suo zio, il tempo che passa attraverso gli ingranaggi, un camino che scalda il laboratorio e l'anima di chi legge...

  7. Bellissimo racconto Mariella !!!

    • grazie Manuel sono contenta ti sia piaciuto... scrivo con la speranza che i miei scritti passino emozioni e mi sembra che con il custode del tempo io ci sia riuscita e me ne compiaccio

  8. molto, ma molto bello davvero
    sembra di viverlo, sa di cose antiche e buone
    oltremodo commovente

    ps:
    permettimi
    manca la punteggiatura
    non capisco se è volutamente omessa

    baci
    bellissimo racconto

    massimo gallo

    • Grazie per il complimento e soprattutto grazie per la tua nota sulla mancanza della punteggiatura. Questo lo considero un commento costruttivo. La mancanza di punteggiatura nel dialogo è voluta, ma se manca qualche altra punteggiatura ti prego fammela notare. Ora lo rileggo, ma un aiutino se hai tempo è ben accetto.

  9. Io avevo davvero uno zio che era più mio padre e governava gli orologi...

    • ma daiiiiiiiiiiiiiii... se fossimo amici reali avrei potuto dire di aver preso spunto da te... 😉

  10. Anche questo racconto mi piace moltissimo: è colmo di dolcezza. Adoro quando scrivi in questo modo.

    • Grazie, anche a me è piaciuto creare questa atmosfera. Questo racconto mi è molto caro. Ci sono affezionata e alla fine è uno di quelli che è nato da solo. Io ero solo il mezzo che lo ha messo sulla carta... 😉


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